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 2014  gennaio 07 Martedì calendario

PUTIN IL PALAZZO D’INVERNO – [SOCHI PAURA E GRANDEUR I GIOCHI DI VLADIMIR]


Ma dove si nascondono i cinquantamila poliziotti promessi da Vladimir Putin per neutralizzare la minaccia terroristica che incombe sui prossimi Giochi invernali ai piedi del turbolento Caucaso? Dove sono le forze di sicurezza russe con cui il leader del Cremlino intende proteggere il pubblico e gli atleti che tra un mese esatto si daranno appuntamento nella Portofino russa sulle coste del Mar Nero? Al momento, salvo pochi agenti che sbarrano l’ingresso dei cantieri ai non addetti ai lavori, le uniche falangi presenti sono composte da operai, giardinieri, imbianchini,falegnami,saldatorieingegnerichestannoultimandol’edificazione di una ciclopica Disneyland postmoderna: il Parco olimpico di Adler, centro nevralgico dei prossimi Giochi invernali, a 28 di chilometri da Sochi e a un paio dai primi salienti del massiccio caucasico.

«In realtà, l’apparato di sicurezza è già operativo da prima che i due kamikaze si facessero esplodere lo scorso dicembre a Volgograd. L’intera regione è stata circondata da decine di posti di blocco per chiudere e filtrare tutte le strade verso la costa. Nell’area sono anche arrivati reparti dell’esercito per affrontare un’eventuale offensiva jihadista su larga scala. E per sorvegliare le gare è probabile che si ricorrerà ai droni», spiega Oleg Novikov, un giornalista locale che da due anni denuncia ogni ruberia, corruzione o abuso compiuti dagli organizzatori di “Sochi 2014”. Lavoro immane quello di Oleg, perché qui ogni cosa è fuori misura, a cominciare dai soldi già spesi per l’impresa, 38 miliardi di euro, che arriveranno a 50 e ne faranno le Olimpiadi più costose della storia.
Nel cantiere del Parco olimpico entriamo di straforo, salendo su un pullmino di operai armeni recentemente reclutati: come il grosso delle maestranze, anche le migliaia di uomini assoldati nelle ultime settimane per i ritocchi finali sono per lo più azeri, tagichi, uzbechi o provenienti da altre ex repubbliche sovietiche. «Molti di loro lavorano senza neanche un contratto, facendo turni di 10-12 ore per pochi rubli, ma nessuno si lamenta per paura di perdere il posto», spiega il giornalista. Visti da vicino, il palazzetto del ghiaccio Bolshoy e lo stadio Fisht dalle forme avveniristiche sembrano ancora più titanici. Passeggiandovi attorno, fino ai più prosaici capannoni che ospiteranno il centro fitness o la mensa per gli sportivi, siamo ovunque investiti dal puzzo del letame che in questi giorni decine di camion scaricano a tonnellate per rinvigorire le aiuole, i giardini e gli spazi verdi appena creati. Ma i progettisti hanno voluto strafare: nel tentativo di mascherare l’aspetto troppo balneare del luogo, in mezzo alle specie locali, quali palme e oleandri, hanno trapiantato dai boschi di alta montagna quantità di abeti destinati a seccare con l’arrivo della bella stagione.
Dice Oleg: «Hanno distrutto quello che c’era per ricostruire tutto da zero. In fondo, Putin ha voluto emulare Pietro il Grande che fece sorgere San Pietroburgo dal nulla per farne la nuova capitale dell’impero. È la tipica irrazionalità russa, come lo è, del resto, l’aver voluto organizzare Olimpiadi invernali in riva al mare». Fatto sta che su quella che era la stazione di villeggiatura privilegiata dalla nomenklatura sovietica, con i sanatori e le dacie per gli apparatciki, è stata edificata una città futuribile con decine di nuovi alberghi e centinaia di condomini, mall e parchi divertimenti, destinati a durare ben oltre questi Giochi. Nel primo evento planetario dopo lo sgretolamento dell’Urss, Mosca vuole ostentare tutta la potenza russa con una sfida senza precedenti. E la sua scommessa Putin l’ha quasi vinta, riuscendo a costruire il circuito olimpico più compatto al mondo, dove si va a piedi dalla pista di hockey allo stadio del curling e dalla pista di pattinaggio di velocità a quella di pattinaggio di figura.
