Luigi Offeddu, Corriere della Sera 8/1/2014, 8 gennaio 2014
«UN DIRITTO IL COGNOME MATERNO» L’EUROPA CONDANNA L’ITALIA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — Se un papà e una mamma vogliono dare al proprio figlio o alla propria figlia il solo cognome materno, hanno il diritto di farlo e nessun funzionario dell’anagrafe o magistrato di qualsiasi grado può loro impedirlo. Lo ha decretato ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, condannando l’Italia per aver violato i diritti di una coppia di coniugi milanesi, l’avvocato Luigi Fazzo e la moglie Alessandra Cusan, ex ricercatrice: questi ultimi avevano concordato di attribuire alla figlia Maddalena — nata il 26 aprile 1999 — il cognome della madre invece di quello del padre. E, più tardi, avevano preso la stessa decisione per gli altri due figli. Ma lo Stato italiano aveva loro impedito di registrare la scelta all’anagrafe, per tutta la prole. Allora, e formalmente ancora oggi, in Italia si poteva e si può portare il doppio cognome, ma non soltanto quello materno (un meccanismo per assicurare quest’ultimo diritto esiste già nelle prefetture, dice il ministro della giustizia Annamaria Cancellieri, ma bisogna renderlo «più pratico ed efficace»).
Sul «caso-pilota» di Maddalena si era così accesa una battaglia giuridica, durata per anni: «Al rifiuto — ha ricordato ieri l’avvocato Fazzo — i figli sono stati iscritti con il cognome paterno e successivamente, per vie amministrative, è stato aggiunto quello materno. Non c’era un motivo particolare per privilegiare un cognome piuttosto che un altro. Proveniamo entrambi da famiglie penso dignitose e che non hanno nulla da nascondere: era una questione di principio contro un’odiosa discriminazione, e proprio per questo sono sempre stato al fianco di mia moglie in questa battaglia».
Ora, nella sentenza che avrà valore definitivo fra tre mesi, i giudici di Strasburgo dicono che l’Italia deve «adottare riforme» legislative o di altra natura per rimediare ai diritti violati. E cioè, in particolare: il diritto di non discriminazione fra i genitori, insieme con il diritto al rispetto della vita familiare e privata. «Sono doppiamente felice e soddisfatto — ha detto ancora l’avvocato Fazzo — , come uomo e come padre ho sempre trovato odiosa questa discriminazione nei confronti delle donne, e come giurista l’ho sempre ritenuta una grave lacuna».
La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ben distinta dalla Corte di giustizia europea che ha sede al Lussemburgo, basa le sue sentenze sulla convenzione internazionale dei diritti dell’uomo: nel caso dell’Italia, i giudici hanno stabilito che «se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica, e non è necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani, l’inesistenza di una deroga a questa regola nel momento dell’iscrizione all’anagrafe di un nuovo nato è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne».
«La Corte di Strasburgo ha ragione» — ha commentato ieri il presidente del Consiglio Enrico Letta, affidando ad un tweet il suo plauso alla decisione della Corte europea: dei diritti dell’uomo «Adeguare in Italia le norme sul cognome dei nuovi nati — ha scritto Letta — è un obbligo».