Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 09 Giovedì calendario

IL NUOVO POMO DELLA DISCORDIA: LA MELA OGM CHE NON ANNERISCE


La nuova mela che non diventa mai nera ha un nome che si addice bene al freddo glaciale di questi giorni negli Stati Uniti. Ma la “mela artica” sta anche riaccendendo le polemiche sui cibi ogm. E questa volta, a schierarsi contro le manipolazioni delle biotecnologie, sono persino gli agricoltori: temendo un aumento dei costi e una reazione indispettita dei consumatori, chiedono al governo americano di mettere al bando il frutto hi-tech.
Il pomo della discordia è stato messo a punto dai ricercatori di una piccola società canadese, la Okanagan Speciality Fruits. Senza introdurre geni di specie diverse, come accade invece in altri ogm, hanno semplicemente manipolato una sequenza genetica della mela riducendone gli enzimi responsabili dell’annerimento. Risultato: se le mele artiche vengono sbucciate o tagliate a spicchi, restano dello stesso colore, senza ossidarsi. I vantaggi sembrano ovvi: le mele conservano sempre un aspetto di freschezza e si prestano a essere preparate in anticipo e consumate con più flessibilità, ad esempio per uno snack dietetico o per la merenda dei bambini. «A molta gente mangiare una mela intera sembra troppo impegnativo e spesso ne fanno a meno», ricorda Neal Carter, fondatore e presidente della Okanagan. «La nostra speranza è di far aumentare le vendite di mele come è successo con le baby-carote». Per il momento l’azienda canadese ha chiesto l’approvazione ufficiale per due varietà, la Arctic Golden e la Arctic Granny, derivate dalle due celebri cultivar.
Non c’è dubbio che il consumo di mele sia in flessione, almeno negli Stati Uniti, dove si è passati da una media di 10 chili annui a testa negli anni Ottanta agli otto chili attuali. E forse la nuova “mela perfetta” potrebbe risollevare il mercato. Ma perché allora i frutticoltori dello stato di Washington, dove si concentra il 44 per cento della produzione americana di mele e 75mila ettari di alberi da frutto, sono contrari? E perché Christian Schlect, presidente del Northwest Horticultural Council, l’associazione di categoria, avverte che i suoi soci non hanno alcun interesse nella mela artica? L’opposizione non è legata a ragioni di salute: come quasi tutti gli agricoltori americani, infatti, e come lo stesso dipartimento all’agricoltura di Washington, i produttori di mele non ritengono che i cibi geneticamente modificati siano pericolosi. Del resto, a differenza dell’Europa, gli Stati Uniti sono molto più permissivi in materia. In realtà i frutticoltori temono da un lato che l’eventuale successo della mela artica li costringa a investimenti massicci per riconvertire le colture, dall’altro che possa deteriorarsi l’immagine della mela come prodotto sano e naturale. Fanno notare, in particolare, che a differenza di altri ogm che arrivano sulle mense sotto forma di alimenti trasformati, la mela artica sarebbe il primo prodotto geneticamente modificato a essere mangiato così com’è. Decine di migliaia di coltivatori hanno già scritto al ministero dell’agricoltura, che sembra propenso ad approvare le Arctic Golden e le Arctic Granny, ma ha anche annunciato che fino alla fine di gennaio raccoglierà le opinioni del pubblico e degli esperti, prima di prendere una decisione definitiva.
A battersi contro il via libera sono ovviamente anche i gruppi noogm. «Che cos’è la mela artica?», si chiede ironicamente Lucy Sharratt, del network canadese anti-biotecnologie: «È forse una mela marcia che sembra invece fresca? E non basterebbe, per ritardare l’annerimento, mettere un po’ di limone? E chi non sa che il cambiamento di colore delle mele tradizionali non incide per nulla sulle caratteristiche organolettiche?». D’altra parte, secondo un sondaggio commissionato dalla Okanagan, il pubblico americano sembra favorevole all’arrivo del nuovo frutto: sei consumatori di mele su dieci si dicono pronti ad acquistare la mela artica.