Nicola Vassallo, L’Unità 7/1/2014, 7 gennaio 2014
SCIENTOLOGY E L’ANTI FILOSOFIA
NON HO MAI PROVATO FERVORE PER I FENOMENI MISTICHEGGIANTI, OCCIDENTALI O ORIENTALI, «SCIENTOLOGY» INCLUSO. NÉ DA INTELLETTUALE, NÉ DA SUPPORTER, o peggio da adepta-credente-praticante. Però, di Scientology, ne avevo sentito vociferare, a causa di parecchie celebrity, legate ai suoi dettami: da Tom Cruise a John Travolta, da Anne Archer a Lisa Marie Presley, tanto per citare qualche nome.
Perché stupirsene? Essere celebre non comporta essere dotato di un buon cervello, di qualità ragionative, della capacità di scegliere. E poi la solita banalità: i soldi non fanno la felicità, la comprano. Quando si tratta del significato della vita, c’è chi ricorre ai Monty Python e alla loro commedia cinematografica The Meaning of Life, ci sono, invece, troppe celebrity e non-celebrity che si lasciano sedurre da Scientology, che offre diversi corsi, servizi, e via dicendo, a pagamento. Numerosi fenomeni misticheggianti sono assetati, non di conoscenza, bensì di denari, movimenti che si proclamano «chiese», sapendo che ciò attrae adepti su adepti, in ogni luogo del pianeta, senz’altro più che proclamandosi «club di bocce».
Da vera e propria ritardata, il mio primo incontro diretto, in prima persona, con l’astuzia propagandistica di «Scientology», risale a qualche anno fa. Trascorrevo a Londra un periodo di lavoro, per ragionare su un volume (Per sentito dire. Conoscenza e testimonianza, uscito poi da Feltrinelli) in cui intendevo mostrare l’importanza della trasmissione coscienziosa della conoscenza, domandandomi di chi ci dovremmo fidare e di chi no, o in chi dovremmo confidare e in chi no. Non viviamo forse in un società, in cui acquisiamo da altri la maggior parte delle informazioni e delle conoscenze necessario per vivere? Già, ma chi sono questi altri? Ci trasmettono informazioni e conoscenze, per generosità, con sincerità, per l’amore della condivisione, per educarci, oppure con obiettivi di diverso tipo, tra cui quello di ricavare profitti e vantaggi. E, sì, spesso, accade, di imbatterà in chi accattone, lo avremmo definito un tempo ci decanta un prodotto (un qualsiasi prodotto: dal dentifricio al candidato politico, dall’Eau de Cologne al corpo di una escort) non in quanto lui creda nella bontà dello stesso, ma piuttosto per propinarcelo, a qualunque costo, in ogni senso del termine «costo». Tanto per citare un altro esempio, i media, invece, cosa volevano indurci a credere, fare, acquistare, e quali vantaggi hanno tratto nell’attribuire, prontamente e senza uno straccio di prova, la strage di Oslo ai fondamentalisti musulmani, per, poi, appena la verità ha avuto la meglio, dare notizia dell’attentatore norvegese, senza mettere in dubbio la propria attendibilità, senza porgere le dovute scuse a lettori e ascoltatori ingannati?
Torniamo a Londra. A passeggio per Tottenham Court Road, mi imbatto in Scientology, in presa diretta, e, nello specifico, in uno scaltro cartellone della «chiesa» in cui ci viene domandato «Do you ever get stressed?». Palese che sì! A chi di noi non è mai capitato di sentirti stressato? Scientology deve dunque rappresentare la nostra soluzione. Tra l’altro, curiosa e agghiacciante coincidenza: metropolitana a parte, un attacco terroristico a matrice, questa volta sì, musulmana, a pochi passi, da Tottenham, aveva colpito un double-bus: come non provare, comunque, una sorta di stress? Da agnostica personalmente e da filosofa della conoscenza pubblicamente, Scientology non mi offre tuttavia alcuna soluzione: per il mio stress e il significato della vita, meglio davvero i Monty Python. Per di più, coltivo il lecito sospetto che L. Ron Hubbard (il guru, il fondatore) soffrisse della patologia del bugiardo cronico tale è del resto stato giudicato da una Corte Suprema californiana.
