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 2014  gennaio 10 Venerdì calendario

CLAUDIA PARZANI


A Milano, in via Broletto, lavora uno dei dieci avvocati «più innovativi» d’Europa. Lo ha decretato il Financial Times che l’ha insignita del FT Innovative Lawyers Awards, forse il massimo riconoscimento per chi fa il suo mestiere. Si chiama Claudia Parzani, è l’unica partner donna dello studio internazionale Linkiaters sotto la Madonnina (55 avvocati qui e 2.600 worldwide). Il Financial Times l’ha scelta tra oltre 600 segnalazioni da 100 studi legali. Unica donna, unica italiana, unica Sud europea in una cerimonia che ha visto protagonisti (quasi) assoluti gli anglosassoni.
Parzani, 42 anni, già miglior avvocato donna del 2012 secondo TopLegal, in Linkiaters gestisce il settore dei mercati finanziari per l’Italia ed è responsabile del lusso a livello globale. Si è occupata di operazioni che coinvolgevano, tra gli altri, brand quali Bulgari, Ferragamo, Moncler, Pininfarina, Ferretti. Caschetto biondo, sorriso contagioso, un marito direttore generale di una società di energie rinnovabili che si divide tra Milano e Bologna, tre figlie. è abituata a non spaventarsi davanti alle grandi cifre e alle materie degli uomini. Anche perché, qualsiasi cosa faccia, adora sparigliare le carte. Per questo l’hanno premiata, si legge nelle note del Financial Times: perché è in grado di applicare il suo know-how tecnico non solo a operazioni di alta finanza, ma anche a progetti tangenziali, che lei ama definire di «innovazione sociale». Come accade nelle sue Breakfast@Linklaters: appuntamenti fissi (e molto ben frequentati) riservati a una rete di donne non solo d’affari che si confrontano sui temi più vari. O, ancora, nel master In the boardroom, realizzato con GE Capital (finanziaria di General Electric) ed Egon Zehnder (società leader nella consulenza sui cda), dove prepara donne manager a entrare liei consigli. Se non bastasse, Claudia è presidente di Valore D, associazione di grandi imprese creata in Italia per sostenere la leadership femminile in azienda. «Stanotte ho lavorato è alle 7 ero in studio. Ma quando ho mandato i documenti, due ore dopo, ero felice, soddisfatta. Dico sempre che senza passione non si arriva da nessuna parte» racconta con quell’entusiasmo che ha anche quando parla di aumenti di capitale da milioni di euro, fusioni, ristrutturazioni.
Negli anni si è occupata dei tre aumenti di capitale di Unicredit, oggi assiste Monte dei Paschi e Bpm, è stata legale delle banche d’affari per Intesa. Dove la mette la passione quando lavora con bilanci di queste proporzioni? Ho aiutato i clienti ad abituarsi alla flessibilità: oggi i mercati sono difficili, bisogna cogliere le opportunità, cercare la strada a cui nessuno ha pensato, avere un proprio stile. Tra le mie citazioni preferite, c’è una frase di Sant’Agostino: «Non fare come fanno tutti».
Soprattutto nella finanza. Quando ha deciso che sarebbe stato il lavoro della vita? Mi sono sempre piaciuti i territori di confine, come il diritto finanziario. O come la filosofia del diritto, argomento della mia tesi: la tortura, dagli assiro-babilonesi ai nostri giorni.
Perché lei è un avvocato innovativo? Chi fa il mio lavoro, di solito, segue un modello o una procedura senza discostarsene. Io ho cercato di sorpassare questo modus operandi. Negli aumenti di capitale, ad esempio, ho applicato tanti schemi e tanti diversi modi di documentare la pratica, per ottenere maggiore flessibilità di struttura e ridurre i tempi.
La sliding door, il treno da non perdere? Avevo 27 anni, lavoravo da Grimaldi Clifford Chance, a Milano. Dividevo la stanza con uno dei partner, un franco-inglese pazzesco. Mi diceva: «Claudiella, per quell’operazione guarda cosa fanno in Portogallo, per quell’altra dai un occhio in Francia». E io accumulavo materiale e documenti, idee e competenze. La finanza di oggi nasceva in quegli anni.
Che aria tirava? Eravamo giovani e agguerriti. Nei Novanta ho fatto le mie prime Ipo (offerta pubblica iniziale, ndr) senza normativa. La legge sulle società di intermediazione mobiliare era il massimo che avevamo in Italia. Ma il clima era positivo: chiudevi l’affare in fretta e tutti ti battevano una mano sulla spalla.
Si sente mai schiacciata dalle responsabilità? Il mio problema è ispirare sempre massima fiducia nell’interlocutore. Però, sì, lo ammetto, ci sono volte in cui, firmato tutto, si tira un sospiro di sollievo e quasi verrebbe da dire: mi sono levata anche questo peso.
Com’è lavorare oggi con Monte dei Paschi, in un momento davvero critico per la banca? Mi dispiace, ma per policy interna non posso commentare operazioni in corso.
Quella più difficile in assoluto? Ho avuto clienti mollo intelligenti e parecchio difficili, gli stessi che poi mi hanno dato incarichi quando ero incinta di nove mesi.
Mai subito discriminazioni? Se sei l’unica donna, capita che ti chiedano di portare un caffè. Lo faccio, senza marcare la mano. Al contrario, se si crea un ambiente più muscolare, io mi adatto. Sono figlia di imprenditori, non ho il dna della professionista intoccabile.
Da figlia di imprenditori e non da avvocato, cosa farebbe se la sua azienda fosse in crisi? Proverei a uscire dalla mentalità dell’impresa padronale e mi aprirei a nuove soluzioni. Una fusione può essere una crescita: meglio il 50 per cento di un’azienda sana che il 100 per cento di una che zoppica.
Lo straniero che fa shopping dei marchi italiani fa paura. Sbagliato. Soprattutto nel lusso, queste operazioni hanno rispetto per il brand e per la creatività italiana, che tutti continuano a invidiarci. Piuttosto, è interessante notare un altro fatto: anche noi facciamo paura agli investitori stranieri. I cinesi vogliono il made in Italy, ma poi scappano perché qui è tutto complicato.
Claudia prima di diventare una professionista dei grandi business era... Una viaggiatrice zaino in spalla. Finivo gli esami a giugno, mi scapicollavo pur di concedermi due mesi in giro per il mondo. Con budget limitato, cercando le coincidenze più economiche negli aeroporti più assurdi per risparmiare.
Oggi come si rilassa? Mi butto su qualsiasi cosa coinvolga la creatività, è un lato del carattere che devo a mia madre. Ad esempio. invento favole in rima per le mie bambine. Mi piace leggere le biografie. Scio, ho fatto arrampicata, antigravity yoga... Cucinavo, ora molto meno.
Stile creativo fuori e dentro la finanza. Nell’abbigliamento? Sempre. Stilisti preferiti: Stella McCartney e Martin Margiela.
Ha tre figlie di nove, sette e quattro anni. Come le sta crescendo? Con la gioia e la consapevolezza che, qualsiasi cosa succeda, si supporteranno e si completeranno sempre.
Le manderà a studiare via dall’Italia: non dica no. Fanno tutte la scuola inglese, ma non è detto che andranno all’estero. Io ho lavorato in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma non spingerò via né tratterrò nessuno. Non c’è niente che mi angoscia più di sapere che ho costretto qualcuno a fare ciò che non desiderava.