Fabrizio Corona, Chi 8/1/2014, 8 gennaio 2014
ANTEPRIMA LIBRO FABRIZIO CORONA
MILANO GENNAIO
Come posso dimenticare la prima volta che ti ho vista? Eravamo a Riccione, era domenica sera e c’era l’inaugurazione di un locale. Nina (Moric, ndr) era l’ospite d’onore. Tu eri appena arrivata in Italia ed eri fidanzata con un giovane pierre (Simone, detto “Patatone”), io ero sposato da più di tre anni ed ero innamorato. Non avrei dovuto notarti, e invece sono stato tutta la sera a guardarti. Ho chiamato il responsabile e ho chiesto chi eri, e quando sono tornato a casa, l’ho richiamato per farti portare a Milano. Avevo un’agenzia ed ero sicuro che avresti fatto strada, che avresti sfondato.
«Non gliene frega niente» mi è stato risposto! Eri già matta. Sei arrivata lo stesso, qualche anno dopo, però. Ti ha portata da me una giovane manager rampante. Il mio ufficio era il trampolino di lancio per quelle che come te volevano diventare famose, ma tu non eri proprio convinta. Quella sera avevo organizzato una cena con un po’ di calciatori, tra cui il nostro “amico” Bobo Vieri, e alla fine, dopo una lunga insistenza, sono riuscito a convincerti a venire, per cercare poi di fotografarti, paparazzarti, incominciando così a farti conoscere, guadagnando ovviamente qualche migliaia di euro. Chi l’ avrebbe detto che poi sarebbe finita così, che avremmo vissuto momenti intensi, unici, irripetibili, folli, drammatici?
Dopo quella sera sei scomparsa, non eri pronta. (...) Avevi scelto la strada dell’amore, più difficile, più dolorosa. La stupida insicurezza di Marco, il tuo nuovo compagno, lo aveva portato a umiliarti spesso, a trattarti male, a farti soffrire per placare le sue più torbide paure. La tua testardaggine ti aveva fatto sacrificare tutto, eri capace di “ingoiare” bocconi amarissimi. A quel tempo, come oggi, eri convinta che si vive prima di tutto d’amore e che per amare bisogna lottare. Ma sei sempre stata vendicativa, troppo, e quei bocconi lui, alla fine, ha dovuto rimangiarseli.
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Una sera, non ci vedevamo da oltre un anno, l’ultima volta i miei occhi erano per un’altra, ero seduto sul divano a casa di Nina, perché io ormai vivevo altrove. (Spesso la sera andavo da lei per stare con Carlos e cercare di recuperare un amore in macerie). Stavamo guardando la puntata finale dell’Isola dei Famosi, il programma che poi ti ha consacrata, il trampolino di lancio per il tuo successo. Tutto “merito” di quel tuo tradimento pubblico, che aveva finalmente catalizzato l’attenzione su di te. Lo share, grazie alla tua storia d’amore, aveva raggiunto il picco di ascolti: giornali, tv, radio e purtroppo per il tuo ex anche gli stadi parlavano di te. E tu eri perfettamente a tuo agio. Come quella sera, vestita con un indimenticabile abito azzurro, magrissima (finalmente) e abbronzatissima, che aveva segnato anche il picco della tua bellezza, che con gli anni era sempre andata crescendo. Quella sera cantavi Bésame mucho (il tuo repertorio è sempre stato molto limitato) ed emanavi un’energia incredibile. Io e Nina ti guardavamo e a un certo punto lei si gira, mi guarda e mi dice: «Perché, ti piace?! Non mi dire che ti piace questa!». Come spesso ho dovuto fare anche con te, le ho mentito. «Ma chi, questa? Ma non vedi che sembra un trans!». E invece mi avevi colpito.
