Stenio Solinas, il Giornale 9/1/2014, 9 gennaio 2014
GLI SCRITTORI SCONFITTI DI VICHY IN CERCA DI RIVINCITA LETTERARIA
Il migliaio di lettere che compongono il primo volume (1949-1960) della Correspondance fra Paul Morand e Jacques Chardonne (Gallimard, pagg. 1157, euro 46,50),da due mesi a questa parte è l’ospite d’onore dei dibattiti letterari di Francia. I motivi sono molteplici: due grandi scrittori, e due stili, a confronto, un’epoca piena di fatti e gesta (la fine della Quarta repubblica, l’Algeria, il ritorno di de Gaulle, l’Ungheria del ’56 e la crisi di Suez, la sfida Usa-Urss, la decolonizzazione in Africa...), il fascino scomparso di un mondo quando lo scrivere e il viaggiare erano ancora un piacere, la lentezza ancora un valore, la frenesia e l’approssimazione sempre una mancanza di gusto, raccontato da chi, per età e esperienze, lo aveva vissuto in prima persona e sapeva, nella modernità irruente di quel secondo dopoguerra, costruirsi le proprie ancore di salvezza. Tutto ciò, intorno a una «certa idea» della scrittura e dello scrittore, il valore e il perché di un libro, la scommessa sulla sua durata. «Scrivere, è essere liberi. È essere re. Un re non ha un mestiere. Il mestiere letterario non mi dice niente. È qualcosa che nella nostra epoca borghese non si conosceva. Un mestiere per la plebe.Si scrive per l’onore.Mille lettori è onorevole e sufficiente. Di più, si può dubitare di se stessi».
All’indomani della Seconda guerra mondiale, Morand e Chardonne sono due vinti e due sopravvissuti. Hanno superato i sessant’anni, nel ventennio fra le due guerre sono stati famosi e ammirati, e perciò odiati, poi hanno scelto la parte sbagliata, Vichy e non de Gaulle. La loro generazione, quella degli Aragon, dei Malraux e dei Mauriac, è al potere, ma li ha messi al bando; quella che si agita per prenderne il posto, fra esistenzialismo, strutturalismo e morte del romanzo, li considera superati. Sono destinati all’oblio, inframmezzato di moralistiche invettive: collaborazionisti, traditori, vecchi e infidi arnesi della reazione...
Poiché il tempo presente li condanna, Morand e Chardonne scommettono sul tempo che verrà, il nuovo che avanza di chi entra nella letteratura e nella vita intellettuale avendo vent’anni o poco più, il terzo tempo o i tempi supplementari della partita dove è in gioco la posterità. Se ci saranno, avranno vinto. Ed è ciò che accade. «Uno scrittore avrà prestigio se non è letto, se non si trovano i suoi libri, se non si vede la sua figura di cattivo attore. È nella notte che si arriva a una notorietà rispettata. Essa non proviene dal basso » riassumerà Chardonne.
Una nuova generazione di scrittori, Nimier, Sagan, Déon, Blondin, Laurent, Nourissier, Frank, i cosiddetti «Ussari» degli anni Cinquanta, ritrova in loro quel piacere della scrittura che la coeva stagione dell’impegno e della politicizzazione vorrebbe invece relegare nel magazzino degli oggetti inutili. Ritrova una libertà di giudizio svincolata dai precetti dell’ideologia, l’estetica che non giudica in base all’etica,il piacere degli opposti e della diversità. È una lezione di freschezza che viene dal passato, ma ad essa si affianca la vitalità di due vecchi, all’anagrafe, campioni che hanno ancora la voglia e il gusto di rinnovarsi e di stupire. «A settant’anni ci sono delle porte che si chiudono, altre che si aprono. Non bisogna sbagliare porta. Invecchiare è ostinarsi, restare nello stesso posto».
Nella corrispondenza, tutto ciò viene fuori in modo esemplare. Morand e Chardonne si rendono conto di scrivere insieme la loro grande opera. Dentro ci sono consigli e considerazioni, appunti di letture e frammenti di vita, annotazioni del cuore e dell’anima, riflessioni politiche. Offrono il meglio, e a volte anche il peggio, di sé, ma divertendosi.Non c’è fatica,c’è la soddisfazione che dà un lavoro ben fatto.
Qualche esempio? «La letteratura è pericolosa. È la distrazione dei pigri». «Le uniche cose di cui mi sono dovuto sempre pentire, sono le mie buone azioni». «Ciò che abbiamo imparato dalla vita è il valore del presente, l’istante presente, con la sua luce e il suo segreto. Non possiamo più permetterci un’altra filosofia.E forse è quella vera ». «Una volta con gli industriali si poteva parlare. Adesso, se fondano una rivista, è per fare soldi». «È intelligente a metà. Meglio sarebbe se non lo fosse per niente. Un’illusione risparmiata ». «Sono un uomo dell’Occidente,dell’ombra che cade, della notte che arriva». «Lo specchio, mentre mi rado, ingrandisce le mie rughe e mi dice che sono morto, ma i miei slanci di libido mi dicono che sono troppo vivo: è tragico». «La speranza del saccheggio è il patriottismo delle masse». «L’amante è ridicolo quanto il cornuto. Quanto all’amante vecchio, non parliamone; è sulla distanza che il cornuto si riabilita; non ha che da aspettare. La più grande punizione degli uomini che hanno troppo amato le donne, è di amarle sempre ». «Non andate a vedere La dolce vita . Poveri ragazzi che credono d’aver inventato l’orgia! ». «L’uomo è un innaffiatoio; svuotarsi in ogni vaso è il suo ruolo fisico, il vaso unico, la sposa,è un’invenzione sociale». «Non hanno mai voluto essere poveri. Finiranno barboni». Fra un Simenon «fotografo » e non scrittore, un Drieu la Rochelle «Oblomov intellettuale », un Camus «intelligente, ma senza personalità, giornalista di talento », un Montherlant «poco intelligente», il «passabile, ecco tutto» teatro di Sartre, Morand e Chardonne si muovono fra contemporanei e maestri con feroce allegria. È noioso il Goethe del Viaggio in Italia , il sentimentale Stendhal, che scrive sull’amore, è in realtà un cuore arido, che non ha mai conosciuto il sesso, Chateaubriand è «l’ultimo grande, nei buoni libri, di gran stile», di Maupassant, i racconti sono meglio dei romanzi... E poi c’è la politica, che entrambi vivono con l’occhio rivolto all’indietro, la fine dell’Europa, ovvero la fine del mondo che hanno conosciuto e amato. La Russia fa paura, gli Stati Uniti pena,l’Inghilterra è morta, la Francia è finita...L’antisemitismo, in Morand, fa da collante, e non depone a favore della sua intelligenza. L’unica salvezza è nell’arte, e fra tante profezie sbagliate, per loro è l’unica che si è realizzata.