varie, 4 gennaio 2014
IL PROBLEMA DELL’ABUSO SESSUALE DELLE RELIGIOSE AFRICANE - IL MANIFESTO 4/1/2014
Suor Maria Marie McDonald
Pubblichiamo uno dei primi documenti che denunciò la «tratta delle novizie» — rilanciata ora da papa Francesco — e i casi di molestie e abusi sessuali subiti da suore da parte di preti e religiosi. Si tratta di una voce autorevole: il rapporto che suor Maria Marie McDonald, superiora generale delle Missionarie di Nostra Signora d’Africa, nel novembre 1998 inviò ad un gruppo di delegati dell’Unione dei superiori generali (congregazioni maschili), dell’Unione internazionale delle superiore generali (congregazioni femminili) e della Congregazione vaticana per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica che si stavano occupando della questione. Rimasto riservato per molto tempo, nel marzo 2001 venne reso noto, insieme a molti altri documenti riservati, negli Usa dal settimanale National Catholic Reporter e in Italia dall’agenzia di informazioni Adista, che l’ha messo a disposizione del manifesto.
Questo intervento si riferisce principalmente all’Africa e a suore, preti e vescovi africani. Ciò non si deve al fatto che il problema sia esclusivamente africano, ma al fatto che il gruppo che si è incontrato per preparare i temi dell’incontro di oggi faceva riferimento principalmente alla propria esperienza in Africa e ad informazioni avute da membri delle loro congregazioni o di altre congregazioni soprattutto in Africa. Ma sappiamo che il problema esiste anche altrove.
Questo intervento tocca solamente un aspetto, seppur doloroso, della Chiesa africana. Siamo ben consci e grati dell’immenso bene che è stato compiuto ed è tuttora compiuto dal clero e dai religiosi, che conducono una vita integra ed evangelicamente fruttuosa (…). È precisamente a causa del nostro amore per la Chiesa e per l’Africa che ci sentiamo tanto afflitti dal problema che vi presentiamo. Potrebbero essere raccontate molte storie inquietanti. Tuttavia, siccome tutti qui sanno che questo problema esiste e che, nonostante moltissimi tentativi di migliorare la situazione, sembra che questa stia invece peggiorando, esporrò il problema in forma molto breve e concisa. Poi cercherò di spiegare quali sono le cause principali.
Il problema: 1. Viene comunemente asserita l’esistenza di molestie sessuali e persino di stupri da parte di preti e vescovi nei confronti di suore. Talvolta quando una suora viene messa incinta, il prete insiste perché abortisca. Di solito la suora viene allontanata dalla sua congregazione mentre il prete, spesso, viene solamente trasferito ad un’altra parrocchia o inviato a studiare.
2. Molte suore diventano economicamente dipendenti da preti che talora chiedono in cambio prestazioni sessuali.
3. I preti talvolta sfruttano il ruolo di direttori spirituali e di ministri del sacramento della Riconciliazione per chiedere prestazioni sessuali. Alcune cause di queste molestie Celibato e castità in molti Paesi non costituiscono un valore. In alcuni Paesi per una giovane donna istruita il matrimonio potrebbe non rappresentare una scelta possibile, perché «il prezzo della sposa» è troppo alto. La vita religiosa potrebbe offrire una scelta alternativa: ma in tal caso è realmente una scelta di vita casta e celibe?
La posizione inferiore delle donne nella società e nella Chiesa è un altro fattore da prendere in considerazione. Sembra che una suora trovi impossibile opporsi ad un prete che chiede prestazioni sessuali. Ella è stata educata a considerare se stessa inferiore, a essere servizievole e a obbedire, persino al suo fratello minore. È comprensibile allora che una suora trovi impossibile negarsi ad un ecclesiastico. Questi uomini sono visti come «figure di autorità» cui bisogna ubbidire. Inoltre di solito essi sono maggiormente istruiti (…), potrebbero usare false argomentazioni teologiche per giustificare le loro richieste ed il loro comportamento. Le suore si impressionano facilmente con questi argomenti. Uno di questi suona come segue: «Siamo entrambi celibi consacrati. Ciò significa che abbiamo promesso di non sposarci. Tuttavia possiamo avere fra noi rapporti sessuali senza rompere i nostri voti». Inoltre la malattia pandemica dell’aids ha comportato che le suore sono ora più di prima ricercate dai preti perché si pensa che siano «sicure».
