Lettera43 8/1/2014, 8 gennaio 2014
JOB ACT, IL DOCUMENTO DI RENZI
Tagli al costo dell’energia. Agenda digitale. Maggiore semplificazione e contratto unico. Ma anche assegno universale di disoccupazione a condizione, sulla falsariga del modello scandinavo, che si seguano corsi di formazione e che «non si rifiuti più di una nuova proposta di lavoro». Sono questi alcuni nodi della bozza del Job Act messo a punto dalla segreteria del Partito democratico di Matteo Renzi e presentato in Rete l’8 gennaio. Uno strumento, ha scritto il leader del Pd, pensato «per aiutare il Paese a ripartire».
Il sindaco di Firenze, però, ha tenuto a precisare che la classe politica deve dare il «buon esempio». E quindi è «fondamentale che si faccia rapidamente la legge elettorale, si taglino per 1 miliardo i costi della politica, si eliminino le rappresentanze politiche di Province e Senato, si riduca il numero e il compenso dei consiglieri regionali».
Le misure pensate da Renzi - un vero e proprio piano industriale - raccolte in «un documento aperto, politico, che diventerà entro un mese un vero e proprio documento tecnico», sono simili a quelle varate dall’Agenda 2010 dal governo tedesco. A partire dal sussidio universale di disoccupazione e dalla formazione obbligatoria. Sempre di matrice tedesca, poi, è la presenza dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle grandi aziende. Una soluzione, questa, auspicata dai sindacati e sulla quale recentemente aveva aperto anche il premier Enrico Letta.
«L’obiettivo è creare posti di lavoro, rendendo semplice il sistema, incentivando voglia di investire dei nostri imprenditori, attraendo capitali stranieri (tra il 2008 e il 2012 l’Italia ha attratto 12 miliardi di euro all’anno di investimenti stranieri. Metà della Germania, 25 miliardi, un terzo della Francia e della Spagna, 37 miliardi)», ha spiegato nell’introduzione Renzi che ha ringraziato per il lavoro svolto Marianna Madia e Filippo Taddei, responsabili del Lavoro e dell’Economia del Pd. «Per la Banca mondiale siamo al 73esimo posto al mondo per facilità di fare impresa (dopo la Romania, prima delle Seychelles). Per il World economic forum siamo al 42esimo posto per competitività (dopo la Polonia, prima della Turchia). Vi sembra possibile? No, ovviamente no. E allora basta ideologia e mettiamoci sotto».
Ecco il testo della bozza.
1. IL SISTEMA
1. Energia. Il dislivello tra aziende italiane e europee è insostenibile e pesa sulla produttività. Il primo segnale è ridurre del 10% il costo per le aziende, soprattutto per le piccole imprese che sono quelle che soffrono di più (interventi dell’Autorità di garanzia, riduzione degli incentivi cosiddetti interrompibili).
2. Tasse. Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più, consentendo una riduzione del 10% dell’Irap per le aziende. Segnale di equità oltre che concreto aiuto a chi investe.
3. Revisione della spesa. Vincolo di ogni risparmio di spesa corrente che arriverà dalla revisione della spesa alla corrispettiva riduzione fiscale sul reddito da lavoro.
4. Azioni dell’agenda digitale. Fatturazione elettronica, pagamenti elettronici, investimenti sulla Rete.
5. Eliminazione dell’obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio. Piccolo risparmio per le aziende, ma segnale contro ogni corporazione. Funzioni delle Camere assegnate a Enti territoriali pubblici.
6. Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince un concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali.
7. Burocrazia. Intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica sia per i residui ancora aperti (al ministero dell’Ambiente circa 1 miliardo di euro sarebbe a disposizione immediatamente) sia per le strutture demaniali sul modello che vale oggi per gli interventi militari. I Sindaci decidono destinazioni, parere in 60 giorni di tutti i soggetti interessati, e poi nessuno può interrompere il processo. Obbligo di certezza della tempistica nel procedimento amministrativo, sia in sede di Conferenza dei servizi sia di valutazione di impatto ambientale. Eliminazione della sospensiva nel giudizio amministrativo.
8. Adozione dell’obbligo di trasparenza. Amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati hanno il dovere di pubblicare online ogni entrata e ogni uscita, in modo chiaro, preciso e circostanziato.
2. POSTI DI LAVORO
Per ognuno di questi sette settori, il Job Act conterrà un singolo piano industriale con indicazione delle singole azioni operative e concrete necessarie a creare posti di lavoro.
a) Cultura, turismo, agricoltura e cibo.
b) Made in Italy (dalla moda al design, passando per l’artigianato e per i makers)
c) Ict
d) Green Economy
e) Nuovo Welfare
f) Edilizia
g) Manifattura
3. Le regole
I. Semplificazione delle norme. Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro che racchiuda e semplifichi tutte le regole attualmente esistenti e sia ben comprensibile anche all’estero.
II. Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile. Processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti.
III. Assegno universale per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non ne avrebbe diritto, con l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro.
IV. Obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei denari utilizzati per la formazione professionale finanziata da denaro pubblico. Ma presupposto dell’erogazione deve essere l’effettiva domanda delle imprese. Criteri di valutazione meritocratici delle agenzie di formazione con cancellazione dagli elenchi per chi non rispetta determinati standard di performance.
V. Agenzia Unica Federale che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali.
VI. Legge sulla rappresentatività sindacale e presenza dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori nei Consigli di amministrazione delle grandi aziende.