Giulia Zonca, La Stampa 8/1/2014, 8 gennaio 2014
JUSTIN VIVE IN AUTO PER INSEGUIRE IL SOGNO DI ANDARE ALLE OLIMPIADI
Sulle montagne di Park City c’è un’automobile con un sogno dentro. È parcheggiata a fondo pista e non si sposta quasi mai di lì perché Justin Reiter l’ha riempita con la sua vita e l’ha trasformata in un simbolo di determinazione.
Lui è uno snowboarder americano e si sta preparando per le Olimpiadi. Cinque mesi fa ha deciso che per raggiungere l’obiettivo ci voleva concentrazione e dedizione e ha ridotto la quotidianità all’essenziale: 2 sacchi a pelo, 2 camicie, 5 magliette, 2 paia di jeans, abbigliamento tecnico per allenarsi, toilette portatile, uno scatolone di plastica dove tenere a tenuta stagna gli utensili da cucina, un forno da campo, scarpe da ginnastica, scarponi, biancheria, acqua, mountain bike e iPad.
Vita basica e testa ai Giochi. Justin non è uno squattrinato, ha un lavoro, ma l’ha congelato perché a 32 anni non avrà un’altra possibilità di andare alle Olimpiadi e non poteva sciare part time: «Sono sempre stato coscienzioso, lo snowboard fa parte della mia vita da quando sono piccolo ma non ho trascurato la scuola per praticarlo e non ho cercato di vivere su una tavola solo che questa volta ho rischiato, ho puntato sulla mia fissazione. Dopo Sochi tornerò alla normalità».
Ha abolito i tempi di spostamento, i pensieri extra, le responsabilità, le spese e le sue giornate ora sono tutte identiche e solitarie. Reiter è un estremista, si è concesso giusto qualche visita alla mamma in Colorado con un paio di notti in un letto vero. Per la palestra, la fisioterapia e i controlli sfrutta il centro della nazionale Usa, si è trasferito nello Utah giusto per stare vicino alla struttura ma è rimasto fedele al suo schema di allenamento: mountain bike per i boschi e snowboard sulla neve. Ha un altro paio di gare di qualificazione poi saprà se avrà centrato la convocazione per la Russia, se questa trasferta in campeggio perpetuo ha avuto un senso.
«Immagino che altri darebbero di matto a vivere in questo modo però io ho esattamente quello che voglio. Mi sveglio con una vista spettacolare, sono nel mio elemento e non campo in un’utilitaria, è un Suv bello ampio». Lo ha pure diviso in stanze. Dietro c’è la camera da letto, sul tetto la cucina, al posto del guidatore l’ufficio con l’agenda su cui segnare i progressi e le scadenze oltre all’iPad che lo tiene collegato al mondo. Un mondo che al momento lui non riesce a riconoscere, le notizie sono echi distanti, le email quasi lo sorprendono anche se Justin elenca ogni gara e ogni numero che gli riesce in pista sulla pagina Facebook e si è abituato a rispondere alla curiosità della gente: «Quante ore dormi?», «Non fa freddo lì dentro?», «Sicuro che siano le condizioni ideali per dare il meglio?»
Reiter non è più sicuro di nulla, a furia di togliere, ridurre e focalizzare il futuro ha smesso di farsi domande: «Non sto su un’isola deserta, ho tutto sotto controllo e ormai manca meno di un mese ai Giochi». Ragiona per sottrazione, quindi valuta solo problemi pratici, le questione filosofiche sono state archiviate, come l’impiego a tempo pieno e i rapporti sociali.
Ogni tanto torna alla civiltà, si allunga in città per fare provviste, per controllare l’attrezzatura o mangiarsi una pizza però non perde mai di vista la dimensione che ha scelto. All’inizio la ragione era economica, ma ormai si è convinto che questo ascetismo lo fortifichi, lo renda un tutt’uno con la sua tavola, quella che dovrà accompagnarlo all’oro: «Gli atleti sono superstiziosi, non nominano le medaglie ma non puoi fare tutto questo e poi raccontarti che vuoi partecipare. Io devo arrivare su quel podio».
Esserci significherebbe già cambiare il destino. Nel 2006 non era abbastanza bravo per meritarsi il pass, nel 2010 si è infortunato e ha smesso: «Credevo di aver perso il mio turno e tenere lo snowboard come hobby non aveva senso. Dopo due anni però ho iniziato ad agitarmi. Mi sentivo infelice e incompleto e ho capito che avevo lasciato un lavoro in sospeso». Lì ha cominciato a misurare il bagagliaio e a immaginare che si potesse quasi soppalcare. Oggi su un livello c’è il letto, sull’altro lo scatolone dei vestiti: «Mai stato così ordinato».
Sembra una riedizione di «Into the Wild - Nelle terre selvagge», senza zaino in spalla e senza finale tragico, però l’atmosfera è la stessa: grandi silenzi, una sfida che diventa centro dell’esistenza e un’avventura ormai trasformata in ricerca. Reiter vuole vedere fino a dove può arrivare, quanto si può esaltare lo spirito con una preparazione così. Gli Usa hanno 24 posti per lo snowboard, divisi nelle quattro diverse discipline, lui non è ancora sicuro di riuscire a mettere le mani su un pettorale ma per la prima volta ha attirato l’attenzione di uno sponsor.
Un marchio ha investito per filmare le sue giornate spartane, il filmato, con tanto di slogan, sarà montato e trasmesso nelle pubblicità americane durante le Olimpiadi. Non è ancora una qualificazione ma è quanto meno una presenza, anche se il rischio è che la casa mobile riesca a farsi notare più di lui.