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 2014  gennaio 04 Sabato calendario

QUEL PATTO COL DIAVOLO CI CONDANNA


Del suo debito pub­blico Ronald Rea­gan diceva: «È gran­de abbastanza da saper badare a se stesso». Pur­troppo per noi anche il nostro debito è grande, ma a badarci sono rimaste solo le banche. Il che non è così tranquillizzan­te. Quando si parla del nostro debito pubblico e dei suoi ri­schi non si pensa mai a chi ce l’abbia in saccoccia,in portafo­glio. Sappiamo che ha superato i duemila miliardi di euro, di cui 1.700 sono titoli emessi sul mercato. Sappiamo che il suo servizio ci costa un’ottantina di miliardi all’anno. Sappia­mo che ha una tassazione privi­legiata. E che ha un mercato se­condario ( cioè il luogo in cui si trattano i titoli comprati dal Te­soro) di dimensioni globali. In­somma lo coccoliamo in tutti i modi. Ma ci dimentichiamo spesso di sapere chi è il nostro massimo creditore.
Che sono, guarda caso, le banche italiane. Circa il 50 per cento dei titoli emessi sono nei loro portafogli. Per questo sono diventati i veri e principa­li azionisti della nostra politi­ca economica e finanziaria. Sì certo: c’è la democrazia, i par­lamenti, le leggi. Ma solo gra­zie alle banche italiane, il no­stro Stato non è ancora fallito. Quando si pensa alle politiche economiche degli ultimi go­verni e alle mancette delle Fi­nanziarie, si deve sempre tene­re in considerazione il fatto che grazie alle banche si paga­no stipendi pubblici, pensio­ni; insomma si evita lo chiusu­ra dello Stato. Non è sempre stato così. Siamo passati dai Bot people ai Bot bankers.
Vediamo. Facciamo un con­fronto tra dicembre del 2011 (Monti appena arrivato e crisi finanziaria ai massimi) e set­tembre del 2013 ( ultimi dati di­sponibili). Lo stock di titoli del debito pubblico in questo las­so di tempo è cresciuto di 132 miliardi di euro (alla faccia del risanamento), superando quota 1.730 miliardi. I privati (cioè i Bot people) sono scap­pati e detengono 166 miliardi di titoli, vendendone la bellez­za di 73 miliardi: i risparmiato­ri italiani hanno in mano me­no del 10 per cento dei titoli pubblici in circolazione. An­che gli stranieri hanno vendu­to debito italiano ( meno 37 mi­liardi). Indovinate chi ha sotto­scritto titoli negli ultimi due anni? Le banche e il loro con­trollore (Banca d’Italia). Co­me si vede nella tabella in pagi­na. In venti mesi (quelli dei go­verni tecnici e della crisi) le isti­tuzioni finanziarie italiane si sono appesantite di carta del­la Repubblica per la bellezza di 233 miliardi di euro. Portan­do il loro portafoglio in titoli di Stato da 554 miliardi (dicem­bre 2011) a 787 miliardi (set­tembre 2013). Anche la Banca d’Italia si è ingozzata con 10 miliardi di titoli in più. Ma se prendessimo a paragone non dicembre del 2011, ma giugno del medesimo anno (mese in cui i più avveduti già percepi­vano i tremori sui paesi deboli dell’Europa mediterranea), lo sforzo della nostra banca cen­trale risulterebbe triplo: è pas­sata dal detenere 68 miliardi di euro di Btp e simili ai 99 di og­gi.
La morale è molto semplice. Negli ultimi due anni la Repub­blica italiana ha stretto un pat­to con il diavolo e cioè con il si­stema finanziario. Che ha comprato, nei momenti più duri della guerra finanziaria, i nuovi titoli emessi dal Tesoro e si è sostituito ai privati e agli stranieri che gettavano i Bot nel cestino. È un prezzo che stiamo pagando alle banche, che dal canto loro hanno ben donde di pretenderlo.
Manca un corollario a que­sta nostra costruzione. Sicco­me le istituzioni finanziarie italiane e coloro che le guida­no non sono degli sprovvedu­ti, hanno preteso delle garan­zie internazionali. Che pun­tualmente sono arrivate dal­l’unico soggetto che poteva darle: la Bce. Il suo presidente, Mario Draghi, ha in primis pre­stato 100 miliardi, tra dicem­bre e febbraio del 2011- 2012, a tasso ridotto e con scadenza triennale e poi ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per mantenere in piedi l’euro, cioè la moneta con cui è rim­borsato il nostro debito. Due garanzie fortissime.
Ricapitoliamo. Il vero azio­nista- creditore della nostra politica economica e dunque della nostra politica sono le istituzioni finanziarie italia­ne. Che senza una straordina­ria garanzia bancaria europea non avrebbero potuto permet­terselo. E il gioco di chi coman­da in Italia è fatto. Il punto in questa situazione non è tanto quanto sia grande o costoso il nostro debito, ma chi lo deten­ga e dunque abbia tutto l’inte­resse di vederselo restituire. Ci siamo salvati finanziaria­mente grazie alle banche. Il punto è capire se non morire­mo per pagare il prezzo del ser­vizio reso.