Vittorio Sabadin, La Stampa 4/1/2014, 4 gennaio 2014
THATCHER ERA PRONTA A SPARARE AI MINATORI
Margaret Thatcher non è stata sempre la «Lady di ferro». Anche lei ha avuto momenti di debolezza e di paura, ma è riuscita a superarli con un misto di coraggio e circostanze fortunate, senza mai fare trapelare all’esterno le sue difficoltà.
Gli Archivi Nazionali di Londra hanno reso pubblici i documenti del 1984, l’anno più caldo del secondo mandato dell’allora premier britannico. Lo sciopero dei minatori stava paralizzando il paese e la Thatcher rivedeva ogni giorno lo spettro di Edward Heath, il primo ministro costretto proprio dai minatori a lasciare Downing Street dieci anni prima.
All’apice della crisi, dopo che le esortazioni, le minacce e la durissima repressione della polizia nella battaglia di Orgreave erano fallite, la Thatcher pensò di inviare l’esercito contro i minatori, occupare le miniere con la forza e fare trasportare il carbone dai soldati. Un piano segreto preparato dai suoi collaboratori prevedeva di utilizzare 2800 militari divisi in 13 squadre specializzate per la raccolta del carbone e 4500 conducenti di 1650 camion per trasportarne 100 tonnellate al giorno alle centrali che producevano energia elettrica. Una simile operazione avrebbe richiesto la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, per permettere ai militari di sequestrare gli impianti.
Per la prima volta, fanno capire i documenti resi pubblici, la Thatcher stava guardando nell’abisso della propria sconfitta. Non era sicura se la dichiarazione dello stato di emergenza sarebbe stata interpretata come un segno di forza o di debolezza, ma il suo consigliere Norman Tebbit l’aveva avvisata con un appunto riservato che il tempo non era dalla loro parte. Allo sciopero dei minatori si era aggiunto quello dei portuali, che avevano bloccato le operazioni in 61 scali del paese. Nei negozi scarseggiavano verdura e frutta, e senza carbone le centrali elettriche rischiavano di non poter fornire più energia. Si sarebbero dovuti ridurre i giorni di attività delle industrie a tre alla settimana, e con una reazione a catena il paese sarebbe crollato.
In ottobre, con il blocco totale della produzione nelle miniere, la situazione sembrava disperata. Ma il fronte sindacale, con il passare del tempo, non era più così compatto e la rassicurazione che le centrali elettriche avevano scorte ancora per qualche mese convinse la Thatcher a tenere duro, cosa che le consentì di vincere la sua battaglia più difficile.
I documenti e le agende resi pubblici saranno una miniera di informazioni per gli studiosi del premier più ammirato e detestato della storia britannica. Ne emergono particolari personali, come il fatto che tenesse così tanto al suo aspetto esteriore da andare 118 volte all’anno dal parrucchiere, e storie inedite. Tra queste, una visita a sorpresa che l’allora segretario del partito comunista sovietico Michail Gorbaciov fece alla Thatcher a Downing Street senza trovarla in casa. Ci sono anche i particolari delle quattro ore di colloquio con il presidente sudafricano Pieter Willem Botha, nelle quali la Thatcher non solo non spese una parola per la liberazione di Nelson Mandela, ma non lo nominò neppure una volta. Invece di celebrarlo con grande retorica il giorno della sua morte, la Gran Bretagna avrebbe fatto meglio a chiedergli scusa.