F.M., Il Messaggero 4/1/2014, 4 gennaio 2014
COREA DEL NORD, L’ORRORE «LO ZIO DI KIM SBRANATO DA 120 CANI AFFAMATI»
L’ESECUZIONE
Nei dettagli raccontati c’è tutta la ferocia possibile e che si può immaginare nel dittatore Kim Jong-un, il trentenne dal viso paffuto che governa la Corea del Nord. Ma, appunto, che si può immaginare. E forse di immaginazione è stato prodigo il Wen Wei Po, giornale di Hong Kong, che ha raccontato - con eco inevitabilmente mondiale - come sarebbe avvenuta la morte dello zio del dittatore, Jang Song Thaek, accusato di cospirazione. Sarebbe stato ucciso con un sistema che in coreano si chiama “quan jue”, e che vuol dire essere giustiziati dai cani. Una pena che riporta a venti secoli fa, quando nell’Antica Roma si poteva essere condannati alla “damnatio ad bestias”, cioè ad essere sbranati vivi dalle belve.
Lo zio del dittatore è stato fatto spogliare - racconta il giornale cinese - e gettato nudo con altri suoi cinque “complici”, dentro un’arena con centoventi (sì, centoventi) cani feroci, che erano stati lasciati senza cibo per tre giorni. I sei disgraziati sono stati divorati sotto gli occhi del dittatore, che ha imposto a trecento suoi ufficiali di assistere all’esecuzione. Chissà se per gusto dell’orrore, o perché vedessero bene cosa succede a mettersi contro di lui. Un’esecuzione durata un’ora, riferisce il Wen Wei Po.
L’INSOFFERENZA DI PECHINO
Il giornale fa riferimento a un report che sarebbe in mano alle autorità cinesi. Naturalmente non c’è l’ombra di una conferma ufficiale. Essere scettici quindi è obbligatorio. Ma il fatto che il Wen Wei Po sia testata legata al governo di Pechino ha sbizzarrito gli analisti e i media che seguono l’Estremo Oriente. Potrebbe essere infatti il segnale dell’insofferenza di Pechino per gli eccessi e la brutalità di Kim Jong-un, e questo al di là della credibilità della ricostruzione. Lo zio “cospiratore”, in effetti, era stato accusato di tutto e di più. Ma anche di favoreggiamento di imprenditori cinesi, quando, da numero 2 del regime, si occupava di vendere le risorse naturali del Paese. Più probabile è invece che lo zio premesse per un miglior rapporto con Pechino e volesse “frenare” il nipote.
La Kcna, l’agenzia del regime di Pyongyang, tre settimane fa aveva dato conto dell’avvenuta esecuzione di Jang Song Thaek, senza specificare come fosse stata eseguita. Sono stati i media di Pechino e Seul a sbilanciarsi con un’ipotesi: plotone d’esecuzione, con i mitra al posto dei fucili. L’arresto, invece, era stato reso pubblico con una ripresa video: lo zio “cospiratore”, 67 anni, era stato prelevato durante una riunione del Politburo. Era l’8 dicembre scorso, domenica. Un processo rapidissimo, e già il giovedì successivo la condanna è stata eseguita. Giusto il tempo per affamare i cani. Perché se il giornale Wen Wei Po non è considerato credibile - come ha ricordato ieri il Washington Post - il dramma della Corea del Nord è che questa storia potrebbe essere possibile.