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 2014  gennaio 09 Giovedì calendario

VIRZÌ E LA BRIANZA CHE NON C’È


La domanda sorge spontanea: ma alla Lombardia Film Commission leggono i copioni dei film che decidono di sostenere?
Sì perché oltre, al canonico finanziamento dei Beni culturali, 700mila euro sonanti s’è scritto, Capitale umano, pellicola di Paolo Virzì che distrugge, con gli stereotipi più vieti, la Brianza in cui è ambientato, ha avuto quello dell’agenzia regionale lombarda per la promozione del territorio attraverso i film. Non è stato un sostegno di tipo finanziario ma in servizi, come ha spiegato la cronaca di Milano di Repubblica: dall’attività di sartoria all’esenzione al pagamento della tassa di occupazione del suolo pubblico, alla gestione dei contatti col Comune di Milano per l’occasione del suolo pubblico. Monetizzandolo, un servizio da molte migliaia di euro comunque.
Alberto Contri, noto pubblicitario e storico presidente della Fondazione Pubblicità progresso, capo della Commission lombarda, ne è orgoglioso: «Offrire il nostro contributo a questo progetto è stato un onore anche perché una delle nostre finalità è far conoscere un territorio lombardo che ha molto da offrire sotto il profilo cinetelevisivo».

Non c’è che dire se la conoscenza che emergerà dal film sarà in linea con quanto detto dal regista livornese nella conferenza stampa di presentazione, dove Virzì ha buttato sul territorio, quel triangolo, rovesciato e irregolare, che va da Monza alla provincia lecchese e a quella comasca, una serie di sciatti giudizi, parlando di «paesaggio gelido, ostile e minaccioso» e «villette pretenziose».
Il resto lo fa la trama del film mettendo in scena una serie di macchiette grottesche dell’arrivismo, della speculazione, dell’arrembaggio sociale.

D’altra parte Virzì, nato e vissuto a Livorno, delle generazioni imprenditoriali che han fatto grande la Brianza, dai Cappellini ai Molteni ai Cassina nel mobile, ai Fumagalli (Candy) negli elettrodomestici, ai Fossati della Star nell’alimentare (questi ultimi storici donatori di big del non profito come Banco Alimentare e Lega del filo d’oro), Virzì, dicevamo, non sa niente.
Nella città di Modigliani e Mascagni, la sua cioè, esiste solo la grande industria delle ex-partecipazioni statali, come l’Eni, a Stagno (Li), che ha fatto da sfondo al film del successo, Ovosodo, oppure qualche agente marittimo o spedizioniere diventato grande, tipo il gruppo Fremura, e davvero poche altre imprese di dimensioni medio-grandi.

Anzi, fino a qualche anno fa, al porto, grande industria cittadina, c’era il socialismo reale: in banchina andava solo la mitica Compagnia lavoratori portuali, emanazione diretta del Pci cittadino. Un monopolio democratico.
E dunque, essendo ignorante dell’impresa e del rischio, Virzì attinge nel suo immaginario ancora pregno di un certo antiberlusconismo di maniera.
Peccato per quella ignoranza geografica che, nella conferenza di lancio, gli ha fatto citare Como e il disastrato teatro Politeama come emblema del degrado culturale brianzolo. La città lariana con la Brianza non ha nulla a che vedere. E poi a Como c’è comunque un altro grande teatro: il Sociale a due passi dal duomo.