Federico Varese, La Stampa 9/1/2014, 9 gennaio 2014
CANNABIS L’IPOCRISIA CREA ILLEGALIT
L’articolo sulla «valanga antiproibizionista» («La Stampa» di lunedì) ha avuto una coda inaspettata. L’assessore all’agricoltura della Regione Lombardia lo ha diffuso su Twitter.
E ha aggiunto: «Credo valga la pena di cominciare a parlarne seriamente. Il proibizionismo ha fallito». Il presidente Maroni sembrava in un primo momento condividere l’opinione del collega, ma poi sia lui che il segretario Salvini hanno smentito un cambio di rotta della Lega su questo tema. Nel frattempo esponenti di ogni partito hanno cominciato ad esprimersi, ed il senatore del Pd Manconi ha depositato una proposta di legge per depenalizzare la coltivazione. Nonostante il tema sia balzato ancora una volta agli onori della cronaca, il dibattito politico continua ad essere confuso e inconcludente.
È sorprendente come alcuni fatti elementari vengano ignorati. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, l’Italia è al secondo posto nella lista di Paesi con il più elevato consumo di cannabis al mondo. Da un sondaggio del 2012 risulta che più del 20 per cento della popolazione ha fatto uso di questa sostanza e questo dato raggiunge il 27% per i giovani tra i 17 e 18 anni (il 16-17% dei quali ammette di averne fatto uso nell’ultimo mese).
Il mercato è vastissimo e, a differenza dell’oppio/cocaina, la marijuana si può produrre ovunque. Qualsiasi manuale di sociologia dello Stato spiega che l’apparato di leggi che governano una società deve corrispondere ai comportamenti individuali più diffusi: non ha senso criminalizzare il 20% della popolazione. La conseguenza immediata di tale sconnessione è la minaccia alla legalità. Che senso ha investire denaro pubblico nell’insegnamento dell’educazione civica ai giovani, quando il 30% non rispetta una normativa così importante, la quale è osteggiata da una parte sostanziale della classe politica? Da questo punto di vista, lo scarso rispetto per la legge in questo Paese davvero non stupisce.
Aggiungo che le legislazioni che permettono il consumo di una «modica quantità» legittimano una illogica ipocrisia. Come è possibile permettere il consumo di una sostanza che nessuno può produrre legalmente? Un Paese maturo dovrebbe guardarsi allo specchio e decidere se un certo comportamento è legittimo o meno. A quel punto le strade da intraprendere sono due: si decide di bandire ogni forma di consumo, produzione e commercio; oppure si sceglie di convivere con un comportamento (in certi casi) dannoso e si riducono al minimo i rischi per la società, che deve essere educata e protetta.
Che cosa succederebbe se l’Italia scegliesse la seconda strada, sul modello del Colorado? Bisognerebbe dapprima creare un sistema di produzione limitata per scopi medici. Un numero ristretto di aziende otterrebbe così una licenza speciale e potrebbe vendere il prodotto su presentazione di ricetta. Nel giro di qualche anno si dovrebbe introdurre (dopo un referendum) la possibilità di vendere cannabis per scopo ricreativo. Dapprincipio i produttori esistenti avrebbero il monopolio, ma dopo un periodo di transizione chiunque avesse i requisiti per ottenere una licenza potrebbe entrare nel mercato. In questa fase, lo Stato stabilirebbe un prezzo certamente più alto del valore nel mercato illegale (oggi tra gli 8 e i 10 euro al grammo), ma non tanto alto da incoraggiare la vendita illegittima. Nel lungo periodo, il prezzo verrebbe liberalizzato, ma senza scendere sotto una certa soglia. Vi sarebbero limiti d’età (16 o 18 anni) per chi avrebbe diritto ad acquistare la marijuana, con delle limitazioni anche sulla quantità. In Colorado, per esempio, i residenti possono acquistare solo 28 grammi alla volta (7 grammi i non residenti), ed è proibito fumare in pubblico.
Possiamo immaginare alcune conseguenze delle legalizzazione in Italia? L’introito fiscale sarebbe significativo. Marco Rossi (La Sapienza) ha stimato che si potrebbero riscuotere dai 7 ai 10 miliardi di euro dalle imposte sulle vendite, ed una somma compresa tra circa 0,5 e 3 miliardi di euro da imposte sul reddito. Capire quante persone sono detenute oggi per reati legati solo alla cannabis è difficile, poiché la legge Fini-Giovanardi non distingue tra droghe leggere e pesanti, ma secondo un esponente radicale, Marco Perduca, almeno 9000 persone uscirebbero dal carcere immediatamente, la maggior parte piccoli spacciatori stranieri. Sulla base di questa cifra, calcolo che l’amministrazione carceraria risparmierebbe 1.124.640 euro al giorno. Vi sarebbero poi risparmi in altri settori della giustizia (indagini, processi, ...). Ovviamente andrebbero stimati anche i costi, come un aumento delle spese mediche e per l’educazione al consumo responsabile.
Si possono tracciare un’infinità di stime e di scenari, ma è il principio che conta. Una politica responsabile deve lottare per ridurre le ingiustizie, proteggere il pubblico ed emanare norme che riflettono i sentimenti della società civile, invece la legislazione italiana sulle droghe leggere non fa nulla di tutto ciò. Tra le tante vittime, vi è anche il rispetto per le istituzioni.