Andrea Kerbaker, Il Sole 24 Ore 5/1/2014, 5 gennaio 2014
INDRO, BIBLIOTECA «NERVOSA»
«Tu non sei ’omo da biblioteca. Sei un gattaccio da strada, è lì che devi stare». Le parole di Emilio Cecchi disegnano bene il profilo di Indro Montanelli, per definizione allergico alla polvere degli scaffali, a cui preferiva di gran lunga incontri dal vivo, che davano spunto tanto ai suoi articoli quanto ai celebri ritratti; d’altronde, diceva il giornalista, «la sola idea di svolgere ricerche in archivio mi dà i sudori freddi».
A prima vista, sembra quindi uno sforzo inutile quello dei bibliotecari di Fucecchio, dove oggi sono radunati i libri appartenuti a Montanelli, che per anni hanno frugato tra quegli scaffali alla ricerca di tracce utili a comprendere meglio l’uomo e il giornalista; tanto più che tra gli ottomila volumi, provenienti da fonti e lasciti diversi, le assenze paiono più significative delle presenze. Anima vagabonda e irrequieta, Montanelli tendeva infatti a non conservare i libri che transitavano per le sue mani. Così, dalla biblioteca ne mancano innumerevoli tra quelli che ha recensito o che si è trovato a citare; ed è inutile chiedersi dove diavolo siano finiti: regalati, persi, abbandonati, magari in Estonia durante la guerra o in Ungheria nel ’56...
Eppure quelle indagini non sono superflue, come ci mostra questo Tra i libri di Indro, curato con encomiabile attenzione da Federica Depaolis, autrice di una lunga prefazione e di quasi duemila schede, che riservano indicazioni preziose. Per esempio tracce rare dei due compagni di stanza del «Corriere»: un dattiloscritto di Un amore con correzioni autografe di Buzzati e la copia annotata della prima edizione del Viaggio in Italia di Piovene. Ecco la massa infinita dei libri di Spadolini – quasi 70, in gran parte dedicati – a suggello dell’amicizia di una vita; oppure un diario autografo inedito di Ugo Ojetti, regalato a Montanelli dalla figlia Paola. Alcuni testi rimandano all’esperienza fiorentina, come i volumi inviati da Romano Bilenchi negli anni Trenta o i tanti del grande amico Mario Luzi. Come in tutte le raccolte che si rispettino, non mancano sorprese; forse la più inattesa, quasi al termine della catalogazione, è una dedica di Andrea Zanzotto. Non da poeta a giornalista, come ci si aspetterebbe, ma tra colleghi di fragilità di nervi: «A Indro Montanelli, questi antichi versi nervosi, connessi a disturbi nervosi da lui sempre meravigliosamente superati, con il sentimento della mia alta stima». Il catalogo chiude ricordandoci quanto spesso il percorso dei protagonisti del secolo breve è passato attraverso le paurose difficoltà della mente.