Paolo Siepi, ItaliaOggi 3/1/2014, 3 gennaio 2014
PERISCOPIO
Se invece di lasciarne il compito a quelli di destra, molti giornalisti, cosiddetti indipendenti, ma servili per vocazione, giudicassero la politica, mettendosi dalla parte del cittadino, il Paese sarebbe migliore e avrebbe ancora senso leggere un giornale o ascoltare un Tg. Piero Ostellino. Corriere della Sera.
Nel 2009 D’Alema andò a Firenze per sostenere la candidatura di Renzi a sindaco. Accolto dal candidato con un «Massimo, tu sei un punto di riferimento», l’ospite replicò che Matteo era, rispetto agli avversari, «il ciclista che distacca il gruppo di un’ora» con la sola incognita, aggiunse quasi untuoso, «di sapere se batterà il record della pista». Mesi fa D’Alema andò ancora a Firenze per sentire se Matteo si sarebbe candidato alla segreteria, pronto ad accordarsi con lui. Lo scaltro giovanotto restò nel vago e promisero di risentirsi. Poi, Renzi, per non impegnarsi, si candidò senza avvertire D’Alema che se la legò al dito. Da allora, gli dà del fichettone e ora è preoccupato di ciò che può accadere. Giancarlo Perna. Il Giornale.
Capita alle migliori repubbliche di morire. È capitato alla quarta Repubblica francese. Ma solo alle peggiori capita di morire senza lasciare eredi. In questo momento in Italia tutti odiamo qualcuno. Odiano anzitutto i politici, ma anche i giornalisti che non sono meglio dei politici; e poi gli intellettuali che non sono meglio dei giornalisti; infine i prelati che non sono meglio degli intellettuali. E li odiamo perché stiamo soffocando sotto il cadavere di una repubblica che nessuno vuol seppellire. Saverio Vertone, L’ultimo manicomio-Elogio della Repubblica italiana. Rizzoli. 1991.
Al suono della campana, nella nobile arte della boxe, chi assiste un pugile è invitato dall’arbitro a farsi da parte. «Fuori i secondi!» è più di un invito rituale al combattimento: porta con sé l’idea del momento decisivo, del confronto diretto, magari preparato nei minimi dettagli e per il quale è giunta l’ora della verità. I secondi escono dal ring e si rimane in due, una circostanza che può spaventare, ma è anche l’occasione giusta per mettere in campo ciò che si sa e scoprire di che pasta si è fatti. L’opposto di ciò che sta succedendo nella politica italiana. Dario Fertilio, Fuori i secondi!. Bibliotecha Albatros.
Sono convinto che l’uninominale, ancor più se a doppio turno, sia il meccanismo elettorale che meglio può assicurare rappresentatività e stabilità. E non capisco perché il Pd, a parole dica di preferirlo, ma subito aggiunga che non si può fare. O meglio: capisco e non mi piace. Franco Debenedetti. Tempi.
Vedo i banchieri che governano in silenzio. I tecnici che amministrano. E i politici che vanno contenti in televisione. Alfredo Reichlin, Pd, il venerdì.
I grillini non sono una squadra; ma un gruppo di avventurieri senza bussola. Si stanno perdendo. Grillo non è un colpevole; ma un illuso. E i suoi adepti se ne stanno rendendo conto. Grillo era convinto che la democrazia rappresentativa fosse morta e sostituibile con quella digitale. Un errore. Una società complessa quale la nostra ha bisogno di mediazioni. Necessita di una sintesi e di equilibri non precari. Vittorio Feltri. Il Giornale.
Chiunque sia stato una volta nella vita a Cosenza e a Varese (o in qualsiasi altra coppia di città distanti almeno 300 km tra loro) sa benissimo che l’Italia non esiste. Pretendere di esistere è il peccato originale delle nostre classi dirigenti, e la radice primaria di tutti i mali del nostro paese. Fabrizio Rondolino, L’Italia non esiste. Mondadori.
La ricerca della felicità da parte degli americani, il cui diritto è sancito dalla Costituzione a stelle e strisce, provocò tragedie, epopee, migrazioni, oggetti di consumo che hanno dato un’impronta al mondo, più ancora della religione, delle ideologie e del sistema economico e politico che i suoi abitanti si sono scelti. Enrico Deaglio, La felicità in America. Feltrinelli.
Con la mondializzazione abbiamo, di fatto, creato l’uomo deterritorializzato, definito dal diritto e locutore di una nuova lingua fatta di un miscuglio di parole americane mischiate in ciò che resta di un costume locale a pezzi. Tutta questa civiltà mondiale non è riuscita a produrre che un uomo da niente, senza memoria, né fede. Hervè Juvin, La grande sèparation. Gallimard.
Nel 2003, quando fu approvata la legge Biagi, la disoccupazione giovanile in Italia era del 25%; ora sfiora il 40. Il reddito medio e il potere d’acquisto medio dei ventenni italiani è crollato in dieci anni del 40%. I giovani flessibili sono insomma molto più poveri e disoccupati di quanto erano meno flessibili. Curzio Maltese. il venerdì.
L’anno scorso, nel 2012, il quadro di mio marito Roy Lichtenstein è stato battuto all’asta per quasi 45 milioni di dollari. E pensare che quando ci siamo innamorati, nel ’64, temevamo di non farcela a pagare un affitto di 120 dollari al mese nella Bowery, tra i cartoni dei senzatetto e i locali a conduzione familiare di Little Italy. Doroty Lichtenstein. il venerdì.
Nel 2000, il 75% delle informazioni immagazzinate nel mondo era ancora di tipo analogico: giornali, libri, stampe fotografiche ecc. mentre solo il 25% era digitale. Soltanto sette anni dopo, l’analogico era sceso al 7% e il digitale era diventato il 93%. Nel 2013 siamo arrivati quasi all’en plein con il 2% di analogico contro 98% di digitale. V. Mayer-Schonberger e K. Cukier, Big Data. Garzanti.
Si odiano, in genere, le professioni da cui si dipende: gli avvocati quando si va in tribunale, gli architetti quando si deve costruire una casa; i verdurieri quando si comprano le primizie. Ma il politico è un professionista sui generis. Si occupa specialisticamente di tutto e quindi è odiato da tutti. Saverio Vertone, L’ultimo manicomio - Elogio della repubblica italiana. Rizzoli.
Gli intellettuali impegnati vanno a sinistra con lo stesso passo intrepido e spedito con cui sotto il fascismo andavano a destra. Roberto Gervaso. Il Messaggero.