Filippo Facci, Libero 7/1/2014, 7 gennaio 2014
FASSINA IL VECCHIO SVELA LA VERITÀ SUL SUO GOVERNO: SOLTANTO CEROTTI
Il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista a Stefano Fassina che dice cose interessanti per almeno tre ragioni: perché evidenzia che Fassina è il vecchio e Renzi è il nuovo, perché pone dubbi sulla funzione effettiva di questo governo e perché lascia intendere chiaramente a che cosa corrispondano il presente e il futuro della politica. Si potrebbe aggiungere che il parallelo tra i due evidenzia anche le differenze «programmatiche» tra una vecchia e nuova sinistra (la posizione sull’articolo 18, su Marchionne, sul riformismo eccetera) ma questo ora interessa meno.
Associare Fassina al vecchio, anzitutto, non significa incasellarlo in un peggio rispetto a un meglio: significa capire che direzione sta prendendo la politica. Il ministro dimissionario, benché giovane, nell’intervista ammette bonariamente di essere un «grigio burocrate» a cui non interessa la battuta di Renzi in sé, quella del «Fassina chi»: gli interessano «i contenuti », «una questione di dignità personale e politica», queste cose. Bene: c’è da credere che invece a Renzi, mentre la faceva, interessasse perlopiù la battuta. Non c’era un fine diretto, la consapevolezza di creare quella reazione: c’è che la battuta e il confronto coi media per Renzi sono pressoché tutto, perché la comunicazione per Renzi non è al servizio della politica: la sostituisce. È la lezione di Berlusconi in salsa Twitter. Non interessa, ora, che Fassina avesse già in animo di dimettersi e che abbia solo cercato un pretesto: nel mondo dei Fassina le dimissioni dovevano imbarazzare l’avversario, metterlo in difficoltà, ma nella bolla comunicativa di Renzi - più in sintonia coi tempi - il neo segretario si è limitato a fare una brillante battuta e poi ha fatto dimettere un rognoso avversario, dopodiché ha pure aggiunto che continuerà a fare battute e che le correnti piddine a lui non interessano, gli interessano gli elettori eccetera. Tre a zero per lui, anche se Fassina non lo sa. Nei fatti, il governo Letta si sta rottamando da solo: basta fare una battuta ai giornalisti. Il minimo dello sforzo, per Renzi. Fassina poi, nell’intervista, prosegue con la sua logica da vecchio apparato. Renzi, secondo lui, deve «sciogliere l’ambiguità della posizione della segreteria del Pd rispetto al governo», o meglio: «ha il dovere di incidere sulla posizione del governo». Verrebbe da rispondere: e chi l’ha detto, dove sta scritto? «Incidere» significa chiedere un rimpasto di governo, stringi stringi: non è che esista moltissimo altro. E questo, da una parte, riporta ai tempi di Ciriaco De Mita e ai governi del secolo scorso, quando il cambio della segreteria democristiana si traduceva in ministri che entravano e in altri che uscivano. Infatti Renzi, che è furbo, ha già mandato a dire - domenica - che la sua preoccupazione «sono gli italiani senza posto di lavoro, non i politici che si preoccupano di quale poltrona possa cambiare». Demagogia? Diciamo comunicazione, comunicazione e comunicazione: altro non gli interessa. Forse si poteva aggiungere che la logica del rimpasto e del «vecchio» Fassina, a dirla tutta, non avrebbe avuto senso neanche negli Anni Ottanta: quello di Enrico Letta infatti non è un governo di coalizione cui hanno dato l’imprimatur le segreterie di Partito, semmai è un governo d’emergenza, di larghe intese, una compagine messa insieme essenzialmente dal Capo dello Stato per fare un paio di cose urgenti.
Ecco, quali? L’intervista a Fassina è interessante anche per questo, perché riassume il governo Letta in questo modo: «C’è la piattaforma di garanzia per il credito delle piccole imprese, la salvaguardia di 23 mila esodati, abbiamo ridotto di tre miliardi il cuneo fiscale, bloccato gli aumenti per i contributi delle partite Iva, trovato tante risorse per le calamità naturali e il dissesto idrogeologico...». Provate a rileggere e poi dite se non l’avete notato: i provvedimenti citati da Fassina sono tutte pezze, toppe, improvvisata manutenzione, tentativi di limitare dei danni fatti da governi precedenti: non esiste altro, non c’è programma, non c’è semina né idea di futuro. Primum vivere, in ogni senso. Infine: Fassina ha esorcizzato un possibile «Pd di Renzi che rischia di comportarsi come il Pdl di Berlusconi negli ultimi mesi del governo Monti... c’era chi si prendeva tutta la responsabilità di stare al governo e dall’altra chi invece faceva campagna elettorale». Ecco, su questo - nostra opinione - Fassina ha solo da rassegnarsi: il trend è definitivo, e non risparmia nessuno. Da molti anni, ormai, si vive una sorta di campagna elettorale permanente che ha schiacciato la politica sul presente, sugli slogan, sui sondaggi, sul parolame da talkshow a tutte le ore, sulle «battute» che non a caso rendono meglio una riunione di segreteria. Tutti dicono tutto, i governi vengono contestati anche dai partiti che li compongono: un doppio binario che in parte è mera ipocrisia e in parte mira a blandire il popolo prima di spremerlo con provvedimenti lacrime e sangue. La comunicazione ormai s’avvia non solo a sostituire la sostanza della politica, ma anche la semplice verità dei fatti. Accadono cose, si parla di altre.