Alain Elkann, La Stampa 5/1/2014, 5 gennaio 2014
“ORA LE DONNE DEVONO ALLEARSI CON GLI UOMINI”
[Erica Jong]
Erica Jong, cosa sta succedendo, secondo lei, nel mondo femminile?
«Penso che sempre più persone stiano acquistando consapevolezza del fatto che i diritti delle donne sono diritti umani. L’uomo intelligente capisce bene che quando le donne sono istruite l’economia cresce».
Perché?
«Perché, quando le donne partecipano liberamente all’economia, la migliorano: non sono così intente a combattere guerre senza senso e desiderano maggior benessere per i loro figli. Certo, abbiamo bisogno dell’aiuto di alleati di sesso maschile. Saremmo pazze a rifiutare la loro collaborazione come abbiamo fatto in passato. Uomini e donne devono unirsi per rendere il mondo migliore».
Ma non è così ovunque?
«Non in Afghanistan. Il fondamentalismo dev’essere sconfitto perché è male, ovunque, tenere le donne a piedi nudi e incinte. Si ferma il progresso».
Oggi le donne rivestono ruoli molto importanti nel mondo. Penso ad Angela Merkel, al nuovo presidente della Federal Reserve e a Hillary Clinton. Pensa che Hillary diventerà Presidente degli Usa?
«Spero di sì. È così dotata. Sarebbe molto importante. Sì, è possibile, ma sarà una lotta. Lei - è evidente - è il politico di maggior talento che abbiamo negli Stati Uniti».
Com’è la situazione negli Stati Uniti?
«Per quanto riguarda la condizione femminile per qualche tempo siamo tornati a dormire, ma le donne più giovani sono sveglie. Nella nostra storia non abbiamo mai proceduto in linea retta, ma ora stiamo attraversando una nuova fase».
Possiamo dire che, almeno nella letteratura, le donne sono sempre state molto influenti?
«Saffo ha inventato la poesia d’amore. Le donne erano importanti fin dall’inizio, ma ora è in atto una profonda trasformazione e loro hanno sempre di più un ruolo alla pari nella società».
Che cosa sta scrivendo, ora?
«Sto finendo un romanzo sul diventare vecchi».
Qual è il titolo?
«Paura di morire. E’ un libro divertente tutto dedicato alla “follia” dell’età che avanza. È quando ti rendi conto che non sei immortale e inizi a fare i conti con il fatto che non ci sarai per sempre. Il libro parla in modo leggero di come affrontare la mortalità».
Lei si considera una scrittrice ebrea? O una scrittrice femminista?
«Mi considero una scrittrice americana con tutte le follie del caso. Abbiamo i nostri ideali di libertà e democrazia, ma non li rispecchiamo nelle nostre vite e così lo scrittore in America dev’esserne costantemente cosciente. Ovviamente la mia identità ebraica e le mie convinzioni femministe fanno parte dei miei scritti, ma non definiscono i miei libri».
Lei si sente vicina a scrittori come Philip Roth o Saul Bellow?
«Trovo che ci siano molte analogie tra Philip Roth e me. L’umorismo selvaggio e un sacco di spunti autobiografici».
I suoi libri sono per lo più di narrativa?
«Una combinazione di autobiografia e finzione. E ’ impossibile dire cosa è successo e cosa non è successo».
Quanto è brava nelle trame?
«Non credo che l’intreccio sia il mio punto di forza, ma mi piace che i miei personaggi si evolvano».
Qual è la posizione di una scrittrice nella società americana di oggi?
« Ne abbiamo molte brave e di sicuro oggi siamo più libere di scrivere della nostra vita di quanto lo siamo mai state. Penso di aver segnato un punto di rottura con la censura e con la paura e di aver permesso alle donne di scrivere onestamente della loro vita».
E che ci dice del sesso nei suoi libri?
«C’è sempre sesso nei miei libri, in parte perché associo il sesso alla libertà, ma non è di quello che scrivo».
Come ha iniziato il nuovo anno e quali sono i suoi desideri?
«Sono andata a un grande concerto jazz, a New York. Il mio primo desiderio è finire il mio romanzo. Sono molto felice della mia vita, vorrei avere sempre una buona salute e finire tutti i libri che ho in testa. Ho una nuova idea ma non voglio parlarne, porta male».
E’ un buon momento per l’America?
«E’ difficile parlare per l’intero Paese. Penso che stiamo cambiando. Oggi c’è un’enorme influenza della cultura latina. Mi manca l’Italia e dal mio punto di osservazione l’Italia sembra davvero nei pasticci. La politica è difficile da capire. Ma almeno vi siete sbarazzati di Berlusconi e questo è positivo».
Ha sempre avuto un rapporto speciale con l’Italia, non è vero?
«Sì, è un Paese che ti ricorda sempre che la vita va avanti. Mi piace l’atteggiamento nei confronti della vita, molto più fatalista che in America. L’America crede nel cambiamento ma, a volte, il cambiamento è solo una disillusione».
Pensa che la gente abbia ancora voglia di leggere libri?
«Sì, cambia la forma, ma chi legge continua a farlo. Non è, e mai sarà, un pubblico di massa come per la televisione: leggere è una cosa più intima».
Traduzione di Carla Reschia