Secondo l’ex campione dello sci francese Jean-Claude Killy, chiamato dal presidente russo a dirigere la commissione che coordina i Giochi, a Sochi sono stati compiuti «lavori degni di Ercole». Quanto alla corruzione generalizzata dell’impresa, lo stesso Killy minimizza così: «Mi risulta che la corruzione esista ovunque quando si realizzano opere di questa portata. Che qui sia stata più importante che altrove, è tutto da dimostrare».
In realtà, i conti qualcuno li ha fatti. Gli esponenti del partito d’opposizione Solidarmost, capeggiati da Boris Nemtsov, che fu premier sotto Boris Eltsin, hanno compilato un rapporto secondo cui il presidente russo avrebbe stornato dalle spese per il finanziamento del progetto la cifra colossale di 20 miliardi di euro. «Putin si è comportato come un capo mafia, distribuendo gli appalti alla sua solita cerchia di sostenitori e, ovviamente, a chi lo ungeva di più. E si tratta di tanti soldi, perché oltre alle strutture per i Giochi, gli imprenditori vicini al presidente hanno ridisegnato e stravolto il tessuto urbano di decine di chilometri di costa», sostiene Oleg.
Alle sei di sera, quando gli operai staccano, Adler ritrova la malinconia di una città balneare in inverno, umida e deserta, con in più quei giganti architettonici che nella notte somigliano a colossali pachidermi addormentati. Il rumore del vento marino è rotto soltanto dal sibilo del nuovissimo treno elettrico che collega il Parco olimpico all’aeroporto e a Sochi. Al suo interno, uno speaker in inglese avverte che, unici luoghi di tutte le Russie, le città sulla costa così come le strutture olimpiche sono “smoke free”, e vi è quindi vietato fumare. Un altro nuovo treno porta da Adler nella valle Krassnaja Poljana, 50 chilometri verso l’interno e a 600 metri di altitudine. Da qui, si sale a quota 2000 metri, verso Rosa Khutor, resort appena ultimato con edifici color salmone che ospiteranno gli sportivi per le competizioni di sci alpino, bob, biathlon e snowboard. Quando c’è buona visibilità, dalle piste di Rosa Khutor si riesce a scorgere perfino il Mar Nero. Ma da lassù la vista è altrettanto mozzafiato sul lato opposto, ossia verso le sconfinate e intonse foreste del Caucaso, sovrastate in lontananza da decine di cime incappucciate di nevi eterne.
Già, ma la neve sulle piste? A Sochi il clima è sub-tropicale, e sulle montagne alle sue spalle le precipitazioni possono essere capricciose. «Questo luogo è stato scelto dal nostro presidente, che sulla Riviera russa viene ogni volta che può, possedendovi la sua residenza più lussuosa. Per un’eventuale mancanza di neve ha ovviato facendone mettere da parte, di quella caduta lo scorso anno, centinaia di migliaia di metri cubi». Ma nelle tre settimane che dureranno i Giochi, Putin la faccia se la giocherà con problemi ben più seri, perché un attacco terroristico sferrato a “Sochi 2014” potrebbe rivelarsi per lui un gravissimo autogol in termini di immagine. Per questo il presidente russo è tornato qui anche lo scorso weekend, improvvisandosi, come già altre volte in passato, super direttore dei lavori. Oltre a una sciata assieme al premier Dmitrij Medvedev, e alla parodia di una partita di hockey con il suo vecchio sodale, il dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko, ha ispezionato lui stesso ogni dettaglio sulla sicurezza. Per far sì che il mese prossimo l’“Olympiada vladimirovna”, l’Olimpiade di Vladimir, come a Sochi tutti chiamano i futuri Giochi invernali, rifletta la giusta luce sul suo artefice e principale protagonista.