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 2014  gennaio 05 Domenica calendario

IL VESCOVO MOGAVERO “È GIUSTO CHE LO STATO RICONOSCA LE COPPIE DI FATTO”


[Monsignor Mogavero]

«La legge non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi. Senza creare omologazione tra coppie di fatto e famiglie, è giusto che anche in Italia vengano riconosciute le unioni di fatto». A condividere la proposta del leader Pd Renzi è il vescovo canonista di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, ex sottosegretario Cei e attuale commissario per le migrazioni.
Sì può trovare un’intesa?
«Sì. Lo Stato può e deve rispettare e tutelare il patto che due conviventi hanno stretto tra loro. Contrasta con la misericordia cristiana e con i diritti universali il fatto che i conviventi per la legge non esistano. Oggi se uno dei due viene ricoverato in ospedale, all’altro viene negato persino di prestare assistenza o di ricevere informazioni mediche come se fosse una persona estranea. Mi pare legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il subentro nell’affitto in virtù della centralità della persona».
Su quali basi la Chiesa è disposta a trattare?
«Su tutto ciò che riguarda la sfera civile e umanitaria si può arrivare ad un accordo. E’ insostenibile che per la legge il convivente sia un signor nessuno. Le unioni civili riguardano i diritti di persone che nella relazione di coppia e sociale chiedono garanzie per il loro vivere quotidiano. Ciò non significa creare una forma giuridica di “famiglia di serie b” scimmiottando l’istituto matrimoniale. Senza equipararle alle coppie sposate, non ci sono ostacoli alle unioni civili. Nel documento in vista del Sinodo sulla famiglia, papa Francesco ci invita proprio a riflettere su queste “sfide” a tutto campo».
Quali sono i limiti?
«La legge deve riconoscere e garantire il patto stilato tra conviventi in quanto non si oppone all’ordine pubblico che rappresenta il limite giuridico oggettivo. Il rapporto di familiarità va al di là del vincolo matrimoniale. Non è qualcosa di più o di meno. E’ qualcosa di diverso. Consentire di prestare vicinanza o avere diritti nella vita quotidiana in comune non significa che lo Stato conferisca la patente di marito e moglie. Va tutelata la scelta di due persone che si sono consegnate reciprocamente la loro vita. Non è questione di dichiarare coniugi i conviventi. E’ giusto che una legge riconosca una situazione di fatto, senza così fabbricare surrogati giuridici all’unione coniugale. Serve una norma che testimoni vicinanza e umanità, cioè valori universali. Sono situazioni largamente diffuse che non si può più fingere di non vedere».
E per i figli delle coppie di fatto?
«In chiesa non possono esserci preclusioni in nulla per i figli di genitori non sposati. Le colpe dei padri (se di colpe si tratta) non possono mai ricadere sui figli. Perciò non si può negare il battesimo a un bambino. E non si possono indicare le coppie di fatto come persone che vivono nel peccato».
[GIA. GAL.]