Enrico Martinet, La Stampa 4/1/2014, 4 gennaio 2014
“VOGLIO CONQUISTARE LO SPERONE MALEDETTO”
Partirà quando gli altri avranno già tentato la vetta almeno una volta e si darà una sola chance. Daniele Nardi salirà sull’aereo per Islamabad il 20 gennaio, ma la sua destinazione saranno i 4500 metri del campo base del Nanga Parbat, parete Diamir. Ci riprova Nardi, stessa idea dello scorso inverno, ma in assoluta solitudine, almeno in parete. L’alpinista francese Elisabeth Revol che era con lui il gennaio scorso non ci sarà: «Non può quest’anno, mi spiace, eravamo bravi insieme». Nardi sarà sul versante Diamir, in quel campo base in cui i talebani uccisero con mitra e pistole undici turisti a giugno. Dove c’è il tedesco Ralf Dujmovits con il polacco Darek Zaluski. Ma non potranno stare insieme.
«Ho sentito Ralf, ci siamo parlati a lungo - dice Nardi - ma a lui la mia idea non piace e insiste per seguire la via Messner. Io voglio affrontare di nuovo lo Sperone Mummery. Lo scorso anno con Elisabeth raggiungemmo 6400 metri, mancava poco all’uscita. E sarò di nuovo lì proprio perché ho imparato a conoscere l’itinerario». Anche Reinhold Messner lo scorso anno rimase perplesso sulla scelta di Daniele: «Una volta raggiunta la cima dello Sperone dove va? Il ghiacciaio soprastante è un plateau in cui d’inverno si sprofonda, difficile e faticoso da superare».
Ma Nardi non demorde: «Messner pensi un po’ quello che vuole, io resto della mia idea e di lì proverò. Sono consapevole che è difficile e so molto bene che oltre alla preparazione, alla capacità ci vuole anche fortuna. Mi sono dato un solo tentativo, o la va o la spacca. Non voglio entrare in competizione con gli altri e non voglio la vetta a ogni costo. D’inverno non si può stare più di tanto su quei giganti».
Il freddo intenso (50 gradi sottozero) e i venti a oltre cento chilometri orari ricacciarono dallo Sperone sia lui, sia Elisabeth. Poi le previsioni di un lungo periodo di maltempo con abbondanti nevicate fecero far loro fagotto.
Dujmovits fra qualche giorno tenterà di raggiungere la vetta. È già acclimatato e ha saggiato la via Messner, che è a destra dello Sperone Mummery. Segue esigue creste rocciose tra balze glaciali. È l’itinerario che nel 1970 i fratelli Messner, Reinhold e Günther, discesero dopo aver raggiunto la cima dal versante opposto, il Rupal. Ma quando erano quasi fuori dai ghiacciai Günther fu travolto da una valanga. Reinhold lo cercò per due giorni, si congelò le dita dei piedi e allo stremo delle forze raggiunse le morene dove fu soccorso e salvato. I Messner compirono due imprese memorabili: la prima salita della Rupal, la parete più alta al mondo (4 chilometri e mezzo) e la prima attraversata del Nanga Parbat con la discesa sul Diamir.
Un percorso analogo, ma senza vetta, tentò nell’estate del 1895 l’inglese Frederick Mummery. E alla fine risalendo lo sperone roccioso del Diamir morì in una valanga. Quella è la via che intende percorrere Daniele Nardi in omaggio a quell’avventura impossibile tentata da Mummery. Lo Sperone alterna ghiaccio a roccia. E da cinque mesi Nardi non fa altro che «masticare salite, prima in roccia poi su neve e ghiaccio». Ha cercato di aprire una nuova via sugli Appennini, la Nord delle Murelle, parete complessa e lunga, cui ha dovuto rinunciare nelle ultime decine di metri per un lieve incidente. Poi tanta corsa, sci alpinismo e immersioni in apnea. Mare e monti, tutti insieme, com’è sua abitudine. Dice: «Sono in gran forma, meglio che lo scorso inverno». Sull’altro versante c’è anche Simone Moro, il bergamasco che torna al Nanga Parbat invernale con nuovi compagni di cordata: David Göttler e Emilio Previtali. Là dove ci sono anche quattro polacchi (due tentarono già lo scorso anno) che sono già saliti e scesi da campo 1 e hanno un buon acclimatamento. Nardi: «No, non voglio alcun tipo di sfida. Sono solo anche per questo, sarò lì a godermi la solitudine sullo spettacolo Nanga Parbat. E ci voglio provare». Al campo base avrà l’amico pakistano di sempre Alì Mohammed, un cuoco e un aiuto cuoco. «Non voglio avere alcuna distrazione, nessuna incombenza al campo base. Devo pensare soltanto alla montagna. Devo poter disporre di tutta l’energia che ho». Forza accumulata in questi mesi su sentieri del Lazio e piste di atletica. Spiega: «Ho potuto contare su un allenatore di eccezione, Andrea Orlandi, che segue il primatista europeo dei 1500 metri e dei 3000 siepi Under 23 Mohad Abdikadar. E con lui un altro grande atleta, il fratello Mohammed. Io sono pronto, speriamo lo sia anche il Nanga Parbat. Incrocio le dita». Paura per quel campo della strage talebana? «Direi timore, ma avrò una scorta armata mi hanno detto all’Ambasciata, così come l’ha Ralf Dujmovits».