Giordano Stabile, La Stampa 10/1/2014, 10 gennaio 2014
PAKISTAN, LO STUDENTE EROE MORTO PER FERMARE IL KAMIKAZE
Gli ha tirato un sasso, l’ha inseguito, strattonato per il giubbotto. Una lotta disperata per fermare il kamikaze che cercava di farsi esplodere fra i ragazzi radunati davanti alla scuola. Alla fine gli è caduto addosso. Il suo corpo ha attutito la deflagrazione, potente. È morto così Aitzaz Hassan Bangish, il nuovo eroe-bambino del Pakistan. Quattordici anni appena, studente alla Ibrahimzai School nel distretto di Hangu, provincia del Khyber, dove il diritto a studiare non è un diritto acquisito né un gesto banale ma il centro di una lotta fratricida e fanatica che non si ferma di fronte a nulla.
È successo lunedì, l’ha raccontato ieri suo cugino Mudassar a una televisione locale, poi ai media di tutto il mondo. «Ci siamo insospettiti - ha spiegato - quando un giovane con l’uniforme dell’istituto ci ha chiesto dove era la scuola». Un volto sconosciuto, una domanda che non aveva senso. È scattato l’allarme nella mente sveglia di Aitzaz, «sempre fra i migliori in classe e molto coraggioso». Il ragazzo ha inseguito l’attentatore mentre il cugino cercava di dissuaderlo: «Devo fermarlo, ci sono duemila compagni davanti alla scuola», ha replicato.
«Volevano una strage, volevano distruggere tutto», scuote la testa il cugino sopravvissuto. Mentre il kamikaze correva, gli altri ragazzi scappavano. Si è creato il vuoto. Poi lo scoppio. Il sangue. Il corpo dilaniato del povero Aitzaz. Un eroe. «Uno shahid, martire», ribadisce il padre: «Ha fatto piangere di disperazione sua madre ma ha evitato ad altre decine di madri di piangere i loro figli». Eroe, martire.
Tutto il villaggio - abitato in maggioranza da sciiti odiatissimi dai sunniti taleban -, giornalisti e politici del distretto hanno chiesto che gli venga riconosciuto il «Nishan-i-Haider», il massimo riconoscimento al valore previsto dall’esercito pachistano. «Islamabad dirà che era un civile, non ha diritto, ma noi ci proviamo lo stesso. Aitzaz è come Malala Yousafzai: un eroe nella guerra contro i taleban» dice il reporter Nasim Zehra.
Malala è la ragazzina che si è presa un colpo di pistola in testa per aver sfidato il divieto di studiare nel distretto dello Swat, un centinaio di chilometri più a nord. Sopravvissuta per miracolo, ora è il simbolo della lotta delle bambine pachistane, e di tutto il mondo, contro il fanatismo retrogrado. Su Internet, su Twitter i compagni di Aitzaz seguono già le sue orme. Hanno creato gli account #onemillionaitzaz e #aitzazbraveheart, Aitzaz cuor di leone. Anche l’ex ambasciatrice americana in Pakistan, Sherry Rehman, ha offerto il suo tributo: «Cuor di leone Aitzaz è l’orgoglio del Pakistan».
Forse non otterrà la medaglia, ma ora la sua scuola aspetta la visita e gli onori da parte del premier Nawaz Sharif, che deve lavare i sospetti di «debolezza» nella lotta ai taleban e ieri ha perso, in un altro attentato, a Karachi, il suo migliore investigatore, Chaudhry Aslam. Beato il Paese che non ha bisogno di eroi ma disperato il Paese che ha bisogno di eroi bambini.