Riccardo Ruggeri, Milano Finanza 3/1/2014, 3 gennaio 2014
IL COLPO DA MAESTRO DI MR. SERGIO
Stavo scrivendo un pezzo su Fiat-Chrysler e arriva la notizia, a Capodanno (!), dell’accordo Chrysler-Veba. Per trasparenza verso i lettori, riporto quanto avevo scritto poche ore prima (in corsivo), quindi le successive reazioni.
Avete notato? Da qualche mese si parla poco di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne raramente si palevsa.
Mi chiedo: tecnica negoziale od oggettiva difficoltà? Una curiosità: mentre il rapporto della stampa italiana con Marchionne è improntato all’affetto (lo vedono come un affidabile orso marsicano), di contro i media specialistici americani, Wsj e Automotive News, via via sono diventati acidi verso di lui. Chissà perché. Da osservatore indipendente (seppur sempre innamorato della mia Fiat Auto, entrata in coma vigile fin dagli anni 90, e tale rimasta) mi sono posto una serie di domande, senza trovare risposte convincenti.
1) Sergio Marchionne fra cinque mesi compirà dieci anni di permanenza al vertice di Fiat, un periodo perfetto per assegnare meriti e demeriti.
Sono stati dieci lunghi anni di dominio assoluto, divisi in due periodi: il primo, maggio 2004-marzo 2009, in cui Fiat fu sola; il secondo, aprile 2009-inizio 2014, in cui ci fu Chrysler. Quando Marchionne arrivò nel maggio del 2004 il titolo valeva 5,74 euro, subito rivelò straordinarie capacità negoziali con GM e le banche coinvolte nel convertendo, e portò a casa l’intera posta. In verità, noi analisti dimenticammo di sottolineare che parte del successo doveva essere ascritto a Paolo Fresco, per come aveva concepito quei contratti (era un mago, riconosciuto a livello internazionale). Nel febbraio del 2009 il primo ciclo quinquennale si concluse per Marchionne con una mazzata: il titolo Fiat scese a 3,54 rispetto ai 5,74 del suo arrivo, e il bond venne declassato a spazzatura (lo è tuttora): cinque anni buttati. Ma due mesi dopo il capo della Fiat ricevette dalle mani di Obama la Chrysler, una bambina molto malata, rifiutata da tutti i costruttori mondiali, quindi dotata di un sontuoso corredino. Lui l’ha allevata con perizia, e oggi è una giovane donna, all’apparenza robusta. Nel frattempo, ha scorporato Iveco e Cnh, creando valore, mentre Fiat Auto è giunta a possedere il 58,5% di Chrysler, e in borsa vale circa 7,4 miliardi alla chiusura del 30 dicembre. La prima domanda è: quanto vale la parte Europa e Brasile del titolo Fiat Auto? A quali criticità, questa, sta andando incontro? Assorbe o no cassa? Ha ancora significato parlare di 6 milioni di auto all’anno (e poi quali auto)?
2) Il contratto Chrysler prevedeva che Fiat Auto acquistasse, a condizioni predeterminate, il 41,5% di Chrysler in carico al fondo sindacale Veba. Gli esperti sostengono che Veba abbia un disperato bisogno di quei quattrini per coprire perdite pregresse, che Fiat Auto abbia un impellente bisogno dell’intera quota per potersi impossessare della cassa Chrysler. Eppure nulla avviene. Persino il giudice chiamato a sciogliere il nodo del prezzo, per oltre un anno ha fatto melina e la fa tuttora. Perché? I primari advisor chiamati a valutare Chrysler hanno indicato una forchetta fra 10-16 miliardi di dollari. Anche prendendo 10, quindi valutando il pacchetto Veba 4,25 miliardi, perché Marchionne non pare accettare tale prezzo, minimo di mercato? Si stanno affastellando una serie di perché, incomprensibili a noi laici.