Reclutamento di aspiranti da parte di congregazioni che non hanno una sufficiente presenza in un determinato Paese e che non hanno abbastanza conoscenza di una determinata cultura. Talvolta i preti contribuiscono a questa azione di reclutamento. Le suore studentesse che vengono mandate all’estero a studiare (Roma, Europa, Usa), spesso hanno problemi particolari. Uno di questi è quello di trovare un alloggio adeguato. Mentre a seminaristi e preti vengono offerti residence, molto meno viene fatto per le suore. Le suore inviate a studiare fuori dai loro Paesi sono spesso troppo giovani e immature. Mancano di guida, di sostegno e in molti casi di una solida formazione religiosa. Molte suore mancano anche dell’educazione di base necessaria per intraprendere ulteriori studi o, talvolta, hanno una conoscenza insufficiente della lingua nella quale devono studiare. Queste suore frequentemente si rivolgono a seminaristi e preti per un aiuto nello scrivere tesine. Le prestazioni sessuali sono, alcune volte, il pagamento che debbono offrire per un tale aiuto.
Un altro fattore è la «cospirazione del silenzio» che avvolge questo argomento. Solo se siamo in grado di affrontarlo insieme onestamente saremo in grado di trovare delle soluzioni.
A marzo ho tenuto una relazione ai vescovi delle Conferenze episcopali d’Africa e del Madagascar sui problemi che si pongono alle congregazioni religiose. La violenza sessuale nei confronti delle suore era uno dei principali. Siccome la maggior parte di quello che presentavo era basato su relazioni provenienti da congregazioni diocesane e dalle Conferenze delle superiori maggiori in Africa, ero convinta dell’autenticità di ciò che stavo dicendo. Ma i vescovi sentirono come sleale da parte delle suore l’aver inviato queste relazioni fuori dalla loro diocesi e dissero che le suore avrebbero dovuto rivolgersi al loro vescovo diocesano per questi problemi. Questo sarebbe stato e sarebbe l’ideale. Tuttavia le suore sostengono di averlo tentato più e più volte. Talvolta non sono state ben accolte. In alcuni casi sono state accusate per ciò che era successo. Anche quando vengano ascoltate con grande comprensione, non sembra che venga fatto alcunché. Sembra che sia arrivato il momento di un’azione concertata. Pensiamo che questo possa essere fatto al meglio aiutandosi reciprocamente a sviluppare delle politiche mirate ad affrontare i problemi prima e dopo il loro insorgere.
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«SUORE STRANIERE ATTIRATE CON UN PASTO CALDO» - QN 4/3/2014 - DI NINA FABRIZIO -
«MA LA GENTE vede quante suore straniere ci sono per le strade e non si chiede perché? Una volta l’Africa e l’Asia erano terre di missione. Ora si va lì per reclutare giovani vocazioni attirate con la promessa di un pasto caldo, di un tenore di vita minimo che nei loro Paesi non può essere garantito. È un fenomeno molto triste e per di più diffuso». Padre Giovanni La Manna (nella foto), gesuita, presidente del centro Astalli per i Rifugiati di Roma, vera ancora di salvataggio per migliaia di migranti della città, conosce bene la realtà della «tratta delle novizie», denunciata dal Papa. «Quante di loro — spiega — me le ritrovo poi proprio al nostro centro. Le congregazioni le portano in Italia per la formazione. Poi quando viene fuori che le loro vocazioni scricchiolano, le mettono in strada senza tanti complimenti privandole persino del permesso di soggiorno. Così entrano pure in una situazione di irregolarità».
Padre La Manna, ci traccia un identikit delle novizie oggetto di questa ‘tratta’?
«Si tratta di giovani tra i 20 e i 30 anni. Il fenomeno riguarda aree un tempo di missione come l’Africa, l’Asia e le Filippine. Un boom si è avuto anche dopo l’89 nei Paesi dell’Est come Romania o Albania. Per molte di queste novizie entrare in una congregazione significa aver risolto la vita, un piatto caldo e garanzie minime che nei loro Paesi non vengono assicurate. Sono fenomeni tristi, si entra nelle congregazioni all’estero ma poi si viene in Italia per la formazione e per sopperire al calo di religiosi locali e si scopre tutto un altro mondo con standard di vita ben diversi. A quel punto tante, troppe vocazioni si sciolgono come neve al sole».
Per il Papa la strada della «campagna acquisti» all’estero è sbagliata?
«In Europa abbiamo il problema della crisi di vocazioni, dovremmo chiederci perché non siamo più attraenti. La soluzione non è andare a reclutare religiosi altrove. Se una congregazione diminuisce di numero e ci si rende conto che va incontro alla morte scattano dei meccanismi di paura che inducono a divenire aggressivi. Ma la strada della sopravvivenza è quella delle testimonianze autentiche, non dell’aggressività. Ci si lamenta che i novizi sono tutti stranieri, ma se si vuole un cambiamento si deve dare un segnale forte. Ora c’è questa moda anche per gli ordini religiosi di diventare attraenti tramite internet e i social network per invogliare i giovani. Mi sembra che stiamo esagerando».
