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 2014  gennaio 08 Mercoledì calendario

SOCHI BLINDATA, SONO GIOCHI DI GUERRA

Nel luglio 2007, quando il Cio assegnò a Sochi l’organizzazione dei Giochi invernali 2014, Putin garantì per un’edizione «sicura, divertente e memorabile». A meno di un mese dalla cerimonia inaugurale queste rassicurazioni paiono fuori luogo.

Controlli
«Tutte le divisioni responsabili di garantire la sicurezza degli ospiti ai Giochi sono state messe in allerta combattimento» ha annunciato ieri il ministro responsabile delle situazioni di emergenza, Vladimir Puchkov. Dopo l’escalation di attentati sono state annunciate nuove, costosissime e restrittive misure di sicurezza per i Giochi già più dispendiose della storia (si parla di 50 miliardi di dollari). Trentasettemila fra poliziotti, soldati e forze speciali saranno impegnati per i Giochi. Previste due zone: una «controllata» vicino alle strutture olimpiche limiterà l’accesso alle persone con biglietto e documento di identità, una «vietata» estesa attorno a Sochi. I servizi segreti (Fsb) terranno sotto controllo il traffico da cellulari e su email e tutti gli stranieri saranno obbligati a registrarsi on-line. Da ieri tutti i veicoli sono stati banditi eccetto quelli registrati a Sochi o in possesso di uno dei 12 mila pass speciali per l’Olimpiade. In campo decine di droni e sistemi di difesa anti aerea Pantsir-S, ultima generazione di missili aria-terra.

Attentati
Oltre ogni limite il livello di allerta, già alto dall’estate scorsa quando il ceceno Doku Umarov, autoproclamatosi Emiro del Caucaso, scatenò la Jihad russa contro i Giochi. «Guerra all’Olimpiade, massima forza per sabotarla» era lo slogan. I recenti attentati con oltre 30 morti a Volgograd, porta del Caucaso a 600 km da Sochi, dimostrano che non si trattava di minacce infondate. La scelta di organizzare in un’area così conflittuale l’Olimpiade di Putin — «Olimpiada Vladimirovna» come la chiamano in Russia — è politica, a dimostrarlo ci sono i particolari. Krasnaja Poljana, che ospiterà sci e snowboard, è un luogo che gronda di storia e sangue. Qui nel 1864 i circassi persero l’ultima battaglia contro il dominio dell’Impero russo. E dopo il via libera delle manifestazioni di protesta, seppure solo se approvate dal ministero e in zone definite, vogliono un riconoscimento del genocidio di cui sono stati vittime. Secondo Ekaterina Sokirianskaia, direttore del progetto «nord Caucaso» dell’International Crisis Group, in Daghestan negli ultimi mesi il governo ha inasprito la repressione, con esecuzioni di sospetti terroristi e la distruzione delle case dei loro parenti. La linea dura non ha risparmiato le altre Repubbliche attorno a Sochi: in Inguscezia i parenti dei presunti ribelli sono stati privati di case e proprietà. E la Duma ha approvato a novembre la legge voluta da Putin che farà pagare ai famigliari dei terroristi i danni degli attacchi.

Minacce
Putin è stato a Sochi nei giorni scorsi per trascorrere il Natale ortodosso, ha visitato le varie sedi e sciato. «E’ tutto pronto — assicura Dmitry Chernyshenko, capo del comitato organizzatore —, dagli impianti alle nuove strade e ferrovie». Ma Sergey Domorat, funzionario della municipalità di Sochi, non è così ottimista: «Nessuno può escludere la minaccia terroristica».