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Ti conoscevo da tanto, ti avevo vissuta pochissimo, ma quella sera eri diversa, eri un’altra. Non ti ho cercata neanche in quell’occasione. Ma quando per caso ti ho rivista in quel locale, un mese dopo, sapevo che avremmo fatto l’amore e che, se mi fosse piaciuto, sarebbe stato un problema, soprattutto per te. Dire che mi è piaciuto sarebbe riduttivo. Ma anche quella volta, dopo non ti ho più cercata. Poi un altro incontro lampo, un’altra serata a fare l’amore intensamente. Mi è piaciuto ancora di più. Era una storia improbabile, avevamo troppi problemi, io in particolare ne avevo tanti e grossi. Vivevamo solo di passione, fino a quel maledetto giorno in cui ho deciso finalmente di cercarti e di inseguirti, e ho continuato a farlo per tre anni e mezzo.
Eri andata in vacanza alle Maldive, senza dirti niente ho preso un aereo per venire da te. Non ci sentivamo da quasi una settimana, arrivato sull’isola ho raggiunto il tuo atollo, ti ho vista, ho preso il telefono, ho cercato il tuo nome nella rubrica e ti ho chiamato: «Ciao, come ti sta bene quel costume rosso!». Ti sei girata, mi hai visto, sei corsa da me, mi hai abbracciato, abbiamo fatto l’amore e dopo un’ora ho ripreso la barca che mi avrebbe riportato in aeroporto. E sono tornato a Milano. Da quel giorno hai sempre cercato di scappare da me, ma io ti volevo più di ogni altra cosa al mondo e quello che voglio me lo sono sempre preso. In più di tre anni di relazione mi avrai lasciato almeno venti volte. Dopo poco tempo che ci frequentavamo hai fatto una cosa che nessuna donna, nessuna ragazza del nostro ambiente e della tua età, avrebbe mai fatto. Specialmente per una persona che si frequenta da così poco tempo. Follia pura. (...) Mediaset ti aveva scelto per condurre Scherzi a parte. Dopo tanti anni di gavetta, di sacrifici, partita dall’Argentina giovanissima, senza soldi, ma con grande caparbietà, finalmente avevi coronato il tuo sogno, eri diventata una primadonna, e te lo meritavi. In fondo, ce l’avevi nel sangue. Poi la notizia del nostro amore era diventata pubblica. Io ero nel momento peggiore della mia vita. Avevo il diavolo dentro, mille problemi con la legge, con mia moglie, con tutto quello che mi girava intorno e, ovviamente, non ero ben visto, specie dall’ambiente Mediaset e dal tuo agente. La mia immagine ti avrebbe rovinato.
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Ti avevano minacciato di strappare il contratto, se non avessi chiuso con me. E tu, sempre più matta, hai mandato a cagare il tuo agente e tutti quanti: avevi scelto ancora una volta la strada dell’amore, quella più difficile, quella più dolorosa. Se ti avessi incontrato prima, forse oggi non sarei qui dentro. Dopo che abbiamo iniziato a frequentarci la mia vita è completamente cambiata, e più passava il tempo, più il diavolo si allontanava da me. La mia immagine non ti ha rovinato, anzi ha contribuito a creare un personaggio incredibile, unico, uno strano mix di bellezza e trasgressione, fama e disobbedienza. Un’altra storia d’amore a metà tra reality e vita vera, con improvvisi e continui colpi di scena, dove purtroppo, ancora una volta, ero io il regista. Ero all’apice della carriera. Non avevo imparato ancora la lezione, non mi era bastato il fallimento del mio matrimonio, e così ho continuato a commettere gli stessi errori, che però hanno contribuito a farti diventare quello che sei oggi...