Come se ne esce?
«Bisogna fare un cammino di verifica della vocazione, noi gesuiti lo facciamo nei primi dieci anni. È fondamentale che questo avvenga all’inizio e nel contesto dove è nata la vocazione».
Che fine fanno le novizie oggetto di ‘tratta’?
«Voglio fare una denuncia: quando le congregazioni portano una suora ad esempio africana in Italia e poi si scopre che non ha una vocazione reale, spesso la mette fuori, in strada. Quante rimangono senza permesso di soggiorno o senza il visto e vengono proprio al Centro Astalli nel tentativo di uscire dall’irregolarità e rimanere qui a studiare. È molto triste».
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SEMPRE MENO SUORE: 7 NOVIZIE SU 10 SONO STRANIERE - BLITZQUOTIDIANO 12/6/2013 -
Le suore italiane saranno sempre più una minoranza, delle nuove arrivate già oggi 7 su 10 sono straniere. Le statistiche confermano il calo delle vocazioni nazionali e la preoccupazione per un cambio radicale nella composizione del clero femminile. Le novizie giungono ai conventi, alle congregazioni, ai monasteri, con voli aerei provenienti dalle Filippine, dall’Asia in generale, dall’America Latina. I 550 istituti religiosi che servono 15 mila comunità sparse sul territorio nazionale contano 70 mila suore in servizio.
I dati sono un po’ ottimistici, dichiara Madre Viviana Ballarin, responsabile dell’Usmi. Sulla vocazione non si ragiona in termini freddamente numerici, lo Spirito Santo chiama “dove, come e quando vuole”. Nella situazione attuale, evidentemente, predilige chiamate fuori dei confini nazionali. Su 967 novizie, solo 228 sono nate in Italia. Si sta producendo un viaggio al contrario, con le suore, originarie delle terre di missione, che vengono in Italia. Le statistiche raccontano un calo delle vocazioni in Italia strutturale, un trend che segue la secolarizzazione contestuale della società. Il calo delle vocazioni, addebitabile in gran parte a quello italiano, restringe il numero di suore nel paese.
Per dire, nel 1988 le suore presenti in Italia erano circa 120 mila: nel 2001 quasi 82 mila, nel 2012, appunto, 70 mila. Una fotografia plastica del cambiamento intervenuto, più che dalla statistica, è offerto dai volti delle suore impegnate nei servizi di assistenza, negli ospedali, nei ricoveri, ovunque ci sia bisogno del loro aiuto. La “manodopera” è quasi tutta straniera. E spesso può essere rilevato un problema di affidabilità. Non sempre queste suore accettano i lavori più ingrati per magri stipendi. Vocazione o non vocazione, libero esercizio della propria fede o normale scelta di opportunità esistenziale, succede che qualcuna rifiuti, per esempio, “di fare le colf a due anziani sacerdoti a 800 euro al mese, da dividere in tre”, ricorda Anais Ginori su Repubblica. Con la complicazione che chi rinuncia diventa clandestina.
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CON LA CRISI DI VOCAZIONI LA SUORE RECLUTA SUL BLOG - LA REPUBBLICA 21/7/2010 - DI ALESSANDRA PAOLINI -
A volerlo spiegare un po’ laicamente, sorella Elvira de Witt è una specie di "osservatore di serie A". Ma non dà la caccia nei campetti di pallone alla nuova "Mano di Dio" ovvero i Maradona del futuro: piuttosto "scova" le anime che hanno avuto la chiamata divina. Da giovane suor Elvira faceva la cantante lirica. Niente a che vedere con la Callas, sia chiaro, e non solo perché era nativa di Amsterdam.
Ma a lei, la statura e il timbro della voce suggeriscono ancora complesse parti di contralto. Perché è a questa donna energica e dal sorriso contagioso, e non solo a lei, che l’ateneo Pontificio Apostolorum, sulla via Aurelia a Roma, si affida per portare a casa un risultato in qualche modo miracoloso: arginare l’emorragia di vocazioni che in pochi anni rischia di vuotare conventi ed abbazie.
Così, oggi l’ex cantante lirica sale in cattedra nell’aula magna dell’Ateneo Pontificio, Istituto superiore di Scienze religiose, per raccontare la sua esperienza fatta di ore e ore davanti al computer. Tra chat e possibili novizie. "Ha un blog tutto suo e tante ragazze che gli scrivono. Grazie a suor Elvira ci sono almeno un paio di entrate in convento ogni anno", dice German Sanchez, direttore dell’Istituto, laico consacrato e appartenente all’ordine Regnum Christi.
