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 2014  gennaio 09 Giovedì calendario

LA BRIANZA DI VIRZÌ ESISTE SOLTANTO NELLA TESTA DI VIRZÌ


Non so che Brianza abbiano visto questi fenomeni che arrivano da Roma, non so di che Brianza parli il regista Paolo Virzì, non so se questi pseudo-intellettuali si siano persi nella nebbia che sale dal Lambro o in quella che dimora da sempre nelle loro menti. Ma io che in Brianza ci vivo da dieci anni ormai, forestiero accolto con distacco e diffidenza d’ordinanza, vi posso dire che dentro questi stereotipi non c’è nemmeno un grammo della Brianza vera, che non è solo capannoni e produzione, villette a schiera e industriali, non è nemmeno soltanto un pezzo della spina dorsale di questo Paese: ne è la carne e il sangue, radici vere e profonde, valori genuini dai sapori forti. Luganega e casseoula, piatti troppo umili e popolari, si capisce, per essere apprezzati dai palati radical chic.
Vedo che il regista Paolo Virzì è un po’ confuso. Dicono che il suo film Il Capitale Umano non sia male, anzi sia perfin bello, sicuramente assai meglio della presentazione che il regista gli ha voluto appioppare fidandosi più della sua ideologia che della sua capacità artistica. Che ci volete fare? È fin troppo facile bombardare la Brianza come territorio nemico, odiato feudo berlusconiano, succube del principato di Arcore, metafora del degrado culturale e dell’aridità di sentimenti. E così lui si è lasciato andare, in un’intervista a Repubblica, attaccando a testa bassa con parole che devono essere dispiaciute persino ai lettori brianzoli della medesima Repubblica (toh, guarda che strano: anche in Brianza leggono) se ieri il quotidiano riportava in prima pagina la ribellione anti-Virzì, con tanto di retromarcia e penose scuse del regista: «Ho usato la Brianza letterariamente, da straniero, volevo usare il mio spaesamento, Connetticut o Ornate è la stessa cosa...».
Certo, come no, regista Virzì: Ornate e Connetticut sono la stessa cosa. Besana Brianza, come lei ha capito senz’altro girando questo film, è bagnata dal Long Island Sound, Casatenovo confina con il Massachusetts. Ci voleva uno di Livorno per riscrivere i libri di geografia, era dai tempi di Cristoforo Colombo che non si vedeva una simile rivoluzione. Per la quale, per altro, abbiamo anche pagato una bella cifra: 700mila euro di finanziamenti stanziati dal ministero dei Beni Culturali per la pregiata pellicola che ci fa scoprire orizzonti impensati, qui alla frontiera tra Caronno Pertusella e Detroit.
Noi di Libero l’abbiamo fatto notare, sul giornale di ieri, e Virzì non l’ha presa proprio benissimo: nel pomeriggio, infatti, è tornato ad incornare a testa bassa. Dimenticandosi di aver appena chiesto scusa, ha innestato la retromarcia sulla retromarcia («Ho sbagliato tutto»), dicendo che noi di Libero siamo proprio come i «brianzoli volgari», e cioè ci meritiamo «le commedie demenziali». Parola di uno che di demenzialità, fra Ornate e il Connetticut, evidentemente se ne intende assai.
Non ci offendiamo, caro Virzì: se non altro le commedie demenziali, se sono ambientate a Cortina, non pretendono di rappresentare l’Illinois, sanno distinguere tra Saint Moritz e il Kentucky. Non è molto, ma è già qualcosa. Se poi avesse ancora qualche settimana di tempo, ecco, caro Virzì, ci piacerebbe che, diradate le nebbie dell’ideologia, facesse due passi nella Brianza vera: le dev’essere un po’ sfuggita, supponiamo. Mi piacerebbe portarla nei cortili delle vecchie cascine, dentro le osterie che stagionano formaggi e tradizioni, sulle prime alture, piccoli dossi che guardano la pianura e raccontano la storia. Mi piacerebbe portarla a vedere i fuochi che si accendono nella notte del 17 gennaio, o alla fiere popolari dove si trovano ancora salami e tirassegni come quelli di una volta, vorrei portarla a raccogliere la verza gelata nell’orto del mio vicino di casa, Angelo,un brianzolo di Bernate, frazione della (da lei) odiata Arcore, uno che per fargli dire una parola ci metti due anni, ma ha un cuore più grande di tutta la sua Livorno.
Ma lei, scusi, ne è proprio sicuro che i brianzoli siano così aridi e volgari? Venga a controllare, avrà delle sorprese: i brianzoli sono tipi tosti, sicuro, gente pratica, concreta, che bada più al sodo che all’Ovosodo, abituati alla fatica, legati alla terra. Sono diventati imprenditori, come buona parte della cosiddetta Terza Italia, perché hanno capitalizzato la storia contadina, perché hanno trasformato l’antica arte dell’accumulo in capacità di risparmio, hanno applicato a torni e uffici la capacità di sacrificio coltivata per secoli nei campi. E dunque hanno il gusto del lavoro, prima che della vacanza. Hanno il gusto delle cose fatte, prima ancora di quelle consumate. Del sudore, prima ancora che del divertimento. Ma sono anche capaci di gesti di straordinaria generosità. Possono dare lezioni di altruismo. Sono chiusi? Sì. Sono ricchi? Per lo più sì. Sono scontrosi? Una cifra. Ma non sono gretti. Tutt’altro: custodiscono tesori di umanità sotto quelle zolle ricoperte di brina. Basterebbe aver voglia di scoprirle.
Certo è più facile usare lo stereotipo, costa meno fatica, e fa anche prendere qualche bell’applauso antiberlusconiano. È ovvio, no? La Brianza deve far schifo per forza, si capisce, altrimenti perché ci abiterebbe il Cavaliere? Conosciamo i vostri pregiudizi: attorno ad Arcore non ci possono essere valori, se non valori immobiliari, non ci possono essere buone azioni, se non quelle smerciate a Piazza Affari. La cultura, poi, non ne parliamo: la cultura qui non esiste, i teatri chiudono, i libri sono sconosciuti, le biblioteche le bruciano. Qui non nascono scrittori né filosofi, Giuseppe Parini, Filippo Turati e don Giussani devono essere capitati per sbaglio, qui si cresce a pane e dané, sicuramente con la tendenza ad essere tutti ladri, farabutti e truffatori. E pazienza se l’ultimo grande ladro, farabutto e truffatore italiano l’avevano soprannominato Madoff e operava ai Parioli, pazienza se gli assetati di ricchezza Virzì faceva prima a trovarli vicino a casa sua che nelle brume del Varesotto, pazienza se l’il - lusione della ricchezza facile ha fatto breccia più nei salottini à la page della Capitale che in Brianza. Pazienza: noi lasciamo al regista i suoi pregiudizi e il suo film (cui dispiace solo aver fattounsacco di pubblicità). E ci teniamo la nostra terra, che con tutti i suoi difetti è pur sempre meno dura della testa di certa gente.