Anna Lagorio, Il Sole 24 Ore 5/1/2014, 5 gennaio 2014
LA PENNA MESSA A NUDO
Un tempo, le vacanze erano scandite da rituali precisi. Fra questi, c’era l’obbligo di scrivere cartoline e comprare souvenir per chi era rimasto a casa. Il bottino dei ricordi comprendeva gondole, torri di Pisa, colossei che cambiano colore. Ma, per i più smaliziati, esisteva anche un universo alternativo, fatto di ammiccamenti, lingerie di seta e sogni a occhi aperti. Era il grande teatro delle "penne erotiche", composto da pin-up galleggianti in abiti neri. Bastava inclinare la penna verso il basso e i vestiti della modella scomparivano, dando vita a un piccolo striptease portatile. Si trovavano sulle bancarelle, un po’ appartate rispetto al resto della mercanzia.
Per anni, le "floaty pen" sono state un fenomeno di massa e hanno rispecchiato gioiosamente i cambiamenti sociali. Per datarle, infatti, basta osservare la foggia della biancheria intima: negli anni Sessanta prevalgono corsetti e reggicalze, mentre, dagli anni Settanta in poi, le modelle gettano il reggiseno alle ortiche, in omaggio al movimento di liberazione sessuale.
Oggi, queste penne sono una rarità e i collezionisti sono disposti a cercarle ovunque, dai mercatini delle pulci alle aste online, dove fanno bella mostra di sé accanto a marchi prestigiosi, come Montblanc o Cartier (a differenza di queste ultime, però, il valore è molto più contenuto: si va da 20-30 euro per un esemplare in buone condizioni, fino a 100-150 per oggetti introvabili). I pezzi più ricercati sono quelli prodotti da Eskesen, un’azienda danese fondata nel 1946 da Peder Eskesen, ex panettiere con il pallino per le invenzioni. A lui si deve la scoperta di un olio minerale capace di non ossidarsi né di intorbidirsi. Ideale quindi per durare a lungo e mantenere inalterata la visibilità di questi teatrini subacquei. Siamo nel ’45. Eskesen non è l’unico a interessarsi alle penne-diorami, ma è il più veloce a depositarne il brevetto. Subito dopo, la Esso lo contatta per chiedergli una penna capace di ricordare la viscosità del carburante.
Eskesen non se lo fa dire due volte e inizia a costruire il suo primo modello: il corpo è in plastica bianca (per far risaltare al meglio la tonalità ambrata dell’olio-benzina), mentre pennino, ghiera e fermaglio sono in metallo. Dentro la finestrella galleggia un barile di greggio. Da quel momento in poi, le floaty pen fanno il giro del mondo: lo scià di Persia ne commissiona una serie per immortalare i membri della sua famiglia. La Disney le usa per promuovere film e parchi tematici. Fra i clienti, ci sono presidenti, multinazionali, musei. Ma il fiore all’occhiello della società è il turismo: Eskesen incapsula tutta l’iconografia di viaggio in composizioni dai toni sgargianti. La sua squadra di disegnatori fa a gara per sfidare il formato lillipuziano e inventa scenografie elaborate, composte da un fondale fisso, un proscenio e una scena centrale in movimento. Qui, sfilano danzatrici hawaiane in gonnellino semovente, branchi di cavallucci marini, alligatori in vacanza, navi pronte al varo, missioni spaziali. Ma i peep show come nascono? Dopo quel primo ordine della Esso, a Eskesen resta un dubbio: che cosa succederebbe se gli autisti ricevessero una donna da spogliare invece che un barile di benzina? Il resto è una piccola trasgressione d’inchiostro.