SENZA DISTINZIONI
Meglio distinguere tra quanto è conoscenza e quanto conoscenza non è. Proprio perché sulla conoscenza Scientology insiste, in un prodigioso cocktail, illusorio, se non allucinatorio, in cui si mescolano etica, medicina, metafisica, mistica, spiritualità, teologia, verità. Proprio perché manca una definizione sensata di questi concetti da parte di adepti-credenti-praticanti (guru o meno). Proprio perché Scientology pare propagandare e vendere «insegnamenti» omofobici, nonché discutibili pratiche contro le donne. Oltre che propagandare e vendere parecchio altro.
A parte la mia irritazione per l’impiego abusivo di termini filosofici di cui gli adepti-credenti-praticanti, invece, si nutrono, a mo’ di pappagalli (come, del resto, avviene in altri business misticheggianti), la semplice esperienza diretta a Tottenham Court Road con Scientology mi ricorda ancor oggi quanto i cosiddetti uomini della strada riescano a cadere in molteplici dipendenze disinformative e mendaci, che tocca alla filosofia della conoscenza evidenziare e denunciare, ma di cui si devono più attivamente occupare le scienze della psiche: la cura delle dipendenze spetta, del resto, a loro.
Scientology, i cui adepti-credenti-praticanti inseguono chissà quale pace, non mi lascia ultimamente «in pace»: mi ha recapitato, presso l’indirizzo postale universitario, qualche magazine, da loro definitivi «opuscoli», definizione per celare la sovraccarica ricchezza del mezzo (ben catturabile già su internet, attraverso un sollecitante sito): alta qualità della carta e delle immagini, con in aggiunta un dvd. Quanto eccesso destinato a me! In una lettera acclusa a uno dei magazine ricevuti, un certo Luigi Brambani, con la qualifica di «Direttore degli affari pubblici», sostiene di scrivermi in quanto mi troverei «in sintonia» con gli interessi e le attività di Scientology, e menziona, tra le tante altre cose bella tecnica di persuasione retorico-ingannevole la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Il che mi conduce a interrogarmi su chi di diritti umani si riempie la bocca, senza far fronte di fatto alle tante tipologie di schiavitù visibili e invisibili, schiavitù globali, economiche e sessuali, contro cui si rendono urgenti azioni, chiarendo prima chi è umano: gli schiavisti e le schiaviste attuali, presenti in ogni dove, sotto ogni forma, Italia inclusa, lo sono?
Filosoficamente c’è da sospettare di un «opuscolo» opulento che riporta slogan quali «in che modo aiutiamo», «uniti per i diritti umani», «rendere i diritti umani una realtà in tutto il mondo», «il più grande programma di sensibilizzazione sui diritti umani, patrocinato dalla Chiesa di Scientology», e che tenta di convertirti con immagini ben studiate, nonché con dichiarazioni ad hoc, rilasciate da esponenti pubblici, di cui si riporta, la sola qualifica, senza il nome e cognome. Se, da una parte, potrebbe trattarsi del più grande programma d’indottrinamento, dall’altra rimane per noi doveroso conoscere l’identità di chi sta dietro le dichiarazioni. Un esempio a caso: «Presidente dell’Unione Africana» è qualifica di cui hanno goduto in parecchi. Basilare sapere che, tra questi, si trovi Mu’ammar Gheddafi, per capire l’importanza conoscitiva o la viltà disinformativa da attribuire alle dichiarazioni di costui. L’esca dei diritti umani, nonché esche simili, ben confezionate, insieme alla trovata delle qualifiche: superbi trucchi di un fenomeno che inneggia alla conoscenza non avendo idea di cosa essa sia e in cosa consti un’affidabile trasmissione della stessa.