Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 07 Martedì calendario

ASIA STILE NAZI: NEGAZIONISMO DIFFUSO

Ristoranti, tavole calde, caffè, bar, ne­gozi di vestiti e accessori, ma anche spettacoli, manifestazioni politiche, insofferenza verso il sistema... La na­zi- fashion dissemina di croci impe­riali, svastiche, reminiscenze hitle­riane e simil-coreografie di regime l’Asia che cresce nella distrazione dalle culture proprie e dalle sensibilità altrui. Il simbolismo nazista ha presa su società regolate; consenzien­ti tra volontà e timore; sempre più deboli quan­to a identità propria ma sostenute nel loro orgo­glio da stereotipi sempre più forti. Diverse na­zioni del continente vivono insieme un sistema scolastico in divisa e rapporti profondamente ge­rarchizzati, mentre le élite danno poco spazio a valori universali e alla memoria. In altre società, più culturalmente ed economicamente evolute, la nazi-fashion vorrebbe esprimere indipenden­za di pensiero e di atteggiamento. Simboli di ispirazione mitteleuropea dominano così la scena underground giapponese, dove il merchandising Swa­tikawaii (all’incirca: ca­rino in tema nazista) vende milioni di pezzi; nascono caffé di ispira­zione hitleriana in Indo­nesia e fast-food nazi­style a Bangkok, metro­poli dove, come a Seul, Shanghai o Hong Kong, sono in vendita bandie­re, aquile e elmetti di e­splicita derivazione na­zista e t-shirts con le più varie fantasie che am­miccano alla personifi­cazione del male nel XX secolo. Nemmeno l’og­getto più amato e trendy, ambito e concupito al li­mite dell’idolatria per centinaia di milioni di a­siatici, l’iphone, ne è ri­sparmiato, con le cover nazi-chic disponibili in negozi attraverso il con­tinente.
La tendenza nazi-style si gioca almeno su due pia­ni. Da un lato un diffuso e sovente incentivato disinteresse per la storia globale e simpatie delle élite locali per sistemi centralizzati e forti; dall’altro adesione sponta­nea a suggestioni naziste che può anche essere i­deologica e politica, ma più spesso è moda e tra­sgressione.
Alcuni eventi recenti hanno destato una reazio­ne degli stranieri in Thailandia ma suscitato ap­pena qualche sussulto di interesse nell’informa­zione locale. Il primo l’apertura mesi fa di un take­away di pollo fritto con il significativo nome di ’Hitler’, con tanto di studenti in divisa a volan­tinare. A settembre la marcia in costume che ac­compagnava il tradizionale evento sportivo di u­na scuola conosciuta per la qualità dell’insegna­mento nella seconda città del paese, Chiang Mai, ha presentato - pare all’insaputa dei dirigenti ­comparse in divisa da Ss con tanto di slogan e bandiere con croci uncinate. L’estate scorsa, un murale che doveva fare da sfondo alle foto dei neolaureati nella prestigiosa università Chula­longkorn a Bangkok ha inserito Hitler tra i supe­reroi della Marvel ripresi di recente in saghe ci­nematografiche. Le proteste riguardo queste si­tuazioni ci sono state, ma provenienti da fuori oppure dalla folta comunità espatriata, e le scu­se sono state tardive e pasticciate.
In questo fenomeno indubbiamente molto pesa l’ignoranza, ma anche il negazionismo assai ra­dicato da queste parti. Insomma, Hitler non se l’è presa con gli asiatici, ha espresso una nazione forte, ha anche tentato di fermare lo strapotere an­glosassone (che i nazionalisti ritengono minacci oggi con la ’necessità’ della lingua globale le i­dentità locali), ha saputo sfruttare conformismo e nazionalismo, pure questi apprezzati.
È un fatto che diversi Paesi hanno avuto con la Germania nazista o con l’Asse rapporti almeno ambigui. Per questo la Thai­landia fu per anni, dopo la guerra del Pacifico, ostraciz­zata dagli Usa e riabilitata giusto in tempo per essere re­trovia del conflitto vietnami­ta.
Se i movimenti nazionalisti giapponesi sono quasi rele­gati al folclore e al lato in om­bra di questo Paese, nel bu­siness puro e nell’incoscien­za giovanile prosperano, ad esempio, le linee My Little nazi pony o Fuhrer-chic , par­te della ’galassia’ miliarda­ria di Hello Kitty e dei suoi ­a volte dubbi - amici. Guar­dando oltre le residue no­stalgie dittatoriali nel Paese del Sol Levante, come cate­gorizzare invece i gruppi neonazisti sudcoreani o i gio­vani cinesi che circolano o­stentando le croci di ferro, con o senza uncini, aquile imperiali e stralci di uniformi oggetto di design prêt-a­porter?