Elena Dusi, la Repubblica 5/1/2014, 5 gennaio 2014
LA CONQUISTA DELLO SPAZIO
Le bandiere di Usa e Urss non sono più sole sulla Luna. Anche il rosso cinese si staglia ora contro la polvere del sinus iridum, o mare dell’arcobaleno, con le sue stelle dorate stampigliate sul rover battezzato yutu, o Coniglio di Giada. Né l’enorme balzo di Pechino è destinato a restare isolato, accompagnato com’è (e come sarà) dai controbalzi indiani, americani, giapponesi, coreani, russi, europei, iraniani. Il nuovo risiko dello Spazio, insomma, non è più un braccio di ferro fra due superpotenze. Riflette piuttosto un mondo sfaccettato in cui soprattutto Cina, India, Giappone e Corea del Sud si sfidano a colpi di sonde per la supremazia in un’Asia mai sazia di affermazioni. E in cui gli Usa sono a caccia della vita su Marte, ma hanno bisogno di un passaggio (pagato a caro prezzo) dalle navicelle russe Soyuz per raggiungere la loro stazione spaziale. Quanto all’Europa, gioca a fare il terzo incomodo e confida che alla fine sarà lei, con ExoMars, a trovare le tracce di vita sul pianeta rosso. Perfino l’Iran si industria per portare un uomo in orbita: il 14 novembre Teheran ha completato un test spedendo in orbita una scimmia, poi tornata sana e salva.
Resi meno espliciti (ma non del tutto assenti) gli obiettivi militari, la nuova corsa dello Spazio assomiglia più a una passerella multicolore in cui ciascun paese porta la sua livrea e il suo prestigio. A mezza bocca però emerge fra le ambizioni dei paesi che rivolgono gli occhi all’insù l’idea di trovare su Luna o asteroidi le risorse minerarie che sulla Terra scarseggiano. La sonda Rosetta dell’Agenzia spaziale europea proverà ad “abbracciare” la cometa 67P nel novembre 2014, avvicinandosi lentamente e poi calando sulla sua superficie una sonda grande come un barile. La Nasa sta studiando una speciale tuta spaziale per permettere agli astronauti di lavorare (presumibilmente alla ricerca di materie prime) sui pianetini che continuamente si incrociano nel sistema solare. Il deficit di tecnologia è ancora enorme, ma la nuova corsa allo Spazio è una gara per riuscire forse un giorno a identificare, scavare e riportare sul nostro pianeta minerali preziosi che farebbero fare un balzo ineguagliabile — e molto terreno — al paese vincitore.
In attesa di tempi più redditizi, al momento dalle missioni spaziali si cerca di ricavare prestigio. «Una nuova gloria che la Cina ha dato all’umanità»: così l’agenzia giornalistica statale Xinhua ha celebrato l’allunaggio della sonda Chang’e-3, il 15 dicembre 2013. Senza attendere nemmeno una giornata, Pechino ha subito annunciato missioni più ambiziose. Nel 2017 una sonda cinese vorrebbe posarsi sulla Luna, raccogliere campioni di suolo e riportarli sulla Terra. Intorno al 2020 un taikonauta potrebbe tornare a saltare in mezzo alla magnifica desolazione. Nel frattempo il gigante asiatico punta a replicare quella stazione spaziale internazionale americana che — pur rivelatasi poco utile e molto dispendiosa — rappresenta pur sempre un capolavoro di ingegneria.
La Luna? Troppo vicina, scuotono le spalle alcuni. La vera sfida del risiko dello Spazio sarebbe Marte. Mentre il Coniglio di Giada viaggiava verso il satellite, la sonda indiana Mangalayaan usciva dall’orbita terrestre per lanciarsi nei 400 milioni di chilometri e 300 giorni di viaggio necessari a raggiungere il pianeta rosso (arrivo previsto per settembre 2014). Lì la missione studierà dall’orbita l’atmosfera e il suolo di Marte. E la sfida non si riduce al fatto che dagli anni ’60 a oggi quasi due missioni su tre, fra quelle dirette al più adatto alla vita fra i pianeti del sistema solare, sono fallite. L’India ha allestito anche una delle meno dispendiose missioni spaziali della storia. Peccato che l’utilitaria Mangalayaan (73 milioni di dollari) sarà sorpassata lungo l’autostrada Terra-Marte dalla super-sonda americana Maven, decollata da Cape Canaveral il 18 novembre e costata 671 milioni di dollari. L’obiettivo vicino delle missioni su Marte è capire perché il pianeta rosso, un tempo ricco d’acqua e temperato si sia ridotto a un deserto privo di atmosfera. Ma alle potenze in corsa nello spazio non manca un obiettivo più ambizioso (la Nasa parla del 2030 od oltre): portare un uomo a calpestare la polvere della vera nuova frontiera del sistema solare. In questa competizione, al momento gli Usa non sembrano avere veri rivali. Mosca con Marte ha sempre avuto poca fortuna. Una missione cinese nel novembre 2011 (in cui la sonda era trasportata da un razzo russo) non è riuscita nemmeno a staccarsi dall’orbita terrestre. Una simile umiliazione era capitata dieci anni fa al Giappone.
A rimarcare un’altra differenza con la Guerra fredda, la nuova corsa allo Spazio oggi procede in un clima di diplomazia almeno formale. Fanno eccezione Stati Uniti e Cina. Nel 2011 il Congresso Usa ha approvato una legge che vieta ogni contatto con gli scienziati di Pechino. Eppure il gigante asiatico resta l’unico oltre a Usa e Urss ad aver effettuato un atterraggio morbido sulla Luna e ad aver portato l’uomo nello spazio e si candida a diventare la vera terza potenza nell’esplorazione del sistema solare. A luglio di quest’anno, in vista dell’arrivo dei cinesi sul satellite, il Congresso Usa si è affrettato ad approvare una seconda legge, questa volta per proteggere i siti dove allunarono gli Apollo. Per questi appezzamenti di polvere varranno d’ora in poi le stesse regole dei parchi nazionali americani. Mancano solo i ranger con il cappello.