F.B., Libero 5/1/2014, 5 gennaio 2014
SONO PRONTO A COMPRARE IL FATTO
[Maurizio Mian]
Dietro ogni grande cane c’è sempre un uomo. Nel caso del pastore tedesco Gunther, editore dell’Unità ed ereditiero, c’è Maurizio Mian, rampollo della famiglia Gentili, quelli dell’omonima (e redditizia) casa farmaceutica.
«Devo dire che il Fatto sul mio conto non ha scritto falsità, a parte qualche imprecisione. Intanto, hanno detto che non sono stupido. Invece lo sembro. Scherzi a parte,non è vero che ho comprato la rivista americana Penthouse. Ci abbiamo provato, ma non ci siamo riusciti».
Però è vero che il suo cane Gunther ha ereditato una fortuna.
«Sì, da mia madre. La Gentili farmaceutica era in gran parte sua, poi è passata a me. Era domiciliata all’estero, ed è vero che abbiamo scudato i soldi e li abbiamo fatti rientrare in Italia. Prima dello scudo, sono stati creati alcuni trust all’estero, con Gunther beneficiario. Poiché un cane non può ereditare, io sono l’amministratore, sono un care taker, colui che si prende cura dell’animale».
Quindi l’eredità è di Gunther.
«Sì, e lo dimostra la foto che ha pubblicato ieri il Fatto. Appare un cane, che nella didascalia viene indicato come Gunther IV. In realtà, quel cane è morto. Ora c’è suo figlio, Gunther V. Che ha ereditato i soldi».
Di che cifra parliamo, per capirsi?
«Nel ’93 erano circa 137 milioni. Ora credo che siano di più».
Una parte dei quali sono serviti per acquistare azioni dell’Unità.
«Circa il 20%, anche se le percentuali sono cambiate di poco. Ora mi pare che siamo attorno al 27%, ma potrei sbagliarmi. Abbiamo contribuito a pagare anche lo stipendio di Travaglio, quando collaborava. Lui ha detto che erano cifre basse, mi dispiace. Travaglio lo apprezzo, spero accetti il mio invito».
Si riferisce all’invito a Miami, dove la Gunther Reform Holding si occupa di ricerche sulla felicità.
«Portiamo avanti un esperimento. Cerchiamo la felicità perfetta. Anche se il nostro metodo non è riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale. Siamo una sorta di metodo Stamina della felicità. Abbiamo preso ispirazione dagli allevatori di cani. In ogni allevamento c’è un gruppo di cinque esemplari, tre femmine e due maschi, che sono i più belli e probabilmente anche i più felici. Io mi sono occupato di neuroscienze, con l’ausilio di psicologi proviamo a trasferire questo esempio sugli uomini. Cerchiamo di formare un gruppo di persone, quasi dei “super eroi” della felicità».
Cinque persone. Tre femmine e due maschi.
«Sì. Devono essere ricchi, avere una sessualità nuova, promiscua, essere famosi, belli, dotati intellettualmente e con propensione allo sport e allo spettacolo. Pensiamo che questo genere di gruppo possa raggiungere la felicità perfetta. Si tratta di un modello che abbiamo sviluppato per lo più virtualmente, utilizzando avatar. Anche perché, con persone reali si potrebbe rischiare di andare fuori dalla moralità e forse anche dalla legalità».
Però tentate anche con persone in carne e ossa.
«Sì, volontari. Anche se non sono perfetti come nel modello virtuale».
Ci tiene molto, alla sua ricerca.
«Sì, e la invito a venire a Miami a vedere».
Ci penserò. Travaglio ha declinato.
«Spero che venga. Mi pare sia stato gentile, lo invito davvero. Abbiamo in programma di investire sui media. Non so chi sia l’editore del Fatto, ma sono disponibile da subito a comprare delle quote. Io e Gunther diventeremmo soci volentieri».
F.B.