Grazia Longo, La Stampa 10/1/2014, 10 gennaio 2014
ASCESA E CADUTA DEL “SUPREMO” UN IMPERO COSTRUITO SUI RIFIUTI
Ossequiato come «l’ottavo re di Roma» in virtù del fatto che da oltre 40 anni era l’indiscusso «imperatore della raccolta dei rifiuti» - o «re della monnezza» che dir si voglia -, veniva addirittura definito «il Supremo» all’interno del gruppo di compagni di ruberie con cui aveva creato - secondo la Procura di Roma - un «sodalizio criminale in grado di condizionare l’attività dei vari enti pubblici coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio, a partire dalla Regione».
Manlio Cerroni, il patron di Malagrotta è stato arrestato ieri - insieme ad altre 6 persone tutte come lui ai domiciliari - dai carabinieri del Noe su ordinanza del gip di Roma Massimo Battistini. E lui, il «Supremo», l’avvocato Cerroni, 88 anni - abile a barcamenarsi tra politici di centro destra e di centro sinistra - certo non si tirava indietro di fronte ai complimenti. Anzi, si vantava pure. Tanto da ritenere di aver fatto per Roma più del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano. In una delle intercettazioni riportate nelle 400 pagine dell’ordinanza del gip - registrata il 21 ottobre 2010 - parlando con Francesco Rando di una nota della Pontina Ambiente indirizzata al Noe, a un certo punto Cerroni fa una battuta: «.... a questi.... mo’ ho detto, mo’ scusa danno la cittadinanza onoraria a Napolitano perché ha fatto più Napolitano che io pe’ Roma?». E giù risate.
Ben poco da ridere c’è in realtà sul sistema illecito messo in piedi: tonnellate di rifiuti destinati alla differenziata mai trattati e finiti nella discarica di Malagrotta, nonostante i proprietari dell’impianto di differenziazione incassassero diversi milioni di euro.
L’accusa è di associazione per delinquere, traffico di rifiuti, frode in pubbliche forniture, truffa in danno di enti pubblici, falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici. Sequestrati beni per 18 milioni di euro. Non finisce qui. Gli investigatori stanno anche verificando i rapporti tra Cerroni ed alcuni esponenti del «Parlamento nazionale» e in particolare delle loro fondazioni.
Nell’ordinanza si legge infatti che Cerroni incontrava «esponenti politici di livello nazionale», le cui fondazioni erano «oggetto di generose elargizioni sotto forma di finanziamento», «20mila euro nel solo 2008». Dalle indagini dei carabinieri del Noe - guidati dal colonnello De Caprio - emerge che si si tratterebbe di alcuni ex-capigruppo in Parlamento di partiti di centrodestra e centrosinistra. «In quel periodo si registrano reiterati contatti, anche personali, con parlamentari (Beppe Fioroni, Ermete Realacci ed Edo Ronchi) e un generoso contributo di 20.000 euro alla fondazione “Sviluppo Sostenibile” (gestita dal terzo)».
E del resto sempre il gip Battistini scrive che sono stati commessi «fatti di inaudita gravità anche per le dirette implicazioni sulla politica di gestione dei rifiuti e per le ricadute negative sulla collettività». Quanto alla discarica, il lavoro del maggiore Rajola ha consentito di ricostruire «il fenomeno Cerroni, un sistema a piramide con lui come dominus».
Un meccanismo che, inoltre, implicitamente permetteva di dichiarare Malagrotta in costante emergenza proprio perché, secondo l’accusa, nel conteggio delle cubature di spazzatura finivano materiale non definibile rifiuto tout court come il Cdr (combustibile da rifiuti) e ciò che poteva essere riciclato. Dunque l’emergenza fittizia di Malagrotta produceva, per i giudici, un nuovo business al gruppo visto che le amministrazioni erano costrette a trovare nuovi siti. Cinque anni di indagini e migliaia di intercettazioni hanno fatto crollare l’impero del «Supremo».
Giuseppe Pignatone, il procuratore capo che ha coordinato l’indagine affidata ai pm Alberto Galanti e Maria Cristina Palaia, commenta: «Spero che questa operazione sia un contributo alla soluzione del problema dei rifiuti a Roma».