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 2014  gennaio 10 Venerdì calendario

IN MANETTE IL RE DELLE DISCARICHE NUOVA BUFERA SULLE GIUNTE ROSSE


L’inchiesta che ha portato ieri agli arresti (insieme con altre sei persone) l’imprenditore ottantaseienne Manlio Cerroni, proprietario di Malagrotta, per trent’anni la più grande discarica d’Europa, non è terminata. Ci sono intercettazioni inedite al vaglio degli inquirenti e diversi altri politici coinvolti. Oltre a quelli già ufficialmente raggiunti dalle indagini. La cosa non deve stupire se si pensa che Cerroni dagli anni ’80 ha agito quasi da monopolista nel settore della spazzatura (attraverso diverse società a lui riconducibili, da Colari a Pontina ambiente a E. Giovi) e che, secondo l’accusa, aveva come vice dominus dell’associazione per delinquere l’ex presidente socialista della Regione Bruno Landi. Quest’ultimo avrebbe svolto un ruolo da proconsole nei confronti del mondo politico per conto dell’avvocato Cerroni.
Nell’indagine condotta dal Nucleo ecologico del colonnello Sergio De Caprio (il capitano Ultimo che catturò Totò Riina) e dai capitani Pietro Pescarini Rajola e Gianpaolo Scarfatto è rimasto coinvolto anche l’ex governatore Piero Marrazzo, indagato per abuso d’ufficio e citato in diverse intercettazioni ritenute interessanti dai pm. Il Supremo, come era soprannominato Cerroni dai sodali, poteva contare in Regione su un oliatissimo sistema di connivenze che gli avrebbero permesso di agire in regime di monopolio e di mettere all’angolo la concorrenza. L’inchiesta è andata avanti per cinque anni e, dopo essere stata avviata dal pm di Velletri Giuseppe Travaglini, è approdata a Roma, essendo il reato di traffico di rifiuti di competenza della Direzione distrettuale antimafia.
Nella Capitale il lavoro ha coinvolto i pm Alberto Galanti e Maria Cristina Palaia, coordinati dal procuratore Giuseppe Pignatone. Tempi lunghi a parte, l’indagine ha conosciuto diversi contrattempi: per esempio nell’aprile 2011 l’ex governatrice Renata Polverini denunciò la presenza di microspie nel suo ufficio, causando una fuga di notizie sull’inchiesta; nell’agosto scorso la richiesta di arresto per Cerroni, depositata nell’ufficio del giudice per le indagini preliminari Massimo Battistini, è stata trafugata. Da chi non è mai stato scoperto. Di certo ieri, quando carabinieri e finanzieri hanno bussato alla sua porta, Cerroni non è apparso sorpreso e li ha accolti con savoir faire.
Per i sette arrestati le accuse sono di associazione per delinquere, traffico di rifiuti, frode in pubbliche forniture, truffa in danno di enti pubblici, falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici. Nell’operazione sono state eseguite 22 perquisizioni. «I fatti di inaudita gravità, anche per le dirette implicazioni sulla collettività » riguardano in particolare quattro «direttrici principali»: la gestione dell’impianto di raccolta e trattamento dei rifiuti di Albano laziale, il termovalorizzatore della stessa città (vedere box), in cui è particolarmente coinvolta la giunta Marrazzo, la realizzazione della discarica in Monte dell’Ortaccio e le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti nei comuni di Anzio e Nettuno. Nel primo caso gli inquirenti contestano una produzione di cdr (combustibile derivato dai rifiuti) inferiore a quello dichiarato e un guadagno illecito di 11 milioni di euro tra il 2006 e il 2012; nel terzo caso con lo smaltimento non autorizzato di terra e rocce Cerroni avrebbe incassato indebitamente altri 8milioni. Tra gli uomini chiave del «sodalizio criminale c’erano soggetti privati, pubblici funzionari (il deceduto Arcangelo Spagnoli, Luca Fegatelli, Raniero De Filippis) e politici (tra cui l’ex assessore Mario Di Carlo, pure lui morto, Giovanni Hermanin de Reichfiled, e Romano Giovannetti, quest’ultimo segretario particolare dell’ex assessore Pietro Dipaolantonio) ». Hermanin è stato il fondatore di Legambiente Lazio e presidente regionale dell’associazione sino al 1995, oltre che membro della prima assemblea nazionale del Pd di Walter Veltroni e poi in quella di Pier Luigi Bersani. Dopo essere stato nella direzione regionale del Pd laziale, nel 2010 ha lasciato il partito. Il motivo? «Il Pd a Roma e nel Lazio è il risultato di un accordo di ferro tra ceti politici Ds e Ppi volto a garantirsi i reciproci “spazi” e indifferente alla necessità di farsi veicolo e attore di domande sociali diffuse». Per i giudici lui, da assessore e da presidente dell’Azienda municipale ambiente (Ama) avrebbe favorito le «domande » di Cerroni & c.
Ma i servitori più utili di Cerroni sarebbero stati i dirigenti regionali. In particolare Fegatelli che continua a ricoprire prestigiosi incarichi compreso quello di direttore dell’agenzia regionale per i beni confiscati. Suo sodale, per gli inquirenti, era De Filippis, prima direttore del dipartimento del territorio, oggi alla guida della direzione regionale ambiente e politiche abitative. Sarebbero stati loro a muovere i fili del teatrino che ha permesso a Cerroni di lavorare senza concorrenti.
In pochi si sono opposti a questo sistema e chi ci ha provato è stato allontanato. Nell’ordinanza viene raccontata la disavventura di Riccardo Ascienzo, ex dirigente regionale del ciclo integrato dei rifiuti che concede alla Rida Ambiente di Fabio Altissimi di entrare temporaneamente nel business dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ma paga l’azzardo con il trasferimento al settore Acque minerali e termali. La Rida aveva anche provato a offrire i propri servizi direttamente alla Terracina ambiente (società mista pubblico- privato della provincia di Latina). Un tentativo subito stoppato da Landi, l’alter ego di Cerroni, che in un’intercettazione spiega che quell’appalto non s’ha da dare per «non alimentare un rigagnolo che potrebbe diventare un torrente» e racconta che «il pallino è in mano alla Regione che stabilisce che il tal Comune va lì (a smaltire ndr) piuttosto che là» e che il soggetto concorrente (Altissimi) è stato «cacciato dalla stanza dove era andato». Insomma anche se non era la soluzione logisticamente più comoda i Comuni dovevano portare la loro spazzatura in dono a Cerroni.
Tra le intercettazioni ambientali captate dagli investigatori ci sono anche quelle dell’ex vicepresidente regionale e attuale sindaco Pd di Fiumicino, Ernestino Montino (non indagato), a cui alcuni degli arrestati si rivolgono con insistenza per perorare l’apertura di una nuova discarica a Monti dell’Ortaccio, decisamente antipopolare. Montino ascolta, ma poi conclude: «È una situazione esplosiva ». In quel momento non immagina neppure quanto.