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 2014  gennaio 04 Sabato calendario

QUELLA CONTESA SUL CANALE DI PANAMA


Braccio di ferro sul Canale di Panama. Il «raddoppio» del traforo lungo 81 km che unisce i due Oceani, Atlantico e Pacifico – un’opera mastodontica da oltre 5 miliardi di dollari – rischia di saltare per una manciata di dollari (300 milioni). E a lavori quasi finiti. Il tutto, poi, nell’anno del centenario del Canale. Con una figuraccia internazionale per Panama.
Da una parte gli italiani di Salini-Impregilo (con a fianco gli spagnoli di Sacyr, i belgi Jan De Nul e i locali di Cusa). Dall’altra, la Repubblica di Panama. Il secondo Canale di Panama, è il cantiere più grande al mondo. E dal grande valore simbolico. Oltre che geopolitico: il canale è i più trafficato al mondo e metà della nuova opera è stata finanziata (per 2,3 miliardi) da un pool di istituzioni bancarie internazionali, la Bei, la Birs e la Banca Mondiale. Non è la prima volta che su Panama le acque si agitano. Fin dalla costruzione, che portò a una sorta di «golpe» indipendentista con la separazione di Panama dalla Colombia, il canale muove appetiti e interessi economici.
Il 2014, l’anno delle celebrazioni per l’anniversario dell’opera, è iniziato con un «caso» internazionale. Tutta colpa del basalto. E dell’improvviso retromarcia della piccola repubblica centramericana che vive e prospera proprio sul canale. Con il raddoppio, anche le navi di grandissimo tonnellaggio potrebbero passare. Oggi l’attuale traforo, progettato in tempi in cui non esistevano le ciclopiche navi cargo e le super-navi da crociera, può ospitare vascelli larghi «solo», si fa per dire, 32 metri.
Ma c’è un problema ingegneristico. O meglio geologico. Il progetto tecnico del canale è stato realizzato dalla stessa Acp. E, forse per inesperienza (d’altronde il primo canale fu costruito dagli americani e la repubblica, peraltro nata proprio a una sorta di "golpe" fomentato dagli stessi Usa, lo ha solamente ospitato, incassandone parte dei pedaggi), prevedeva che i costruttori riutilizzassero la roccia estratta dallo scavo, basalto, come "ingrediente" per il calcestruzzo con cui costruire le paratoie del canale e delle varie chiuse. Ecco, però, l’imprevisto: quel basalto fa reazione col cemento. Ed è dunque inutilizzabile. Questo ha fatto impennare a dismisura i costi iniziali: 1,6 miliardi lo «sforamento». Per i quali i costruttori internazionali chiedono il rimborso. Ma visto che la costruzione ha superato il 70%, la parte mancante non ancora rimborsata è di soli 300 milioni. Che la Repubblica di Panama non vuole riconoscere. Pur avendo firmato un contratto. E pur avendo, paradossalmente, già finora pagato 750 milioni di costi addizionali. E ancor più paradossalmente dopo che la stessa Acp, l’autorità governativa panamense che sovrintende ai lavori, ha ammesso l’esistenza di costi eccezionali aggiuntivi.
Di fronte alla ripicca del governo, il consorzio minaccia di lasciare l’opera incompiuta. Il danno, non solo d’immagine, per Panama sarebbe infinitamente più grande dei 300 milioni che il paese non vuole sborsare. Perchè il nuovo canale si stima che genererà 2 miliardi di dollari di pedaggi all’anno. Il consorzio finisca i lavori a sue spese, è la posizione del governo, e casomai, a opera terminata, ricorra a un arbitrato internazionale per farsi rimborsare. Qualcuno vi legge dietro un disegno politico: il governo fa la voce grossa. Forse per calcoli elettorali, visto che nel paese in primavera si vota.
Il primo canale fu un’opera che sa segnato la storia dell’umanità. Per secoli, dopo la scoperta dell’America, le imbarcazioni, dai conquistadores, agli esploratori, ai mercanti, hanno dovuto circumnavigare tutto il continente americano per arrivare nel Pacifico, doppiando il tremendo Capo Horn. L’annuncio della costruzione di un secondo canale fu fatto nel 2006, con l’assegnazione dei lavori al consorzio italo-spagnolo, e prevedeva l’inaugurazione quest’anno, appunto per celebrare i 100 anni di vita del primo canale (progettato nel 1914 ma poi aperto solo nel 1920 per colpa della 1 Guerra Mondiale).
Come andrà a finire il braccio di ferro? Ieri da Panama già si intravedeva un’apertura: il presidente della Acp, Jorge Quijano, ha dichiarato che l’importo potrà essere pagato se emergeranno "motivi validi". «Il Canale di Panama ha sempre onorato i suoi impegni: se troveremo ragioni e importi accettabili, pagheremo».