Antonio Satta, Milano Finanza 4/1/2014, 4 gennaio 2014
L’ACCORDO VA ANNULLATO
Creare una nuova moneta dei Pigs. Un euro-bis per Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, magari con l’aggiunta della Francia, senza per questo far fallire il progetto di Unione Europea, anzi mantenendo l’area comune di libero scambio. Non solo; l’Italia dovrebbe anche utilizzare l’arma del deficit per far ripartire l’economia, senza incorrere nelle sanzioni europee, anche perché il regolamento sulla cui base si è costituito il sistema euro è illegittimo, in quanto contrario ai trattati costitutivi dell’Unione stessa.
A 92 anni Giuseppe Guarino, decano dei docenti di diritto costituzionale e amministrativo, accademico dei Lincei, ex parlamentare ed ex ministro delle Finanze e dell’Industria, sta vivendo una nuova giovinezza come polemista. I suoi interventi stanno mettendo in difficoltà governo, ministero dell’Economia e anche Parlamento. Dall’alto della sue competenza ha smontato i presupposti giuridici sui quali per 15 anni i governi di ogni colore politico hanno poggiato le politiche economiche. E ora, anche nel partito più allineato alle direttive di Bruxelles, ossia il Pd, qualcosa sta cambiando. Stefano Fassina, viceministro dell’Economia ed ex responsabile economico del Partito democratico, ha fatto cadere pochi giorni fa il tabù dell’intangibilità del sistema euro, sostenendo che un piano B va almeno preparato e che in Europa l’Italia deve cominciare a farsi sentire. Il nuovo segretario del Pd, Matteo Renzi, invece si è spinto fino a chiedere al presidente del Consiglio Enrico Letta di mettere la sordina ai rigoristi di scuola Merkel e superare senza preoccupazioni il limite del 3% nel rapporto deficit/pil. Sembra quasi che le tesi di Guarino abbiano fatto breccia anche nel Partito democratico. MF-Milano Finanza quindi ha ritenuto di parlarne con il diretto interessato, che in questa intervista spiega perché non prendere atto delle violazioni dei Trattati può essere pericoloso per le istituzioni stesse. E lancia un avvertimento che potrebbe essere esteso anche alla situazione che si è venuta a creare in Parlamento dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale.
Domanda. Professor Guarino, lei va sostenendo da qualche tempo tesi sull’Europa e sull’euro, molto nette, rimaste sin qui isolate, ma che cominciano a far presa. Ce le vuole sintetizzare?
Risposta. Il Tue (Maastricht), le cui norme sono state riprodotte dai successivi Trattati di Amsterdam e di Lisbona, assegnava all’Ue l’obiettivo di uno «sviluppo armonioso, sostenibile ed equilibrato, una crescita non inflazionistica e che rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri». Fissato l’obiettivo della crescita, il compito di promuoverla è stato attribuito agli Stati membri, che vi avrebbero provveduto con le proprie politiche economiche e con il potere di indebitarsi nei limiti dei cosiddetti parametri di Maastricht. L’Unione si sarebbe limitata a coordinare le politiche economiche degli Stati con direttive di massima, da adottarsi con raccomandazioni, atti non vincolanti. L’obbligo di provvedere alla crescita sarebbe scattato per gli Stati che avrebbero adottato l’euro quale moneta comune a partire dal 1° gennaio 1999.
D. Che cosa è avvenuto a quella data?
R. È stata lanciata la nuova moneta, l’euro, con una disciplina diversa da quella del Trattato, introdotta con un regolamento, il n. 1466/97, atto assolutamente privo della capacità di modificare un Trattato multilaterale, ratificato da tutti gli Stati membri.
D. Quali le differenze tra le due discipline?
R. La disciplina dettata dal Tue e confermata dai Trattati di Amsterdam e di Lisbona era finalizzata all’obiettivo della crescita, ne affidava il compito agli Stati membri e attribuiva a questo effetto agli Stati membri due «poteri», quello di avere ciascuno una propria politica economica, estesa a tutti gli aspetti dell’economia diversi dalla moneta, e di indebitarsi entro i limiti dei parametri, da applicarsi in conformità a criteri vincolanti, stabiliti dall’articolo 104 c) del Tue, e dal n. 126 Tfue (Lisbona). Il regolamento ha cancellato i due poteri e l’«obiettivo» della crescita. Ha imposto in sostituzione un «risultato» e due obblighi, quello di realizzare il pareggio del bilancio a medio termine e quello di pervenirvi attenendosi a un programma stabilito Paese per Paese dagli organi dell’Unione.
