Maria Grazia Coggiola, La Stampa 4/1/2014, 4 gennaio 2014
SINGH LASCIA E SCOMMETTE SULL’ULTIMO DEI GANDHI
Dopo quasi dieci anni di governo, che ha visto l’elefante indiano mettere le ali e poi schiantarsi al suolo per gli scandali politici e il caro cipolle, il premier Manmohan Singh passa il testimone a Rahul Gandhi, il primogenito dell’italiana Sonia, nella speranza che possa vincere le elezioni legislative di primavera.
L’81enne economista sikh dal turbante celeste e dai toni pacati ha annunciato ieri il suo ritiro dalla politica tra pochi mesi, quando scadrà il suo mandato quinquennale e l’India andrà alle urne. Lo ha fatto in una conferenza stampa durata 75 minuti dove ha riconosciuto le pecche del suo governo e ha lanciato un duro attacco al rivale Narendra Modi, il «falco» della destra indiana dato come favorito nella sfida elettorale di aprile e maggio.
«Tra pochi mesi passerò il testimone a un altro primo ministro che spero sia della mia stessa coalizione» ha detto con la consueta compostezza. Singh, che è stato il premier più longevo dopo Jawaharlal Nehru, ha poi elogiato le «credenziali di leader» del giovane Gandhi che da anni sta imparando il «mestiere» che fu del padre Rajiv, della nonna Indira e del bisnonno. Ma secondo i sondaggi, il 43enne Rahul non ha molte chance di riuscire ad arginare la voglia di cambiamento dilagante sia nelle metropoli, dove vive la classe media, che nelle sterminate campagne dove si trova il serbatoio elettorale della storica famiglia. Uno degli ultimi comizi a New Delhi del figlio di Sonia è andato deserto. C’è chi dice che non ha carisma e che non ha alcuna esperienza di governo e viene vista con sospetto anche la sua decisione di rimanere single in un Paese dove è quasi un obbligo mettere su famiglia.
Da tempo circolano voci di un passaggio di poteri tra lui e l’anziano Singh che aveva più volte manifestato l’intenzione di lasciare il campo alle nuove generazioni. Il comitato direttivo del Congress, guidato dalla potente Sonia, si riunirà il 17 gennaio per scegliere ufficialmente un candidato e si pensa che per quella data Rahul riceverà l’investitura.
Tra pochi mesi, quindi, finisce l’era del duopolio Singh-Sonia che, come ha ricordato ieri il premier, aveva portato l’India a un Pil del 9% e se ne apre un’altra, piena di incognite politiche, sociali ed economiche.
Il nuovo premier erediterà anche la complessa vicenda dei due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, prigionieri a New Delhi con l’accusa di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio 2012. L’eventuale vittoria degli indu-nazionalisti del Bharatya Janata Party (Bjp) potrebbe forse sbloccare la situazione, ora congelata per i timori del Congress di essere accusato di una «Italian connection», ovvero di favorire gli italiani in quanto connazionali della leader.
Dalle urne potrebbero uscire molte sorprese. Una di queste è legata all’emergere del partito dell’antipolitica Aam Admi Party (Partito dell’Uomo Comune) che ha trionfato alle recenti amministrative di New Delhi spazzando via 15 anni di dominio del Congress. A guidare questo movimento nato un anno fa è Arvind Kejriwal, ex funzionario statale che ha dedicato la sua vita a combattere corruzione e privilegi delle caste politiche. Appena nominato governatore della capitale ha abolito le auto blu e si è rifiutato di alloggiare nella lussuosa villa con parco assegnata ai suoi predecessori. Questo «Beppe Grillo» in salsa curry ha deciso ora di presentarsi anche nel resto del Paese. Il suo partito, che ha come simbolo una ramazza di paglia, potrebbe sottrarre voti al Congress, ma anche agli indu-nazionalisti del Bjp guardati con diffidenza da minoranze e ceti poveri. «Uno come Modi sarebbe una catastrofe per il Paese» ha detto ieri Singh ricordando i massacri di musulmani durante i violentissimi scontri interreligiosi in Gujarat del 2002. Parole insolitamente aggressive per il silenzioso e mite premier, ma che anticipano i toni di una campagna elettorale al vetriolo.