Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 7/1/2014, 7 gennaio 2014
MENO SPRECHI E UNA SPESA MIGLIORE
Carlo Cottarelli mi riceve al primo piano del grande palazzo di via XX Settembre, al Ministero del Tesoro. Fisicamente rassomiglia al mio amico Massimo, un medico dello sport, velista, sci-alpinista, lo battezzo all’istante una persona perbene, franca, con lui mi sento subito a mio agio.
Lo informo che non posseggo i «fondamentali» per fare l’intervistatore, per cui gli farò solo una domanda, poi ascolterò la sua risposta, che riporterò così, nature. Quando incontro un uomo di grande potere cerco di immaginarmi come mi comporterei io al suo posto. A proposito, lavoro affascinante il suo, lo conosco bene, l’ho fatto per tanti anni, in luoghi e contesti diversi, ma io avevo poteri assoluti, la fortuna di riferire solo ad azionisti consci di avermi affidato, di volta in volta, un’azienda fallita. Immagino non sia io suo caso.
Comunque, ha fatto bene Carlo Cottarelli ad accettare l’incarico, scelta che può essere solo dettata dal cuore e dal voler cercare di dare un contributo al proprio Paese. È chiaro che l’incarico di Commissario alla Spending Review può essere svolto in diversi modi, dal più banale al più radicale. Se immagino la macchina dello Stato come un edificio, a prima vista sembra un bel complesso edilizio, in realtà ha molti problemi, necessita di una ristrutturazione radicale, solo il guscio, che è di grande pregio, è accettabile.
«Lei è un uomo di mondo», gli chiedo. «Le hanno dato un incarico, formalmente roboante, ma l’obiettivo vero che ha in testa Letta qual è? Sostituire la tappezzeria e spolverare i soprammobili? Oppure concentrarsi via via su pezzi della casa e ristrutturarla tutta? Lei è un professionista, conosce le tecniche che si applicano in questi casi, sa che noi esperti del ramo siamo in grado di capire, in base alla metodologia che lei adotterà, che tipo di risultati potrà ottenere. Quale allora la sua metodologia di lavoro?»
«Chiaramente il compito non è facile», risponde Cottarelli. «Non si tratta solo di spolverare i soprammobili ma di trovare risparmi di spesa significativi nella spesa pubblica e di aumentare la qualità dei servizi pubblici. Io ho due compiti principali. Il primo è quello di portare a termine questa revisione della spesa che copre il periodo 2014-16 e che riguarda sia l’eliminazione degli sprechi che questioni di “perimetro” cioè se le amministrazioni pubbliche fanno cose che non dovrebbero fare perché a basso valore aggiunto. Il secondo è quello di istituzionalizzare la spending review, per renderla un elemento “normale” della programmazione della spesa pubblica. Il primo compito è quello che assorbe al momento quasi tutto il mio tempo.
Il metodo di lavoro è innovativo. Non lavoriamo separatamente dalla pubblica amministrazione ma insieme alla pubblica amministrazione. Questo è necessario perché la pubblica amministrazione possiede un bagaglio di informazioni ed esperienze che non può essere trascurato. Naturalmente c’è un rischio di inerzia. Per questo abbiamo inserito nei vari gruppi di lavoro che passeranno al settaccio la spesa pubblica rappresentanti non solo dei centri di spesa (per esempio i vari ministeri) che gestiscono la spesa, ma anche “esterni” con il compito di stimolare la discussione e fare domande “difficili”.
I tempi sono stretti. Una prima fase di lavori tecnici saranno completati entro febbraio con l’idea di fornire proposte per la preparazione del Documento di Economia e Finanza della primavera del 2014. I lavori tecnici continueranno durante l’estate per fornire un input alla legge di stabilità del 2015. Vista l’ampiezza dei temi trattati occorre lavorare rapidamente. I gruppi di lavoro sono stati formati e hanno cominciato ad operare, anche se con qualche ritardo in alcuni casi. Attendo i risultati. Ma manterrò una autonomia di giudizio rispetto a quanto emerge dai gruppi di lavoro.
Ma nel medio periodo è il secondo compito che diventerà più importante e richiederà trasformare i dirigenti pubblici in manager che gestiscono la spesa con l’obiettivo di fornire servizi di alta qualità al più basso costo possibile per il contribuente. Le tecniche, introdotte ormai da anni in diversi paesi, di program budgeting e performance budgeting sono volte proprio a questo a gestire il denaro pubblico avendo in mente non solo il rispetto di regole formali ma soprattutto il raggiungimento di certi obiettivi che possono essere chiaramente misurati.
La legge sul bilancio dello stato della fine del 2012 (la Legge 196) mirava ad ottenere questo ma è stata realizzata in modo piuttosto formale, non sostanziale. Occorre superare questo e renderla effettiva. Il che richiederà parecchio tempo. Sono riforme che richiedono anni perché comportano un cambiamento profondo anche nella mentalità dei dipendenti pubblici. Ci sono riusciti in tanti altri paesi. Ci deve riuscire anche l’Italia».
Caro Carlo, doverosi gli auguri, il tuo successo sarà il nostro successo.