3) Un’altra domanda: a questo punto, non sarebbe più corretto parlare di Chrysler-Maserati anziché di Fiat-Chrysler? Dopo la scomparsa del marchio Lancia, per mancanza di modelli, esisterà ancora, a termine, il marchio Fiat? La 500 si è creata una sua nicchia di lusso minimale, viene prodotta fuori dell’Italia, vive di vita propria. Gli altri modelli ispirati alla filosofia vecchia Fiat (grandi volumi di auto povere per mercati e segmenti di popolazione poveri) sono ormai assenti. Ha ancora un significato oggi il marchio Fiat? Che cosa produrranno i suoi stabilimenti italiani? Da dieci anni ci chiediamo che sarà del marchio Alfa Romeo; dopo svariati piani industriali, uno all’anno, la risposta è sempre la stessa: in primavera si saprà. E ora c’è il rilancio del marchio Maserati. Ma cosa si intende per Maserati? Porsche o Audi? Sono cose diverse, per posizionamento, clienti, volumi, fatturati. Momento curioso per Fiat, anche perché, Veba o non Veba, nulla sappiamo dei prodotti e dei marchi, nulla del Brasile, di come colà Fiat potrà difendere la propria leadership di quota, quando i grandi investimenti che sta facendo VW diventeranno operativi. Senza informazioni, impossibile fare analisi. Anche l’acquisto della quota Veba risponde agli shareholder, solo in parte ai problemi degli stakeholder.
4) Il 2014 sarà l’anno ove tutte queste domande troveranno una risposta, ho provato a fare varie simulazioni, ma le variabili sono troppe, per cui ho desistito. In quel magico 2009, dopo tre fallimenti in 50 anni di Chrysler, Obama pensò che assegnandola a Fiat avrebbe risolto per sempre i suoi problemi. In quei giorni il governo italiano e noi cittadini (persino Rifondazione Comunista) ci innamorammo di Marchionne, tutti gonfiammo il petto per la prossima conquista dell’America, per i nostri motori verdi grazie al MultiAir. Noi liberali poi, ci eccitammo di fronte all’approccio di Marchionne verso la Fiom, l’uscita da Confindustria la vivemmo come un definitivo cambio di paradigma, credemmo al sontuoso progetto da 20 miliardi detto Fabbrica Italia. Su come andò a finire, meglio stendere un velo.
Questo era il mio pensiero fino a ieri, questi i miei dubbi. Da poche ore sappiamo che, con un colpo da maestro, mentre noi brindavamo (chissà poi a che cosa) Sergio Marchionne lavorava e acquisiva il 41,5%, pagandolo una cifra modesta, con modalità para-umilianti per il venditore. Perché? Era errata la valutazione degli advisor di 10-16 miliardi? Quelli di Veba sono alla canna del gas? Oppure non credono al futuro di Chrysler e pensano che sia meglio monetizzare? Non lo sapremo mai, comunque sia l’obiettivo prioritario di impossessarsi della cassa di Chrysler è riuscito. Almeno a una delle domande di cui sopra oggi abbiamo una risposta: sappiamo quanto vale Chrysler e per differenza la borsa ci dirà quando vale Fiat Auto. Aspettiamo solo alcuni mesi, quando l’euforia odierna scemerà. Riconosciamo fin d’ora agli Agnelli il sacrificio fatto: come Exor hanno venduto un gioiello come Sgs per pagare il cash a Veba, come Fiat hanno girato a Veba il dividendo straordinario di loro spettanza. Chapeau!
Noi (risibili) shareholder siamo felici, e ringraziamo Marchionne: in questi giorni di euforia, se vogliamo, possiamo passare alla cassa e monetizzare. Nei prossimi mesi capiremo come andrà ai nostri amici stakeholder. Ma è un altro film, ben più complesso. Questo è il momento di festeggiare. Ai debiti, agli investimenti per i nuovi modelli (i modelli tedeschi ereditati stanno invecchiando), agli stabilimenti italiani, alle valutazioni di Moody’s post acquisizione, ci penseranno da domani gli shareholder rimasti e gli stakeholder costretti.