Sebastaino Vernazza, La Gazzetta dello Sport 8/1/2014, 8 gennaio 2014
100 ANNI DI ROVESCIATA
Il rovescio della medaglia. Diritto e rovescio. Rovesciamento di fronte. La rovesciata. Dal verbo rovesciare, che ha molti significati: versare, voltare, capovolgersi, ribaltarsi. La rovesciata compie cent’anni, anche se la questione è controversa, fa litigare Cile e Perù, due Paesi del Sudamerica.
La definizione
Per prima cosa bisogna definire la rovesciata. Così prendiamo in prestito le parole usate da Luigi «Cina» Bonizzoni. Compagno di scuola e amico di Gianni Brera, Bonizzoni, scomparso nel 2012 all’età di 93 anni, è stato un maestro di calcio: l’ha praticato, insegnato e divulgato. Un benemerito di Coverciano. Bonizzoni scrisse numerosi libri di tecnica, tattica e didattica calcistica e così codificò il gesto: «Per quanto riguarda il tiro in rovesciata, usato quando il giocatore è costretto a volgere le spalle alla porta, l’avvertenza principale è di cercare di imprimere al pallone una traiettoria tesa. Si tratta di una tecnica difficile, che richiede doti acrobatiche e di coraggio e che comporta il rischio di farsi male cadendo a terra. La sua efficacia consiste nell’imprevedibilità e nella rapidità di esecuzione».
La versione cilena
Ramon Unzaga Asla, nato nel 1894, a Bilbao in Spagna, Paesi Baschi: dodicenne, emigra con la famiglia in Sudamerica. Lungo viaggio in nave, per sbarcare nel centro-sud del Cile, al porto di Talcahuano, sull’Oceano Pacifico. Ramon studia contabilità e trova lavoro come impiegato in una miniera di carbone, ma la sua passione è il calcio. È bravo e impressiona i dirigenti dell’Estrella de Mar di Talcahuano. A 18 anni entra in squadra, prende la nazionalità cilena. A gennaio del 1914, allo stadio El Morro di Talcahuano, Unzaga mostra per la prima volta una giocata che lì e forse in nessun altro luogo mai aveva no visto. Si libra in aria, con la schiena rivolta verso il terreno, e colpisce il pallone al volo, coi piedi al cielo. Bisogna trovare un nome alla capriola e si opta per «chorera», perché «choreros» sono chiamati gli abitanti di Talcahuano. «Choreros» deriva da «choro», che in lingua nativa quechua vuol dire mitile, nel senso del mollusco. La prima rovesciata della storia trattata alla stregua di una cozza. Qualche arbitro resta perplesso e fischia fallo per gioco pericoloso. Ramon partecipa più volte con la nazionale cilena alla Copa America e in questa competizione Unzaga si produce in diverse «choreras». Alcuni giornalisti argentini, folgorati da tanta bellezza, ribattezzano l’acrobazia, la chiamano «chilena». La stampa uruguaiana conia un’altra definizione, «la trizaga», perché secondo loro una cosa simile valeva per tre («aga» è un omaggio alla parte finale del cognome di Ramon). La denominazione «la chilena» vince per distacco, si diffonde, resiste all’usura del tempo e ancora oggi, in buona parte del Sudamerica, sta per rovesciata. Ramon Unzaga è sportivo a tutto tondo. Non solo calcio: gareggia in atletica, nuoto e pallanuoto. Muore giovane, a 29 anni nel 1923, per un attacco cardiaco legato forse al suo iperattivismo. A Talcahuano gli intitolano lo stadio «El Morro» e una via, Calle Ramom Unzaga, e al ristorante La Aguada si tramanda ancora oggi la leggenda del cileno volante. Negli anni Venti in Cile il testimone della «chilena» viene raccolto da David Arellano, co-fondatore e calciatore del Colo Colo. Nel 1927 la squadra di Santiago parte per una tournée in Europa, gioca diverse partite in Spagna e Arellano incanta gli spagnoli con diverse rovesciate. Secondo alcune fonti nasce qui e così il mito della «chilena», ma è una forzatura, la maggior parte degli storici attribuisce a Ramon Unzaga la primogenitura. Il 2 maggio del 1927 incontro esibizione del Colo Colo a Valladolid. Durante un contrasto in elevazione il 24enne Arellano, già sofferente per un’ernia, subisce un forte colpo all’addome. Forse è lui stesso a procurarselo con le proprie gambe o ginocchia, la dinamica non è chiara. Arellano muore. La diagnosi parla di peritonite non operabile per gli standard chirurgici dell’epoca. Lo choc è forte e segna la storia del calcio cileno. Ad Arellano è intitolato lo stadio Monumental di Santiago e il Colo Colo, in segno di lutto per la sua morte, continua a portare un fregio nero sulla maglia bianca. Curioso che i due primi «rovesciatori» del calcio siano morti giovani, come se una maledizione li avesse colpiti. Singolare che Ramon Unzaga abbia lasciato la natia Spagna per morire in Cile e che Arellano sia partito dal suo Cile per perdere la vita in Spagna. Destini incrociati. Anzi, rovesciati.
