Francesco Carlà, La Gazzetta dello Sport 10/1/2014, 10 gennaio 2014
GLI INVESTIMENTI A LUNGO TERMINE VANNO PREMIATI
Matteo Renzi l’ha detto: nel Jobs act ci sarà una proposta per un ulteriore aumento della tassazione sulle rendite finanziarie . La nuova aliquo-ta (22% come si ventilava nella legge di stabilità?) porterebbe ad un sostanziale raddoppio delle tasse che solo due anni fa si pagavano sul risparmio e sull’investimento. Ecco la situazione attuale. I risparmiatori italiani hanno due possibilità: il regime dichiarativo o quello amministrato. Nella prima opzione devono fare tutto da soli per le questioni fiscali. Nel secondo caso ci pensa la banca e fa da sostituto d’imposta, cioè paga le nostre tasse. Le aliquote fiscali nel regime amministrato sono due: 12,50% sulle rendite che provengono da titoli di stato italiani, titoli di stato di paesi in white list, titoli pubblici territoriali (regioni, province, comuni); 20% per tutti gli altri strumenti finanziari. A queste trattenute va aggiunta la patrimoniale annuale dello 0,2% e la Tobin tax (0,10%) nei casi in cui si applica. Poco? Molto? Bisogna usare due parametri di riferimento. Il primo: il risparmio ufficiale emerge da stipendi e compensi già tassati e serve spesso ad immettere energia nei conti dello stato e delle aziende quotate in Borsa. È cosa ben diversa dal trading finanziario. Oltretutto negli ultimi anni i rendimenti non sono stati per molte persone eccitanti. Inoltre a tanti risparmiatori le rendite da titoli e investimenti servono per integrare stipendi e pensioni. Il secondo: in Europa le aliquote sono quasi dappertutto progressive (succede anche negli Usa) e premiano l’investitore di lungo termine, mentre penalizzano quello di breve o brevissimo. In sostanza le tasse sulle rendite finanziarie sono tasse e vanno armoniz-zate con la pressione fiscale. Va anche premiato il risparmio e l’investimento di medio/lungo termine.