Alberto Samonà, Libero 4/1/2014, 4 gennaio 2014
PORTABORSE ASSUNTI COME COLF
Segretari e collaboratori dei deputati regionali siciliani, assunti con contratti di collaboratrice domestica: in pratica, portaborse inquadrati come colf. Non è una battuta di cattivo gusto, ma quanto avviene davvero all’Assemblea regionale siciliana, dove i parlamentari hanno trovato questo insolito escamotage per bypassare le ristrettezze della legge sulla spending review approvata lo scorso 18 dicembre.
La nuova normativa, infatti, oltre a prevedere la riduzione degli stipendi ai deputati da 11.780 a 8.300 euro netti, ha anche disposto che dalla prossima legislatura l’ammontare massimo delle spese per la propria segreteria non possa superare i 60 mila euro. E dunque, con la nuova legge viene meno la somma di 3.180 euro che ogni deputato incassava per queste voci di spesa. E tuttavia, ecco che in «Zona Cesarini» in soccorso dei parlamentari è arrivata una norma transitoria, che ha previsto la possibilità per i parlamentari regionali di continuare, fino al 2017, ad usufruire della somma, da utilizzare esclusivamente per i portaborse, a patto, però, che questi siano assunti entro il 31 dicembre del 2013. Da qui, la corsa alle assunzioni e alle regolarizzazioni dei contratti di collaborazione, fatta negli ultimi giorni dell’anno da diversi deputati del parlamento siciliano, pur di non perdere il privilegio e continuare a incassare gli oltre tremila euro mensili.
Un deputato, però, essendo persona fisica non avrebbe titolo per fare assunzioni in proprio, poiché solamente le imprese possono assumere, con la sola eccezione dei contratti di colf, tecnicamente definiti «contratti di prestazione di lavoro domestico»: proprio la formula adoperata in Sicilia per non perdere questa possibilità. E così, ecco trovato l’espediente che consente ai parlamentari dell’Ars di mantenere i propri collaboratori di segreteria.
In pratica, quando pareva che con la legge sulla spending review il parlamento siciliano avesse dato un colpo di freno alle ingenti spese degli anni passati, viene fuori l’escamotage per non perdere questo gruzzoletto mensile e non dover pagare di tasca propria i portaborse di turno.
Che non si tratti di casi isolati, poi, lo dimostra il fatto che ad usufruire di questa possibilità sono numerosi parlamentari di diversi gruppi politici di tutti gli schieramenti, dal Centrodestra al Centrosinistra, passando per i Cinque Stelle e per gli ex grillini fuoriusciti, come il vicepresidente dell’Ars Antonio Venturino.
A difendere l’agire dei deputati siciliani ci pensa, per tutti, Alice Anselmo, giovane parlamentare dell’Udc, che accetta anche di esibire la copia di uno di questi contratti. «La legge recentemente approvata dall’Ars», spiega, «prevede che il personale di segreteria di un deputato possa essere retribuito a fronte di un regolare contratto. Nessuno di noi singoli parlamentari può procedere ad alcuna assunzione, se non nei termini di legge che sono, appunto, quelli che in queste ore qualcuno si diverte a fare apparire anomali: un contratto di servizi alla persona, che comprende varie categorie e varie mansioni. Si tratta di un contratto che, tra contributi e Tfr, garantisce il lavoratore sotto ogni punto di vista, rispettando i Ccnl».
Di diverso avviso il presidente della Regione Rosario Crocetta, che parla di «mossa di cattivo gusto». «Io avevo assunto un collaboratore con un contratto giusto e ci rimettevo almeno 5mila euro», osserva il governatore siciliano, «e ora sono l’unico che ha rinunciato al portaborse. Sarebbe stato opportuno, come avevo suggerito, che fosse l’Ars a gestire direttamente il pagamento dei collaboratori scelti dal deputato, invece si è preferita un’altra strada».