La versione peruviana
Una tesi genera l’antitesi. Non appena ha preso forza la ricostruzione cilena, è spuntata la rivendicazione peruviana. In Perù, ma non solo, sostengono che la prima rovesciata si sia ammirata 20-25 anni prima, a Callao, il più grande e importante porto del Paese. A Callao il calcio sbarca verso la fine dell’Ottocento, i primi palloni li introducono i marinai delle navi britanniche. Inglesi, scozzesi, gallesi e irlandesi esportano il nuovo sport. Un fenomeno diffuso ovunque: in Italia, nello stesso periodo, il football attecchisce a Genova con le medesime modalità. Secondo la tradizione orale peruviana la prima rovesciata la effettuò a Callao un portuale di colore, di origini africane, durante una partita mista tra marinai britannici e lavoratori locali. C’è chi ha provato a datare l’evento: forse il 1894, forse il 1892, ma è impossibile essere precisi. Di sicuro c’è che qui il sorprendente gesto tecnico prende il nome di «chalaca», perché «chalacos» sono chiamati gli abitanti di Callao. Tenete conto che in natura il «chalaco» è pesce tipico del mare davanti al Perù. Considerato che il primo nomignolo cileno («chorera») richiama una cozza, viene da sorridere: la rovesciata sembra essere nata in una pescheria.
Le versione italiana
A suo modo è significativo che la prima rovesciata italiana di un certo peso, la prima a essere entrata nella memoria collettiva, sia irregolare. Italia-Inghilterra, amichevole del 13 maggio 1939 a San Siro, 19’ della ripresa: Silvio Piola, centravanti azzurro, va in rovesciata, la palla entra in rete, proteste degli inglesi, ma l’arbitro, un tedesco, convalida. La partita finisce 2-2. Negli spogliatoi Piola ammette: «Ho colpito col pugno». La rovesciata italiana più famosa è però un’altra e da decenni campeggia sulle bustine delle figurine Panini. È l’immortale rovesciata-sforbiciata di Carlo Parola. Firenze, domenica 15 gennaio 1950, ore sedici circa: Fiorentina-Juve si trascina stancamente verso la fine, un brutto 0-0. Corrado Bianchi, fotografo a bordo campo, armeggia con la Leica. Pomeriggio stracco, pochi scatti di rilievo. Parte un lancio per Pandolfini, centrocampista della Viola. Pandolfini si fionda, ma Carlo Parola, difensore della Juve, lo anticipa in acrobazia, con una rovesciata. Il fotoreporter Bianchi coglie l’attimo fuggente e vende la foto a un giornale. Anni più tardi il suo scatto diventa un disegno stilizzato, il logo delle figurine Panini. Immagine pubblicata su milioni di pacchetti e album, ma Bianchi non ne ricava che poche migliaia di lire. Meglio va a Carlo Parola. Nel suo libro Un secolo azzurro , appena uscito da Longanesi, Alfio Caruso racconta che nel 1983 Giampiero Boniperti si impone con la Panini e fa riconoscere un premio da 100 milioni di lire al 62enne Carlo Parola, in difficoltà economiche. Inevitabile riallacciarsi agli amari destini di Unzaga e Arellano. Chi di rovesciata ferisce...