Stefano Rizzato, La Stampa 5/1/2014, 5 gennaio 2014
“SE NON VENGONO RINCHIUSI FARANNO TUTTI LA STESSA FINE”
Chiunque sia, il giustiziere misterioso della Maremma, vendicatore di pecore e uccisore di lupi, ha prima di tutto commesso un reato. E rischia tra i quattro mesi e i due anni di carcere. Nel frattempo, si è attirato le simpatie - neppure troppo nascoste - di tanti allevatori della zona.
Gli stessi che da mesi protestano per gli attacchi in serie sui loro animali e che forse sono arrivati al punto da imbracciare le armi e provare a risolversela da soli. Il serial killer dei lupi potrebbe essere proprio un allevatore con la passione della caccia: non una rarità per una zona - quella del Grossetano - dove si pascolano ovini, si produce ottimo vino e da sempre va forte anche il tiro al cinghiale.
«Io a caccia non ci vado e le posso dire sono una cosa: non si può andare avanti così. I lupi qui non devono stare», taglia corto Dino Bellini, titolare a Batignano di un allevamento di circa 400 ovini. Qualche chilometro più a sud, a Scansano, c’è la fattoria di Piera Senette, che con il marito gestisce un gregge da 450 pecore. Tra agosto e settembre si è ritrovata con circa trenta animali uccisi, ma non è tra chi augura ai lupi di fare la stessa fine. «Non è che non li vogliamo, ma dovrebbero essere chiusi in un posto loro, perché è ovvio che cerchino da mangiare: è la natura».
In difesa della categoria, si prodiga da mesi Enrico Rabazzi, presidente della Cia di Grosseto. Che venerdì ha rilanciato: «Basta con la demagogia. Servono interventi seri e urgenti per porre fine a questo massacro delle greggi. La domanda è come mai la gente sia costretta a fare giustizia da sola». Tra le righe dell’ultimo comunicato, anche una provocazione: istituire “una tassa di scopo” per bilanciare le perdite causate da lupi e ibridi.
Proprio nella distinzione tra lupi e ibridi è in fondo la chiave della questione. Sono loro, gli incroci tra cani e lupi, ad avere meno paura dell’uomo e - in gran parte dei casi - a essere i veri responsabili degli attacchi. Quando si riesce a catturarli, vengono tenuti nei canili, a spese dei Comuni. E così qualcuno ha suggerito un approccio diverso: sopprimerli. «È una proposta che condivido», dice il presidente della Provincia di Grosseto Leonardo Marras. «Per quanto ne dicano gli animalisti, sono animali che nessuno adotta e che è dannoso rimettere in libertà. I comuni, per non doversi accollare costi insostenibili, spesso non li catturano proprio. E ora bisogna dare un segnale chiaro di fronte al malessere degli allevatori».
Difficile però che la proposta porti a qualcosa. Per le proteste degli animalisti, che già si sono schierati in difesa di lupi e ibridi, senza distinzioni. E anche perché a regolare la questione c’è la legge nazionale del 1991. «Non c’è una vera ragione di cambiarla», sostiene Enrico Loretti, veterinario dell’Asl di Firenze che monitora il randagismo per conto della Regione. «I dati e le esperienze di altri Paesi mostrano che la soppressione è una strategia perdente. Certo, i canili costano tanto ai comuni: qui in Toscana tra i quattro e gli otto euro al giorno per animale. Ma per prevenire i danni causati dai lupi ibridi, serve prima di tutto che i proprietari di cani facciano più attenzione».