Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano 10/1/2014, 10 gennaio 2014
TOTI TV E BRASATO LA BUONA FORCHETTA CHE HA SEDOTTO B
Il brasato (senza aceto), signore e signori, fa svoltare le carriere. Il ragazzo era scafato, preparato, e soprattutto affidabile, però Fedele Confalonieri l’ha valutato a cena. Il proconsole di Mediaset, spietato, chiese un confronto sui vini rossi per accompagnare le carni e Giovanni Toti, che non offre mai una risposta secca, sciorinò un elenco sterminato fra toscani, emiliani e francesi.
L’ex giovane socialista, craxiano di epoca crepuscolare, sta per ricevere Forza Italia da Silvio Berlusconi, il partito, la macchina e poi la candidatura. Dai viaggi con banchetti al fianco di Confalonieri (era portavoce) a cotanta promozione ci passano anni, misteri e timori. Che sia un Angelino Alfano di Viareggio, figlio di un albergatore, mai democristiano oppure che sia il negativo di Alessandro Sallusti e Augusto Minzolini, un giornalista che ci crede senza le barricate da Salò. Ci ha provato con editoriali in stile minzoliniano, ma non erano neanche divertenti.
Giovanni Toti, classe 1968 senza pulsioni rivoluzionare , esordisce a Cologno Monzese nel ‘96. La biografia comincia con un tirocinio a Studio Aperto (stagione Paolo Liguori), che ottiene col contributo di un dirigente di Mediaset, frequentatore di spiagge e balere in Versilia: a Massa Carrara, la famiglia Toti gestiva un albergo a quattro stelle. Le vacanze saldano l’amicizia con Mauro Crippa, il supremo cerimonie per l’informazione berlusconiana, televisioni e giornali: preferivano la Costa Azzurra, Saint-Tropez. Cronista politico e sindacalista di redazione, a Studio Aperto conosce l’attuale moglie, Siria Magri. Inspira con ammirazione le campagne elettorali di Berlusconi, che racconta con sentimentale trasporto, e così il Cavaliere lo inserisce in quella speciale categoria di giornalisti con accesso ad Arcore. Tra la frenesia di Renato Brunetta e le ambizioni di Daniela Santanchè, un giorno di solitaria depressione con Francesca e Dudù, giorni recenti, il Cavaliere chiacchiera con Confalonieri proprio di Toti, ormai direttore di Tg4 e Studio Aperto, sdoganato in televisione a Ballarò per testare l’efficacia mediatica e la fedeltà al “comandante in capo” (definizione di Toti medesimo). Promosso. In queste ore di trattative, tensioni e annunci mancati, il Cavaliere negozia con il dottor Crippa e il sempiterno Confalonieri l’investitura per Toti. Come se fosse Van Basten. Come se fosse se stesso. Il giocatore che spariglia, sorprende e strappa consensi. Quando Berlusconi s’è beccato una condanna e le esitazioni barra inadeguatezza di Marina, spaesato, s’è guardato intorno e non ha visto che un Giovanni Toti. Il direttore che ha organizzato la letale (per gli ascolti) Guerra dei vent’anni per conquistare, almeno sui canali Mediaset, un’assoluzione nel processo Ruby. Di giornalisti di confessione berlusconiana, assidui praticanti, il Cavaliere ne ha conosciuti in quantità industriale. Toti non fa la differenza, non provoca sondaggi incredibili, piuttosto è l’uomo con il sole in tasca che non fa (più) la differenza, e osserva sospettoso i movimenti di Brunetta, Santanché e Verdini. Consigliato da Crippa e Confalonieri e pure da Marina e Pier Silvio, il Cavaliere sceglie Toti per non scegliere fra le vecchie leve che vanno bisticciando in Parlamento.
DOTATO di un’espressione moderata, impassibile, fra il sofferente e l’euforico, insomma nulla di significativo, il futuro amministratore delegato di Forza Italia sarà il magnete per attirare i satelliti Angelino Alfano e Giorgia Meloni. Il mai rimpianto Angelino commenta: “Ho gran considerazione di Toti”. Il ministro senza quid lo scambia per l’ambasciatore di Arcore, il nuovo interlocutore, la stessa generazione. Ma è soltanto una faccia più paciosa, che – come il don Ciccio Ingravallo di Gadda – sembra combattere con una laboriosa digestione. Per ora. Perché il Cavaliere vuole che dimagrisca di cinque chilogrammi in cinque settimane.