Bruno Perini, Il Fatto Quotidiano 8/1/2014, 8 gennaio 2014
BAZOLI, IL GRANDE VECCHIO DOPO CUCCIA
Tra i dinosauri che popolano da decenni la finanza italiana è il più coriaceo. E a dispetto di Diego Della Valle che gli ha chiesto più volte di farsi da parte, lui ha dimostrato anche di recente che il suo sistema di potere è non facilmente scalfibile. Giovanni Bazoli, 82 anni, sposato con Elena Wuhrer, presidente del consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, presidente della finanziaria bresciana Mittel, padre spirituale della finanza cattolica bresciana, banchiere di lungo corso, chiamato negli anni 80 dall’allora ministro delle Finanze Nino Andreatta a salvare e poi gestire il Banco Ambrosiano ridotto a pezzi dalla P2, grande amico di Romano Prodi, uomo di potere con un grande peso decisionale tra gli azionisti del Corriere della Sera, mentore del direttore Ferruccio de Bortoli, è tutt’altro che un sopravvissuto o una scoria della galassia impazzita di Mediobanca.
LUI IN VERITÀ di quella galassia non ha mai fatto parte. Anzi è stato sempre un concorrente della banca guidata da Enrico Cuccia. E anche se non è mai riuscito a costruire una merchant bank con le caratteristiche di Mediobanca, alla fine degli anni 90, poco prima della morte di Cuccia, Bazoli è riuscito in un’impresa impensabile fino a quel momento: scalare e poi acquisire l’allora potente Banca Commerciale Italiana, una delle punte del sistema che ruotava attorno a Enrico Cuccia. È vero che alla fine degli anni Novanta la Comit era in una fase di grande decadenza, come ha raccontato di recente lo stesso Bazoli, citando una lettera di Cuccia, ma comunque nessuno aveva osato sfidare il banchiere siciliano che considerava la Comit “roba sua”. Un colpo da maestro, quello di Bazoli, che partorì prima Banca Intesa, frutto della fusione con la Cariplo e la Comit poi, attraverso la fusione con Imi e SanPaolo, l’attuale Intesa Sanpaolo. Ovvero il più potente gruppo bancario Italiano, il regista, finanziatore e in alcuni casi azionista delle più importanti operazioni industriali e infrastrutturali degli ultimi decenni. A Bazoli non piace il termine “banca di sistema” ma è di questo che si tratta: il gruppo bancario ha fatto da regista alla disastrosa operazione Alitalia, è diventato azionista di maggioranza con Gavio del progetto di costruzione dell’ autostrada Brebemi, è azionista della tangenziale esterna di Milano e finanzia la gran parte delle opere pubbliche italiane. Un sistema di potere costruito pazientemente da Giovanni Bazoli e successivamente da Corrado Passera, che, malgrado le simpatie di Bazoli per il centro sinistra, ha affiancato anche governi di centro destra.
Nella storia recente del gruppo Intesa Sanpaolo, c’è stato qualcuno che ha tentato di smontare la cosiddetta banca di sistema voluta da Bazoli, Passera e Gaetano Miccichè, ma ha dovuto fare i conti proprio con Bazoli e con il suo potere: si tratta di Enrico Tommaso Cucchiani, il banchiere che è stato consigliere delegato e capo azienda di Intesa San-paolo dal dicembre 2011 al settembre 2013.
SI RACCONTA che Cucchiani volesse demolire la banca-azionista voluta da Bazoli e Passera e tornare a una dimensione di banca tradizionale che presta denaro senza vestire i panni dell’azionista. Alla fine però l’ha vinta il padre e padrone di Intesa che ha liquidato Cucchiani con una buonuscita miliardaria riprendendosi i poteri violati. La parentesi Cucchiani è tuttavia un grande neo per Giovanni Bazoli: i torinesi del gruppo Intesa, e non soltanto loro, gli rimproverano di aver introdotto Cucchiani ai vertici dell’istituto di credito senza che ci fosse un dossier pro veritate su di lui che ad esempio verificasse le indiscrezioni di suoi legami con il piduista e faccendiere Luigi Bisignani o i suoi legami con la finanza internazionale. La meteora Cucchiani resta ancora un mistero ma è certo che uno dei depositari di quel mistero è proprio Bazoli.
Non è questa l’unica ombra nella storia recente del banchiere bresciano: nelle zone grige della banca c’è ancora il caso Zaleski, il finanziere franco-polacco che grazie all’amicizia con Bazoli riuscì a ottenere finanziamenti a pioggia per le sue spericolate operazioni finanziarie. È una storiaccia che esplode soltanto quando si capisce che il gigantesco indebitamento di Romain Zaleski è a rischio massimo e deve passare alla voce sofferenze. Il caso è tutt’altro che risolto e anche in questa occasione gli azionisti storici della banca indicano in Bazoli il responsabile di quel disastro debitorio cresciuto a vista d’occhio fino al punto da mettere a rischio i conti della banca.
CHI HA SEGUITO la storia di Zaleski racconta che i tentativi di ristrutturare il debito sono stati molti, ma ancora oggi gli incagli non sono affatto superati e toccherà al nuovo amministratore delegato, Carlo Messina, dipanare la delicata matassa. In un’intervista rilasciata a Report nel 2013 fu proprio Enrico Cucchiani, allora consigliere delegato, a scaricare la responsabilità del caso sulla gestione precedente alla sua. Nell’intervista alla giornalista Giovanna Boursier, che chiedeva come mai il gruppo Intesa non avesse chiesto a Zaleski di rientrare, il banchiere rispose senza mezzi termini: quando vennero stanziati i finanziamenti destinati a Zaleski io non c’ero.
Una battuta che Bazoli non digerirà mai, ma con la quale non potrà non fare i conti.