i. m. s., La Stampa 4/1/2014, 4 gennaio 2014
KIM FA SBRANARE LO ZIO DA CANI AFFAMATI
Sbranato vivo da 120 cani affamati: questo, secondo alcune fonti di Hong Kong e Singapore, il raccapricciante modo in cui sarebbe stata eseguita la condanna a morte di Jang Song Thaek, 67 anni, zio e mentore del giovane leader nordcoreano Kim Jong Un, caduto in disgrazia e clamorosamente epurato il mese scorso. Sbranati con lui anche altri cinque dei suoi uomini più vicini, mentre Kim Jong Un, insieme ad altri 300 funzionari, stava a guardare, «fino a quando i sei non sono stati completamente mangiati», cosa che avrebbe richiesto circa un’oretta.
Per quanto Pyongyang abbia confermato, con un risalto inusuale, la defenestrazione dello zio Jang, pubblicando le foto del suo arresto e corredandole da insulti (chiamandolo fra le altre cose «cane», «traditore per tutta l’eternità» e «feccia umana»), non ha voluto – perlomeno fino ad ora – accreditare le voci di tanta efferata crudeltà come ha riportato la stampa internazionale. Jang, dicono le fonti ufficiali, si sarebbe macchiato di crimini economici, che, pare, riguardavano il commercio con la Cina, ma la maggior parte degli analisti reputa che lo zio di Kim sia stato vittima di una lotta di potere interna.
Le fonti che parlano della muta affamata di cani che lo avrebbe sbranato sono il quotidiano di Hong Kong in lingua cinese «Wen Wei Po», vicino al governo cinese, che in passato ha potuto pubblicare notizie che Pechino voleva fossero rese note senza compromettersi in modo aperto. Poi, con uno scarto di un paio di settimane, ecco che la notizia è stata ripresa anche dallo «Straits Times» di Singapore, un quotidiano per forza di cose - dati i limiti alla libertà di stampa nella città-Stato – vicino al governo.
Difficile dunque capire, allo stato dei fatti, se quanto trapela sia veritiero: chi cerca appigli si rifà ad un’antica maniera coreana di giustiziare i criminali chiamata «quan jue», ovvero, per l’appunto, l’essere sbranati da cani. Altri notano che l’ex Presidente della Corea del Sud, l’odiato (da Pyongyang) Lee Myung Bak, era stato più volte «sbranato dai cani», in film di propaganda nordcoreani in cui una sua effigie veniva data in pasto a mastini affamati.
Non solo: non è inverosimile che i nemici del regime diventino cibo per cani, secondo quello che hanno dichiarato in alcune occasioni alcuni rifugiati in Corea del Sud fuoriusciti dai brutali campi di lavoro del Paese, che dicono di aver visto prigionieri dati in pasto a cani tenuti a digiuno.
Che questa morte atroce sia nell’immaginario del potere della Corea del Nord è accertato, che possa essere messa in pratica per sbarazzarsi del numero 2 del regime è un’altra cosa. Finora si pensava che Jang fosse stato condotto davanti al plotone di esecuzione. Ora che si parla di cani famelici, invece, l’esecuzione della condanna a morte di Jang Song Thaek rientra fra le tante notizie agghiaccianti che trapelano dalla Corea del Nord.