VARIE 4/1/2014, 4 gennaio 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - LE DIMISSIONI DI FASSINA
REPUBBLICA.IT
ROMA- Da qualche giorno manifestava segni di insofferenza. Proprio oggi, in un’intervista a Repubblica, aveva detto: "Dal partito solo bordate, mai aiuti". E stasera ha detto basta. Il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, sostenitore di Cuperlo alle primarie del Pd, ha presentato al premier Enrico Letta le proprie "dimissioni irrevocabili". E ha motivato così la sua decisone di abbandonare il governo: "Le parole del segretario Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c’è nulla di personale. Questione politica. Un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un’altra posizione". "Responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato - ha aggiunto Fassina - proporre uomini e donne sulla sua linea".
Insomma, sembra che a far scattare le dimissioni di Fassina siano state le parole pronunciate un’ora prima da Matteo Renzi in conferenza stampa. A un cronista che gli stava chiedendo: "So che è allergico al termine rimpasto, ma Fassina...". Renzi aveva replicato sorridendo ribattendo "Chi?".
Una reazione quella di Fassina che arriva in un clima di tensione anche per la questione del rimpasto.
Prima delle dimissioni, in un’intervista a repubblica, Fassina aveva parlato di una necessità di un rimpasto e di "un chiarimento nel rapporto fra il governo e il partito uscito dalle primarie", aggiungendo di essere "pronto a lasciare".
LA SEGRETERIA DI RENZI
ROMA - "Non stiamo mettendo in discussione il Governo". Semmai "lo mette in difficoltà chi non lo stimola". Ed è un Matteo Renzi che di stimoli, oggi, ne ’regala’ molti quando, al termine della segreteria Pd (riunita per la prima volta ’in trasferta’ a Firenze, con tanto di pranzo al sacco arrivato direttamente da Eataly ma che ciascuno ha pagato di tasca propria con 17 euro a testa), al vicepremier Angelino Alfano replica sulle unioni civili e sul tema delle coppie gay dopo lo stop impresso dal leader di Ncd: tu, gli dice, hai azzerato i fondi per la famiglia. Uno scontro tra i due maggiori partiti di maggioranza su cui si era già inserito il premier Enrico Letta in un ruolo inedito di ’mediatore’. Il braccio di ferro, però, non si placa. E Renzi torna all’attacco nel giorno in cui, peraltro, si è registrata l’apertura di Papa Francesco alle coppie gay: "Sulla famiglia - sottolinea il segretario - non mi faro certo scavalcare da Alfano né da Carlo Giovanardi. Se l’unico problema con Alfano è quello delle unioni civili, dopo la presentazione delle nostre proposte, fatemi dire che è andata di lusso. I governi da loro partecipati hanno azzerato il fondo per la famiglia. Allora, se la famiglia è una cosa seria, e io credo di sì, segnalo che bisogna essere coerenti. Trovo discutibile contestare un provvedimento sulle unioni civili non sulla base del fatto che uno non le condivida, ma mettendo contro la famiglia. Le coppie dello stesso sesso devono avere diritti degni di un Paese civile. Mi scappa da sorridere: sono stato accusato di essere il più prudente su questo tema nel partito ma ora nella rappresentazione iconografica del noto statista Giovanardi sono diventato il pericolo pubblico numero uno".
Renzi, la prima conferenza stampa in trasferta da segretario
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Quanto al modello da usare, il leader dem spiega: "Si parte dalle primarie, il Pd parte dalle proposte di legge che c’erano alle primarie sul tema delle unioni fra omosessuali. Nella civil partnership alla tedesca (prevista nel programma di Renzi, ndr) non sono previste le adozioni. Dire che c’è fuga in avanti è un tentativo di cambiare il tema della discussione. Chi pone il tema delle unioni civili sta cercando di usarlo come ’arma di distrazione di massa" e di non affrontare la risposta, fra una settimana, sulla legge elettorale. Noi non ci siano dimenticati che fra una settimana attendiamo una risposta sulla riforma elettorale"
SEGRETERIA A ’CASA’ DEL LEADER: LE FOTO / I VIDEO
E proprio sul superamento del Porcellum, Renzi insiste sulla necessità di fare in fretta: niente "ibridi" né "collage" fra le tre proposte avanzate qualche giorno fa. Ma di sicuro - ha sottolineato - dalla prossima settimana si dovrà iniziare a "tirare la rete" sulla nuova legge al fine di far partire l’iter parlamentare. "In tre giorni si sono fatti passi in avanti che non si erano fatti in tre anni - ha aggiunto -. La presa di posizione costringe tutti a dire la propria e mi pare che lo stiano facendo tutti i partiti. Aspetto che Forza Italia decida: è il secondo partito del Paese in termini di posizione politica". Renzi ha poi detto che sta aspettando "la disponibilità" di tutti i partiti per fissare gli incontri bilaterali, e ha poi scherzato ricordando che si terranno dopo il ponte della Befana, aggiungendo però che "c’è chi il ponte lo fa da 20 anni".
Ma il segretario (che, nel frattempo, sul rimpasto di governo glissa e che sul nome di Stefano Fassina tira dritto chiedendo "chi?") ne ha anche per il fondatore del Movimento 5 Stelle. A Beppe Grillo, che da settimane continua a dire che in parlamento siedono deputati e senatori abusivi, Renzi risponde: "Se vale il principio che in parlamento ci sono degli abusivi, i primi abusivi sono i suoi. Se sono così convinti che sono tutti abusivi, allora diano il buon esempio".
