Francesco Borgonovo, Libero 5/1/2014, 5 gennaio 2014
IL METODO BOFFO DI TRAVAGLIO SUL CANE GUNTHER
In principio era il «metodo Boffo», ora - grazie al Fatto - siamo giunti alla nuova e definitiva frontiera: il «metodo Fuffi». Ai tempi aurei del berlusconismo imperante e della «Macchina del fango» che compariva dietro ogni angolo, l’intera stampa progressista si beava di mettere in croce Libero e il Giornale per le inchieste su Gianfranco Fini e la casa di Montecarlo, evocando lo spettro dell’ex direttore di Avvenire e della nota vicenda che lo ha riguardato. «Servi, prezzolati, leccapiedi», guaivano gli editorialisti di sinistra all’indirizzo dei colleghi altrimenti orientati. Il vicedirettore del Giornale, Nicola Porro, fu martoriato per un’improvvida battuta telefonica all’addetto stampa di Confindustria. Parlò ridendo di «sguinzagliare i segugi» (nel senso di cronisti d’assalto) e ne scaturì un putiferio che la metà bastava.
Ora, invece, ad occuparsi di canidi è Marco Travaglio in carne, ossa e stempiatura. Non si cimenta con i segugi bensì con un pastore tedesco di nome Gunther, che di professione fa l’editore dell’Unità. In teoria, lo scontro dovrebbe essere alla pari: un giornalista cane da guardia del potere contro un editore cane da guardia e basta.
La sfida comincia quando il vicedirettore del Fatto verga un poderoso editoriale contro l’Unità, giornale a cui ha collaborato per circa sette anni. Il bersaglio è Maria Claudia Ioannucci, ex senatrice di Forza Italia entrata a far parte degli azionisti del quotidiano fondato da Gramsci e rea di aver assistito, in qualità di avvocato, Valter Lavitola. Come se un legale dovesse occuparsi solo di onest’uomini. Tra una manganellata e l’altra agli ex compagni, il Marco Furioso ha rifilato pure una pedata al malcapitato pastore tedesco: «Il cane Gunther, intestatario dell’italianissima società del socio-immobiliarista Maurizio Mian “Gunther Reform Holding Spa”, a mezzadria fra Pisa e le Bahamas, ha dato la sua approvazione abbaiando tre volte al sol dell’avvenire». Si riferiva al fatto che la bestiola beneficia di una discreta sommetta (vari milioni di euro) ricevuta in eredità da Maria Gabriella Gentili, dell’omonima casa farmaceutica. I denari, a quanto risulta, sono gestiti, attraverso un trust, da Maurizio Mian, figlio della signora, poiché il cane per ovvi motivi non può disporne. Tra i vari investimenti effettuati negli anni da Gunther c’è l’acquisto di un 20 per cento circa del pacchetto azionario dell’Unità.
A stretto giro è arrivata l’indignata risposta del direttore del quotidiano rosso Luca Landò, che a quanto pare non è molto esperto di cani, poiché - parole sue -ha lavorato come neurobiologo «facendo ricerche sui neuroni di calamari e gamberetti». Preferiamo non sapere come tutto ciò sia collegato alla sua attuale attività di giornalista. Landò, per un riflesso condizionato, ha accusato Travaglio di aver utilizzato contro il suo giornale il «metodo Boffo». Beh, si sbagliava. La vera vittima è Gunther. Il cagnone, infatti, ha firmato - assieme ad alcuni suoi collaboratori - una lettera al Fatto in cui ribadiva di non aver mai preteso alcunché dai giornalisti dell’Unità onde non «intaccare la loro libertà di scelta e di pensiero». Non solo. Ha definito Travaglio «uomo intelligente e affascinante» e lo ha invitato a Miami, dove la Gunther Reform Holding svolge attività di ricerca sulla felicità, allietate dalla presenza delle procaci Charlotte e Christine.
Tra tanta tenerezza, il pastore tedesco ha pure mordicchiato il sederino di Marco, sostenendo di aver contribuito a pagargli lo stipendio nei giorni in cui collaborava all’Unità. Non lo avesse mai fatto. Prima Travaglio si è scatenato replicando alla missiva e sbertucciando Gunther e il suo proprietario Mian. Poi ha scatenato i suoi segugi. Ieri, in risposta al blando morsicare del cucciolone, il Fatto ha scodellato un articolo alla carta vetrata contro Mian. Non hanno scritto alcunché di falso, per carità (come, del resto, nulla di falso c’era nelle inchieste sull’affaire Montecarlo). Però hanno confezionato un dossierino piuttosto completo. Roba che, l’avesse messa in pagina Libero, sarebbe stata bollata all’istante di «metodo Boffo». A Repubblica, dove ci tengono a far sapere di conoscere le lingue, avrebbero parlato di «character assassination», demolizione ad personam. Ci dispiace, per Gunther. Se il pastore-editore avesse investito i suoi denari in biscottini o nell’acquisto della celebre rivista Cavalli&Segugi, probabilmente non gli sarebbe accaduto nulla. Invece, ecco il proverbiale caso giornalistico dell’uomo che morde il cane. Vero accanimento, con bava alla bocca in omaggio.
Restando in ambito canino, la vera bastardata del Fatto è un’altra. E non c’entra Gunther (che alla fine, complice il robusto lascito di cui gode, vivrà felice). La vittima, stavolta, è la ministra Nunzia De Girolamo. Quand’era una semplice deputata del Pdl, ha partecipato a riunioni (che si svolgevano a casa di suo padre) con alcuni dirigenti dell’Asl di Benevento. Uno di questi, di nascosto, ha registrato le conversazioni che avvenivano durante gli incontri. Trattasi dell’ex direttore amministrativo Felice Pisapia, coinvolto in un’inchiesta per truffa e peculato che - spiega il Fatto- gli è costata «l’obbligo di dimora a Salerno». Tra le varie frasi che si sentono sui nastri, secondo il giornale di Padellaro e Travaglio, ci sarebbero anche quelle con cui la De Girolamo dice ai dirigenti Asl: «Stronzi, comando io». Che cattivona, rimedia proprio una brutta figura. Peccato che lei, per quei fatti, non sia nemmeno indagata. Mentre l’uomo che ha registrato tutto ha il chiaro obiettivo di «dimostrare di essere solo un ingranaggio del sistema » e dunque discolparsi. Ma a finire alla gogna, ovvio, è Nunzia. Che volete, è la nuova frontiera delle intercettazioni. Le fa chi è coinvolto in un’inchiesta, poi qualcuno dalla Procura le gira ai giornali. Chissà, magari di questo passo verrà il giorno in cui i politici si intercetteranno da soli e convocheranno conferenze stampa per sputtanarsi. Nel frattempo, ci pensa il Fatto.