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...Per te ho “tagliato” con tutti, ho chiuso con il mio vecchio mondo, con i miei vizi, con Lele Mora, con gli amici sbagliati, con il mio vecchio “marcio” lavoro. Con te ho comprato finalmente un portafogli, ho fatto finalmente un documento, ho imparato a dire “per favore”, a ringraziare, con te ho ripreso la patente! Con te ho affittato uno spazio di cinquecento metri quadri e, dopo averlo sistemato, ho creato una struttura con trenta dipendenti. Con te ho riscoperto mia madre, sono tornato a viverla, ho riscoperto mio figlio, ho imparato di nuovo a essere padre e ho dato finalmente un taglio agli eccessi. Ci sono voluti due anni e mezzo perché la nostra storia potesse godere di un po’ di tranquillità e normalità. La svolta è stata quel viaggio insieme, quelle parole d’amore scambiate sotto il cielo di quel luogo magico che era lo stesso in cui per la prima volta avevo deciso di inseguirti: le Maldive. Ma quanti scontri in questi due anni e mezzo. Quante bugie ti ho dovuto dire. Era realisticamente impossibile cambiare tutto con uno schiocco di dita, ma tu non lo capivi, non lo accettavi. La tua testardaggine non aveva freni, ti eri convinta di cambiarmi e lo dovevi fare a tutti i costi, e subito. Ma c’è differenza tra cambiare una persona e farla tornare se stessa. C’è differenza tra cercare di riavvicinare una persona alla sua autenticità e trasformarla per placare le tue insicurezze, per sedare le tue ossessioni, per impedire alla tua folle gelosia di divorarti e per convincere tutti, te stessa in primis, che in quel modo sarei potuto essere quello giusto, l’uomo della tua vita. Passione e amore non sono la stessa cosa. L’amore è sacrificio, rispetto, stima. Il tuo più grande errore è stato quello di confondere questi due sentimenti, di non tenerli separati. E oggi, a distanza di un anno, guardando la tua nuova relazione mi rendo conto che non cambierai mai...
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E tutte le volte che ti rendevi conto, giustamente, che con me sarebbe stato impossibile condurre quel tipo di vita, scappavi e correvi da quello che cercavi di convincerti rappresentasse tutto questo: il tuo ex. Barcellona, Grecia, Milano, Sanremo, Roma, quanti aerei privati ho dovuto prendere di nascosto facendomi trovare lì per chiederti: «Va bene, è finita, è giusto, ma dimmelo in faccia e guardandomi negli occhi che non mi ami più». E alla fine non riuscivi a scappare. Quante notti d’inverno ho dormito fuori dalla porta di quella casa di ringhiera, al freddo, sotto la pioggia, sdraiato sul tuo tappetino, con te che continuavi a guardare dallo spioncino per controllare che fossi ancora lì. (...) Mi sembra ieri che volevi sposarmi a tutti i costi, e non perché credevi pienamente nel matrimonio e nel suo vero significato, ma perché sei sempre stata follemente gelosa di Nina e di quello che avevo vissuto con lei...
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...Ma io non sono mai stato vero con te e non sono mai stato onesto. Era impossibile farti capire che certe cose non erano sempre sbagliate, che nella vita, se vuoi costruire un futuro con una famiglia vera, non puoi vivere solo di sogni e di emozioni, che non sempre ciò che tu ritenevi giusto era per forza giusto, ed era impossibile farti capire soprattutto che neanche tu sei perfetta, anzi. L’ultimo anno finalmente avevamo trovato la nostra dimensione. Io cominciavo addirittura a rendermi conto che stavo diventando, come sempre mi dicevi con la tua cadenza argentina, “becchio” (solo ora capisco perché) e tu eri ormai definitivamente una star. Ho provato ad accettare una vita semplice e normale, ma non te l’ho mai detto “mi stava stretta”. Forse non faceva per me, almeno in quel momento. Avevo paura delle responsabilità che mi stavo prendendo, mi rendevo conto che sarebbe stato impossibile uscire indenne da tutti quei casini che avevo combinato, e che forse avrei potuto rovinarti la vita per sempre. Il tempo passava veloce, i nodi venivano al pettine, il cerchio si stringeva, i processi erano ormai tutti in appello e le prime condanne erano diventate definitive (...) Ora qui capisco tante cose e, se leggerai questa lettera, capirai tante cose anche tu. Capirai che ci è andata bene, anche perché eravamo cambiati, non eravamo più quelli di prima. Ognuno pensava a se stesso: tu eri diventata egoista, pensavi solo alla tua serenità, alla tua famiglia, al tuo lavoro, alla vita che desideravi, al tuo successo, alla popolarità che ti aveva reso molto meno umile e molto più insicura, piena di complessi e paure. Eri sempre alla ricerca della perfezione assoluta in modo maniacale e dovevi essere sempre al centro dell’attenzione, dimostrando di essere in ogni occasione la numero uno. Detestavi il mio lavoro, il mio ufficio, molte persone che ci lavoravano, alcuni miei amici, i miei clienti, e io avevo incominciato di nuovo, come prima, a tornare a casa tardi, prima alle diciannove, poi alle venti e infine dopo le ventuno...
