Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano 5/1/2014, 5 gennaio 2014
SHALABAYEVA, LA VERA STORIA
CARO FURIO COLOMBO, ricordi Alma Shalabayeva? Abbiamo tutti salutato con sincera ammirazione il lavoro del ministro Bonino, poche parole e un fatto essenziale: l’ostaggio illegalmente prelevato dall’Italia e la sua bambina adesso sono libere e in salvo. Ma qual è la vera storia?
Anna
FORSE PER CASO, forse di proposito, la lettera di oggi usa l’espressione “la vera storia” di Shalabayeva, che è esattamente il titolo di un articolo di Augusto Perboni, (“Il Tempo”, 30 dicembre) completato con questa seconda riga: “Non esistono intrighi internazionali”. Spesso si dice che i titoli non sono responsabilità dei giornalisti che firmano, e di solito è vero. Non è importante se lo sia in questo caso perché l’articolo corrisponde esattamente al titolo. È un articolo dettagliato e con una rigorosa concatenazione di eventi senza alcun salto logico. Ci sono però due punti da discutere e che creano una curiosa perdita di orientamento, come la storia fosse scritta da Dan Brown, invece che da un giornalista investigativo. Il lavoro del giornalista non è in discussione. Ma perché la sua missione prevedeva che l’autore dovesse ignorare del tutto il lavoro del ministro Bonino, che si è messa all’opera con il pesante handicap di essere stata tenuta, fino al momento della espulsione-rapimento, all’oscuro di tutto? Ecco il primo punto importante. Nella “vera storia” manca del tutto la storia della Bonino. Qui c’è un debito di riconoscimento del merito di un successo diplomatico. Le vittime di un simile evento non tornano da sole. Eppure di tutto questo non sappiamo nulla. Ed ecco il secondo punto: tutta la vera storia è narrata sul versante dei rapitori mandanti e dei sequestratori comandati. Deve esserci stato un suggerimento ferreo a seguire binari neutri, nell’articolo che sto discutendo. Ma noi, qui, non sappiamo chi ha dato gli ordini. E avendo di fronte una storia densa, coerente, ben narrata, e ricca di dettagli, non conosciamo le fonti. Chi ha detto cosa, chi ha deciso, chi ha eseguito, in quale connessione, stipulata dove e perché, fra diplomatici (o autorità) del Kazakistan e istituzioni italiane prima del rapimento , e chi si è assunto la responsabilità di offrire al giornalista notizie importanti che però restano anonime per mancanza di fonti e di mandanti (nel senso politico, prima che giudiziario)? Qualcuno ha fatto accordi e ha dato ordini e quel qualcuno doveva essere un politico, non poteva essere un funzionario. Ciò che è accaduto sfugge vistosamente persino alla responsabilità dei vertici delle nostre polizie. Ci vuole un percorso, ci vogliono delle ragioni, ci vuole una decisione politica che deve essere per forza collegiale, internazionale e firmata. Da chi? Il testo sembra scagionare del tutto la polizia italiana ma in realtà la lascia sola con un grande e inspiegato scandalo diplomatico, politico e, forse, d’affari, che a tutti si può addebitare tranne che a un prefetto o a un questore. Nessuno ha provato a intervistare il ministro degli Interni Alfano? Nel clima sereno di un’intervista forse avrebbe potuto essere più espressivo che alla Camera. Ma senza quella verifica, nonostante il buon lavoro del collega, la “vera storia” manca .
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
lettere@ilfattoquotidiano.it