D. Quali sono state le conseguenze di queste sostituzioni?
R. La prima conseguenza è che dal 1° gennaio 1999 è iniziata una depressione sempre più diffusa e crescente. Il numero dei disoccupati, delle imprese che hanno chiuso i battenti, l’interruzione nella esecuzione delle opere pubbliche, il disfacimento delle infrastrutture, la confusione generale ne sono terribili testimonianze. Altrettanto gravi sono le conseguenze di carattere istituzionale. La democrazia consiste nel potere dei cittadini di influire con l’esercizio del voto e a mezzo dei partiti sugli indirizzi politici alle cui applicazioni dovranno soggiacere. Cancellando i poteri degli Stati di avere una propria politica economica o di indebitarsi, si elimina il presupposto della democrazia. Si producono danni la cui responsabilità va fatta risalire agli obblighi imposti sia agli Stati che agli organi dell’Unione.
D. Lei ha più volte dichiarato di non volere indicare i nomi dei responsabili, per evitare che decisioni già di per sé delicate siano alimentate da risentimenti personali.
R. È vero. Ma sono trascorsi oltre due mesi da quando la questione è stata sollevata. I nomi dei responsabili sono diventati un segreto di Pulcinella. Responsabili sono i componenti della Commissione Santer, in carica sia alla data in cui il regolamento 1466/97 fu proposto sia in quella in cui fu adottato. I componenti erano allora 20, di cui due italiani, Mario Monti, con competenze inerenti alla materia, ed Emma Bonino, in posizione decentrata. Vanno aggiunti i ministri con poteri di rappresentanza dei rispettivi Stati che parteciparono ai Consigli europei che approvarono la proposta iniziale e poi l’adozione del regolamento. Anche i membri della Commissione che si insediò il 16 settembre 1999 non possono ritenersi esenti da responsabilità. È impensabile che non si rendessero conto che applicavano norme che contrastavano nettamente con i Trattati di Maastricht e di Amsterdam, quindi del tutto illegali.
D. Potrebbero ritenersi responsabili anche titolari attuali di organi costituzionali e politici?
R. È una domanda opportuna. La risposta eviterà confusione e danni. I titolari degli organi costituzionali, nel sistema della nostra Costituzione, hanno ciascuno competenze specifiche. Il presidente della Repubblica non ha responsabilità dirette in materia economica e monetaria. In questi settori deve vigilare, attenendosi però alle determinazioni degli organi competenti, cioè del presidente del Consiglio e del ministro del Tesoro. Napolitano il 12 novembre 2011 accettò le dimissione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nominò senatore il professor Mario Monti e gli conferì l’incarico di costituire il nuovo governo. Gli organi competenti, alle cui indicazioni avrebbe dovuto attenersi, erano Giulio Tremonti, ministro del Tesoro del governo uscente, e lo stesso Monti, quale incaricato ad assumere la presidenza del Consiglio e nuovo ministro del Tesoro.
D. Ma non può ritenersi che tutto sia cambiato ora che la questione già da circa due mesi è stata sollevata?
R. Sarebbe corretto che il presidente della Repubblica, quando ne venisse a conoscenza, ne investisse il premier e il ministro del Tesoro, chiedendo che la questione venisse chiarita in modo sollecito, con prudenza e con chiarezza, assumendosene la responsabilità della risposta.
D. Come giudica la riforma dell’articolo 81 della Costituzione?
R. Dal Fiscal Compact, come ho avuto modo di chiarire in molte occasioni, si può del tutto prescindere. Stabilisce esso stesso di applicarsi solo nei limiti i cui sia conforme ai Trattati Europei. Non è conforme al Tue, ad Amsterdam, a Lisbona. Quindi non si applica. Quanto all’articolo 81, il nuovo testo è stato redatto con molta saggezza. L’indebitamento è consentito al «verificarsi di eventi eccezionali». È tale l’imposizione surrettizia e illegale del vincolo del pareggio del bilancio a medio termine, di cui gli Stati non sono responsabili e che ha prodotto danni imprevedibili. L’articolo 81 nell’edizione attuale corrisponde all’emendamento dell’articolo 104 c) Tue, proposto dalla delegazione italiana e approvato all’unanimità dagli altri Stati.
D. Quale decano dei costituzionalisti italiani ha qualche suggerimento da aggiungere?
R. Si imporrebbe la massima prudenza nell’introdurre nuove leggi e modifiche costituzionali. La sentenza della Corte, dichiarando l’incostituzionalità di una legge, la priva di efficacia per il futuro, ma non la rende legittima per il passato. In ogni caso in cui la questione possa proporsi per il passato il giudice ordinario o amministrativo dovrebbe attenersi al sopravvenuto accertamento di incostituzionalità. Potrebbero presentarsi questioni estremamente delicate.