L’ateneo sull’Aurelia è retto anche dalla congregazione dei Legionari di Cristo, di recente commissariata da Benedetto XVI perché travolta dagli scandali di natura sessuale e finanziaria del suo capo fondatore, padre Marcial Maciel Degollado. Congregazione, che titoli sui giornali a parte, resta una delle più ricche e potenti. "Gli stessi conventi - spiega Sanchez - si sono rivolti al nostro istituto per organizzare il seminario. Spiazzati e spaventati dalla penuria delle nuove entrate". Negli ultimi 15 anni pochissime sono state le ragazze italiane che hanno scelto di dedicarsi completamente a Dio. Secondo l’annuario dell’Usmi, Unione superiori maggiori di Italia, nel nostro Paese ci sono 90 mila suore, di queste 7 mila sono quelle di clausura. "Una comunità femminile che sta sempre più invecchiando", dice Fabrizio Mastrofini che ha scritto un libro dal titolo emblematico "Per Sempre? Come sono cambiati i frati e le suore in Italia", raccontando le difficoltà e i limiti di chi sceglie la vita monacale.
Ma, per il direttore Sanchez, il segreto dell’approccio con una possibile sorella sta nel carisma. "Una suora deve avere una forte identità dal punto di vista religioso e psicologico - dice -. Deve essere fiera del proprio ordine, senza darne una visione opaca o troppo leggera. E deve saper conoscere la ragazza d’oggi con tutte le sue ricchezze e contraddizioni. Solo così potrà avvicinare le donne e capire se in quegli occhi c’è una vocazione".
Parla di "mondo liquido" Tonino Cantelmi, docente di Psicologia della vita consacrata. "Nella nostra società le giovani, molto spesso, non hanno alcun punto di riferimento familiare". Fragili, con una adolescenza più lunga rispetto alle altre generazioni, "le ragazze hanno bisogno di essere seguite e di avere una chiara identità", sottolinea Cantelmi che ha anche scritto il libro "La vita consacrata come risposta ai problemi del nostro tempo". Un volume che, quando il professore al corso termina l’oratoria, in tante decidono di comprare. In attesa delle prossime lezioni. Come quella in programma oggi pomeriggio che affronta il problema dei problemi: "Perché le giovani si allontanano da noi religiose?".
Ma a raccontare quale possa essere il cammino per trovare la vocazione, ci pensa anche un rappresentante di prodotti per bellezza. "Domani Andrea, un bel giovanotto e autista, volontario di ambulanze - spiega Sanchez - terrà il corso "Promotori vocazionali tra cosmetici e pub"". Spiegherà alla platea come, grazie al suo lavoro sempre a contatto con le donne, negli anni abbia fatto incontrare molte clienti con le suore. E di come alcune ragazze si siano lasciate condurre lungo il cammino della vocazione. Altro capitolo importante: come dire a mamme, papà o partner che si lascia tutto per andare in convento. "È un passaggio delicato, per questo l’animatrice deve essere anche una brava psicologa - dice Sanchez - capace di far accettare alla famiglia della novizia una decisione troppo spesso accolta con dubbi e sgomento".
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NOVIZIE AFRICANE A RISCHIO PROTISTUZIONE - CORRIERE DELLA SERA 14 OTTTOBRE 2005
CITTÀ DEL VATICANO - Molte novizie africane che arrivano in Europa e in America per intraprendere la vita religiosa, spesso non si adattano al nuovo ambiente, vengono espulse dalle istituzioni religiose a cui fanno riferimento e «cadono vittima delle persone e delle situazioni», diventando «corpo spezzato di Cristo». Lo ha denunciato il vescovo nigeriano Felix Alaba Adeosin Job al sinodo dei vescovi in corso in Vaticano.
«ATTENZIONE ALLE IMMIGRATE RELIGIOSE» - Il vescovo di Ibadan ha chiesto ai confratelli di occuparsi della «cura pastorale degli immigrati» e di «non trattare i fedeli immigrati come ospiti della Chiesa». Anzi, «la loro liturgia viva - ha suggerito - deve essere usata per ringiovanire la Chiesa locale». In particolare ha indicato il problema delle «immigranti religiose» la cui situazione «è più complessa e merita una maggiore attenzione». «La diminuzione del numero di religiosi nell’antica Chiesa e il desiderio di sopravvivenza e di continuità», ha detto Adeosin Job, «hanno portato a reclutare in modo indiscriminato le giovani donne nei territori di missione. Queste giovani vengono sradicate dalla loro cultura e della loro tradizione e trapiantate in Europa e in America, dove spesso sono sopraffatte dal clima, dalla cultura e dalle usanze e vengono espulse dalle istituzioni. Inevitabilmente molte di loro cadono vittima delle persone e delle situazioni; la loro situazione come corpo spezzato di Cristo deve essere guardata con compassione e amore».
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