Plausi, invece, a Mario Draghi, presidente della Bce ed ex governatore di Bankitalia, perché secondo Renzi "per il calo dello spread (sotto quota 200, ndr) bisogna ringraziare non solo i governi passati, ma un italiano che ha lavorato nell’interesse dell’Europa: Draghi. E’ suo il merito fondamentale".
Intanto, mentre il sindaco rottamatore annuncia pure che d’ora in avanti le spese del Pd saranno tutte on line e che le prossime segreterie di partito saranno itineranti (nei luoghi in cui si voterà per le amministrative, promette), a Roma è un sabato di lavoro per il premier Letta che tra le mura di palazzo Chigi ha affrontato i temi urgenti di queste settimane. Il presidente del Consiglio oggi ha trascorso la giornata impegnato nell’approfondimento di tutti i principali temi dell’agenda politica. A quanto riferito, Letta ha avuto contatti informali sia sul merito delle questioni sia sul metodo del confronto. E si sarebbe confermato ottimista: nelle prossime 2-3 settimane si troverà una buona intesa su tutto.
INTERVISTA DI FASSINA OGGI A REPUBBLICA
OMA
— «Penso che sia necessario un chiarimento, nella prossima riunione della direzione del Pd, il 16 gennaio. Un chiarimento nel rapporto fra il governo e il partito uscito dalle primarie».
Sta chiedendo il rimpasto, vice ministro Fassina?
«Secondo me è naturale, direi doveroso che la nuova segreteria guidata da Renzi, che ha vinto in modo forte il congresso, segni l’agenda di governo. E siccome le idee camminano sulle gambe di uomini e donne, il nuovo programma va di pari passo con una nuova squadra a Palazzo Chigi. Basta che lo si faccia in modo costruttivo».
Per esempio?
«Per esempio portando le proposte su legge elettorale e lavoro prima in direzione e poi fuori, e non viceversa. Se no passiamo dalle riunioni che con Bersani erano sedute di autocoscienza a quelle che diventano un rito autocelebrativo».
Però ormai è andata, Renzi le sue proposte le ha già avanzate.
«Non ancora, ha annunciato solo i titoli. Aspettiamo di conoscerle nel dettaglio».
Pronto a lasciare la poltrona di numero due dell’Economia?
«Prontissimo a mettere il mio mandato nelle mani di Letta e del segretario del Pd. C’è una valutazione politica che lo impone. La squadra nel governo Letta è la fotografia di un Pd archiviato dal congresso, è l’espressione di un’altra fase. Ora, il partito nato dalle primarie è un’altra cosa, c’è un altro leader che legittimamente punta ad una discontinuità con quel gruppo di ministri e con quel programma».
Quanti della vecchia guardia bersaniana fuori e quanti renziani dentro?
«Lo decide il presidente del Consiglio ».
Non sarà che pesano i siluri di Renzi alla gestione del suo ministero, dalla legge di stabilità al salva- Roma?
«Ci sono state molte caricature nel rappresentare l’azione di governo, enfatizzando aspetti marginali e ignorando invece molti buoni provvedimenti: dalla piattaforma per le piccole imprese al blocco degli aumenti previdenziali per le partite Iva, alle risorse per 23 mila esodati. Da un partito che esprime il presidente del Consiglio, qualche riconoscimento in questo senso me lo sarei aspettato, e meno critiche distruttive».
Invece?
«Invece pure autorevoli ministri, anziché rivendicare queste buone misure, si arrampicano sugli specchi, minimizzano, fanno finta di raccogliere stimoli positivi da quelle che in realtà sono soltanto bordate polemiche. Ecco perché serve un chiarimento».
Il segretario del Pd ha messo in campo tre opzioni per la riforma elettorale.
«Intanto, è positivo che finalmente sia partita l’iniziativa. Tanto, troppo tempo si è già perso. È materia che riguarda la maggioranza parlamentare, poi allarghiamo il tiro a tutte le altre forze: Grillo, Berlusconi, ma anche Sel e la Lega».
La sua preferenza di modello?
«Partiamo da quello su cui il Pd ha registrato il maggior consenso: il doppio turno. Attorno a questo snodo poi gli aggiustamenti si possono trovare. Certo, a patto di non ricorrere a forzature eccessive nella distorsione della rappresentanza. Insomma, di non rischiare di cadere nel Porcellum a causa dei premi
di maggioranza».
Renzi ha lanciato anche il job act.
«Aspetto di vedere che c’è dentro esattamente, ma anche qui penso
che bisogna partire da quel che è lo spirito condiviso all’interno del Pd. Il lavoro si crea attraverso il sostegno alla domanda. Vuol dire che l’attenzione solo alle regole, alle
formule, ai modelli rischia di provocare il contrario. Spero perciò che il job act guardi piuttosto alla macroeconomia. È arrivato il momento di redistribuire il tempo di
lavoro».
Ovvero?
«È il nodo affrontato lucidamente nel suo libro
La risacca
da un uomo molto saggio su questi argomenti, Pierre Carniti: part-time, pensionamento flessibile, riduzione dell’orario, il tempo di lavoro oggi va appunto redistribuito. Ma per farlo bisogna avere la forza di cambiare rotta all’eurozona».
Può bastare rompere il vincolo del 3 per cento, come chiede Renzi?
«Non è questione di percentuale. L’Europa sembra il Titanic, lanciata con mercantilismo teutonico a sbattere contro l’iceberg. Dobbiamo girare la barra proprio dall’altra parte per scongiurare il peggio».