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 2014  gennaio 07 Martedì calendario

L’ELOGIO DI BERGOGLIO ALLA «SANTA FURBIZIA» CHE EBBERO I MAGI


L’Epifania del Papa si conclude fra i bambini, a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, una parrocchia alla periferia Nord di Roma che ha preparato un presepe vivente con le botteghe e le case di Betlemme, duecento figuranti e un Gesù di due mesi appena battezzato col nome di Francesco, quasi due ore tra migliaia di fedeli, palloncini e caramelle e le domande ai più piccoli: «Il Natale finisce, ma Gesù rimane sempre con noi: credete questo?». E i bimbi: «Sììì!». «E il diavolo rimane?». «Nooo!».
La versione più semplice ed essenziale di quanto Francesco aveva detto la mattina a San Pietro, invitando a non accontentarsi «di una vita mediocre, del piccolo cabotaggio», ma a seguire invece «la santa furbizia» e l’esempio dei Magi: «Si tratta di quella scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli ed evitarli. I Magi seppero usare questa luce di "furbizia" quando, sulla via del ritorno, decisero di non passare dal palazzo tenebroso di Erode, ma di percorrere un’altra strada».
Diabolici, i pericoli: «Tutto un mondo edificato sul dominio, sul successo, sull’avere e sulla corruzione, è messo in crisi da un Bambino!». Erode arriva così a uccidere i bambini. «Si mostra sospettoso e preoccupato per la nascita di un fragile Bambino che egli sente come un rivale. In realtà Gesù non è venuto ad abbattere lui, misero fantoccio, ma il Principe di questo mondo!», scandisce Francesco. «Ma il re e i suoi consiglieri sentono scricchiolare le impalcature del loro potere, temono che vengano capovolte le regole del gioco, smascherate le apparenze». Per andare «oltre le sirene» della «mondanità» bisogna seguire il cammino dei «saggi venuti da Oriente», spiega il Papa: «Occorre accogliere nel nostro cuore la luce di Dio e, nello stesso tempo, coltivare quella furbizia spirituale che sa coniugare semplicità ed astuzia, come chiede Gesù ai discepoli: “Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”».
Nel giorno dei Magi, che «seguendo una luce cercano la Luce», è importante che Francesco, all’Angelus, vada oltre il testo scritto per i fedeli e si rivolga a braccio e «rispettosamente» anche ai «lontani», dagli agnostici ai non credenti: «Mi piacerebbe — sinceramente, eh! — mi piacerebbe dire a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, a quelli che sono timorosi e indifferenti: il Signore chiama anche te, chiama ad essere parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore! Il Signore ti chiama, ti cerca, ti aspetta. Il Signore non fa proselitismo, dà amore. E questo amore cerca e aspetta te, che in questo momento non credi o sei lontano».
L’idea ignaziana di Dio che «è già all’opera», che «ci precede» e cerca per primo è centrale nel magistero di Francesco. Misericordia, tenerezza. La Chiesa non fa proselitismo e l’audacia missionaria è un’altra cosa. Quella che ieri sera elogiava parlando al parroco don Dario, regista del presepe vivente: «Per mettere su tutto questo devi essere matto, ma va bene: queste pazzie piacciono a Dio...».
Gian Guido Vecchi