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...Quell’ultima estate, infatti, non è stata delle migliori. A metà giugno, nel pieno successo del mio giornale (avevo finalmente realizzato il mio sogno, ero diventato anche editore), mi hai detto: «Amore, voglio andare in vacanza! Se non vieni, ti lascio!». E così mi sono attaccato ancora a quel sogno che mi aveva fatto vivere due anni e mezzo indimenticabili e mi aveva permesso di convincermi che ce l’avrei fatta a cambiare. Due mesi e mezzo di vacanza tra Ibiza, Formentera e Los Angeles. La passione era calata, avevo fatto addirittura cilecca, e noi eravamo lontani. In America non ti potevo vedere, non ti sopportavo più. Ma siamo andati avanti, convinti che il nostro amore incondizionato era sempre lo stesso, sempre così forte da farci superare ogni ostacolo. Ma io ormai ero diventato troppo debole. Ero incapace di fermarmi e di fermarti, di ammettere la realtà a me stesso. Avevi deciso, e niente poteva più farti cambiare idea: volevi assolutamente quel figlio che hai sempre desiderato, che hai sempre cercato in tutte le storie, senza mai trovare il coraggio per fare quel passo decisivo che hai voluto fare per la prima volta con me: ci sei riuscita e finalmente sei rimasta incinta. È stato lo stress, il dolore, la paura? No, non ci credo. Credo sia stato il destino. Forse meritavi di più. E così, incredibilmente, vista la tua salute e la tua giovane età, è successo: abbiamo perso il bambino. E ti dico la verità, credo che in parte lo abbiamo perso perché quel figlio lo hai sempre voluto egoisticamente solo e soltanto tu, per te stessa. Non te l’ho mai detto, non ne ho mai avuto il coraggio e la possibilità. Quando siamo andati alle Maldive l’ultima volta, dopo l’aborto spontaneo, per riprovarci di nuovo e subito, pregavo perché tu non rimanessi più incinta, lo speravo con tutto il mio cuore. Quando, tre giorni dopo essere tornati a Milano, mi hai chiamato per dirmi che il test era negativo, ero felice e sollevato, ma subito dopo mi si è gelato il sangue, perché avevo realizzato che sarebbe finita, per sempre (...).
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Poi il vuoto, un mese e mezzo senza fare l’amore, il tuo viaggio in Argentina senza di me, la tua presa di coscienza, quell’ultimo triste, divertente e passionale weekend. Fino a Roma, la tua nuova passione che aveva riacceso il fuoco, la tua “pancia” che si faceva sentire di nuovo, il tuo cambiamento, ma io non c’ero più! Così, dopo la prima naturale reazione di rabbia e sgomento, per la prima volta dopo tre anni e mezzo non ti ho più rincorso, perché sapevo che quella luce che dicevi sempre di cercare nei miei occhi non sarebbe più tornata! Molto spesso è più facile rincorrere qualcosa che ammettere a se stessi che è finita. Ma i ricordi non si possono mai cancellare. E, come vedi, io non li cancello.