Antonio Castro, Libero 4/1/2014, 4 gennaio 2014
CROLLO RECORD PER I PRESTITI DELLE BANCHE ALLE IMPRESE
Neppure il 2014 appena iniziato riesce a raddrizzare i dati, sconfortanti, dell’economia reale. I prestiti alle imprese in Italia hanno segnato a novembre un calo del 5,9%, il più forte nelle serie storiche disponibili spiega la Banca centrale europea. Tralasciando le ottimistiche previsioni - che davano per il quarto trimestre 2013 una ripresa del ciclo economico - si può solo constatare che la ripresa non c’è e forse non è neppure tanto timida da non essere percepita. Non c’è e basta. Non si ferma, del resto, il calo dei prestiti al settore privato in tutta l’Eurozona, con un andamento che a novembre ha visto una riduzione dell’1,6% contro il -1,4% del mese precedente. In particolare se i prestiti delle banche a famiglie e imprese registrano un -2,3% a novembre dopo il -2,2% del mese precedente, è crollo per il credito alle imprese con un dato del -3.9% peggiore del già preoccupante -3.8% di ottobre.
Da Francoforte - dopo le ripetute iniezioni di liquidità - non possono far altro che censire la contrazione del credito, e senza quattrini iniettati dalle banche nel sistema produttivo, la ripresa non si affaccerà neanche timida e guardinga come ottimisticamente annunciato. Il prossimo 9 gennaio il gotha della Banca dovrà affrontare questo “problemino”. Tanto più che la contrazione è più evidente proprio nei Paesi (come l’Italia), che avrebbero maggior bisogno di crescere per recuperare in parte il terreno perduto. Il Consiglio direttivo dell’Eurotower starebbe riflettendo anche sull’emissione a breve di un terzo maxi-prestito, ma che a differenza dei precedenti due Ltro (emessi circa 2 anni fa per complessivi 1.000 miliardi), potrebbe contenere una clausola. Da quest’anno la Bce chiederà formalmente che i fondi siano impiegati per erogare prestiti a famiglie e imprese. Di più: la nuova liquidità - che in parte servirà a garantire il prolungamento dei prestiti già emessi e quasi in scadenza - non sarà garantita e concessa agli istituti di credito che dovessero impiegare i soldi per acquistare titoli di Stato come già avvenuto.
A scorrere gli indici statistici come dar torto ai banchieri centrali? A casa nostra le imprese hanno dovuto reggere ad una stretta mai censita negli ultimi dieci, 15 anni. Il paradosso è che proprio nell’ultimo semestre si è verificata un ulteriore contrazione delle erogazioni: -4,9% a ottobre, -4,2% a settembre, un -4,6% ad agosto e un -4,1% a giugno e luglio. Non se la passano bene neppure i cugini spagnoli. Madrid - sempre stando alla Bce - ha dovuto incassare sempre a novembre un pesantissimo -13,5% del prestiti alle aziende (sul 2012). Resta il fatto che il nostro di Paese è quello nell’Eurozona, che ha subito gli effetti peggiori di questo reiterato credit crunch. Nella media dell’Europa a 17, la stretta complessiva per le imprese è stata del 3,9% dopo il - 3,8% registrato ad ottobre. Un campanello d’allarme è costituito però non solo dalle restrizioni, quanto dalla minor richiesta da parte delle imprese. Come dire: tanto non ci danno nulla. Un segnale preoccupante di sfiducia che si riflette ovviamente sugli investimenti e quindi sull’ipotetica ripresa. Dietro al paravento del calo della richiesta si nasconde l’Associazione bancaria (Abi), che deve mettere in conto anche un aumento record delle sofferenze (crediti dati per persi o quasi). Palazzo Altieri si aspetta un ulteriore crescita sì, ma solo delle sofferenze nel 2014 (+13%), massa di crediti più che incagliati che porterebbe a una voragine nei rispettivi bilanci di oltre 200 miliardi. E proprio questa massa di crediti inesigibili rischia di compromettere l’esame di controllo della Bce (stress test), che terrà conto proprio delle sofferenze. L’unico a vedere rosa è il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, che garantisce: «La riduzione dello spread si rifletterà in migliori condizioni di accesso al credito per imprese e famiglie». Se lo dice lui...