Diodato Pirone, il Messaggero 9/1/2014, 9 gennaio 2014
JOBS ACT – [IL NUOVO CODICE ENTRO OTTO MESI E MENO CONTRATTI]
• 1 PIANO INDUSTRIALE PER SETTE SETTORI
Il primo obiettivo è quello di definire sette settori economici - ad alta intensità di manodopera - sui quali far convergere lo sforzo dell’intero Paese. Il ragionamento è: i posti di lavoro si creano facendo ripartire l’economia reale. Dunque il settore chiave che si intende ”riaccendere” è quello dell’industria manifatturiera legata al made in Italy e all’export. Per ottenere questo risultato si punta a spostare risorse a favore di chi produce. Come? Ad esempio riducendo le bollette delle imprese del 10% (un intervento che potrebbe valere intorno ai 2 miliardi di euro) tagliando la quota base dei prezzi garantiti ai produttori di energia. I sette settori individuati sono: a) cultura, turismo, agricoltura e cibo; b) made in Italy (dalla moda al design, passando per l’artigianato e per i makers); c) nuove tecnologie; d) Green Economy; e) servizi alla persona (o nuovo welfare); f) edilizia; g) manifattura. Per ”piano industriale” per questi settori non si intende un piano di destinazione di fondi pubblici ma di un insieme di misure che possano trasferire risorse (ad esempio aumentando le tasse sui guadagni di Borsa e tagliando l’Irap) e alleggerire il fardello burocratico.
• 2 MENO TASSE PER CHI PRODUCE OCCUPAZIONE
Il ”fisco amico” ha un ruolo chiave nel Jobs Act. Ma non solo in termini di riforma fiscale e di lotta all’evasione. Anche su questo punto è importante l’uso della leva fiscale per recuperare risorse che riducano le imposte su chi lavora e su chi può assumere. Di qui la proposta di un pacchetto di misure che, ad esempio, prevedano l’aumento dell’imposta sui guadagni di Borsa e la diminuzione dell’Irap (nel cui imponibile c’è la spesa complessiva delle imprese per il monte salari). Il Pd renziano vuole comunque che tutte le risorse disponibili, a partire dai miliardi di risparmi che arriveranno dalla spending review e dai miliardi recuperati dalla lotta all’evasione, vengano indirizzati esclusivamente ad una robusta riduzione delle imposte su chi lavora e produce reddito. L’obiettivo è creare posti di lavoro rendendo semplice il sistema, incentivando voglia di investire dei nostri imprenditori, attraendo capitali stranieri (tra il 2008 e il 2012 l’Italia ha attratto 12 miliardi di euro all’anno di investimenti stranieri. Metà della Germania, 25 miliardi un terzo della Francia e della Spagna, 37 miliardi. Per la Banca Mondiale siamo al 73° posto al mondo per facilità di fare impresa (dopo la Romania, prima delle Seychelles).
• 3 NEO ASSUNTI, CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI
Sul comparto vero e proprio del Lavoro il Jobs Act non prevede il contratto unico per i nuovi assunti ma una formula molto articolata di interventi:
1)Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro che racchiuda e semplifichi tutte le regole attualmente esistenti e sia ben comprensibile anche all’estero.
2)Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile. Processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti.
3) Assegno universale per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non ne avrebbe diritto, con l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro.
4) Obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei denari utilizzati per la formazione. Ma presupposto dell’erogazione deve essere l’effettiva domanda delle imprese. Criteri di valutazione meritocratici delle agenzie di formazione con cancellazione dagli elenchi per chi non rispetta determinati standard di performance.
• RAPPRESENTANZA PER I SINDACATI
Sempre sul lavoro fra le proposte che il Pd renziano sta elaborando spicca quella dell’accoglimento di un’idea cara alla Cgil e di un’altra più vicina alla cultura di Cisl e Uil.
Nel Jobs Act si prevede, ad esempio, che si arrivi ad una legge di rappresentanza dei sindacati. E’ la ”vecchia” idea cara sia alla Cgil che alla Fiom secondo la quale i contratti vanno firmati solo dopo l’approvazione da parte della maggioranza dei lavoratori con un referendum. Inoltre anche i delegati, i rappresentanti dei lavoratori delle fabbriche degli uffici, dovrebbero essere sempre eletti e non nominati, come accade oggi in molti casi. A quest’idea la Cisl, in particolare, si è sempre opposta sostenendo l’importanza della vitalità dei corpi intermedi. Diverso il discorso per quanto riguarda la presenza dei lavoratori nei cda delle grandi aziende. Questo è un antico cavallo di battaglia della Cisl e della Uil, peraltro rilanciato anche recentemente dal premier Enrico Letta. A questa proposta gli imprenditori (ma anche la Cgil) si sono sempre opposti ma ora, in nome di qualcosa che somiglia al funzionante sistema tedesco, forse si volterà pagina.
• LICENZIABILITÀ DEI DIRIGENTI PUBBLICI
Uno dei punti fermi del documento è la lotta alla burocrazia. Si parte con la proposta di un nuovo tipo di contratto per i dirigenti pubblici che non sarebbe a tempo indeterminato. Insomma si riaffaccia l’idea degli anni Novanta di introdurre una sorta di Spoils System (il dirigente pubblico può essere licenziato dal politico di turno). Si tratta di un punto delicatissimo che in passato non sempre ha funzionato. Un altro spunto interessante è l’eliminazione dell’obbligo per le imprese di iscriversi alle Camere di Commercio. Sul corpaccione burocratico vero e proprio si prevede questo: intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica sia per i residui ancora aperti (al Ministero dell’Ambiente circa 1 miliardo di euro sarebbe a disposizione immediatamente) sia per le strutture demaniali sul modello che vale oggi per gli interventi militari. I sindaci decidono destinazioni, parere in 60 giorni di tutti i soggetti interessati, e poi nessuno può interrompere il processo. Obbligo di certezza della tempistica nel procedimento amministrativo, sia in sede di Conferenza dei servizi che di valutazione di impatto ambientale.
• ABOLITA LA SOSPENSIVA DEI TAR
Una novità obiettivamente interessante è rappresentata dal tentativo di ”tagliare le unghie” ai Tribunali amministrativi regionali togliendo loro il potere di sospendere i provvedimenti prima della sentenza definitiva. Si tratta di una questione tutt’altro che secondaria che spesso ha finito per bloccare leggi e normative innovative dirottate in un assurdo balletto di ordini e contrordini fra Tar e Consiglio di Stato. Una delle novità del Jobs Act è la forte attenzione alla trasparenza. Si prevede, ad esempio, che amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati abbiano il dovere di pubblicare online ogni entrata e ogni uscita, in modo chiaro, preciso e circostanziato. Analoga operazione è prevista sul fronte fiscale con il salto di qualità consentito da un uso estensivo dell’elettronica. E così si prevede: la fatturazione elettronica diffusa a tutti i livelli; i pagamenti elettronici capillarmente diffusi anche nei negozi, più in generale forti investimenti nelle reti. Evidente anche l’effetto sulle entrate fiscali di questi provvedimenti che andrebbero a ridurre il contante e quindi l’evasione.