Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano 3/1/2014, 3 gennaio 2014
PSICODRAMMA MASTERPIECE IL TALENT CAPESTRO DELLA RAI
Un genere, forse non letterario, Masterpiece di Rai3 l’ha diffuso: la caduta libera, inesorabile, non lenta, molto veloce. Ascolti che corrono verso lo zero, rischiando i numeri negativi, con un passo preciso. S’è chiusa la prima fase, prima e dunque non definitiva: sei puntate domenicali in coda a Che tempo che fa, esordio col modesto 5 per cento di share, ultima con un simbolico 2%, che sfida le leggi di statistica e gli errori materiali. Ideato e plasmato per fare cultura con l’abito di un talent, o viceversa, dove gli aspiranti scrittori vengono sottoposti a prove bizzarre (un minuto in ascensore per convincere lo scrittore famoso) per conquistare una pubblicazione Rizzoli, Masterpiece doveva salvare, pulire e rifare l’anima da servizio pubblico. Troppo cose. Col motto: con la cultura non si mangia, però si fa televisione. Basta citare un po’ di autori, un po’ di russi classici, un po’ di americani strafighi, un pezzo di Tolstoj e un grammo di Kundera.
LA CASA di produzione Fremantle di Lorenzo Mieli (figlio di Paolo, presidente di Rcs Libri), fra le migliori d’Italia, non ha risparmiato su autori, riprese, quinte: l’ora e mezza di Masterpiece costa quasi 200 mila euro e domenica scorsa c’erano 398.000 telespettatori collegati su Rai3. Ora non vanno fatti i calcoli, sennò sembra che la cultura possa avere un prezzo e il prezzo possa essere corretto o eccessivo. E un pubblico tanto, tanto selezionato, si potrebbe osare dire ridotto, non preoccupa il direttore Andrea Via-nello che, via twitter, fra una fotografia in tuta da sci e un incoraggiamento al coraggio, esorta a guardare un “suo gioiello”. E neanche s’è spaventato il dg Luigi Gubitosi che, in una lunga lettera d’auguri ai dipendenti, ha esaltato “le capacità di innovazione e creatività di Masterpiece”. Senza esaminare con troppo zelo lo scontrino, a naso e occhi sconveniente, che rilascia la cultura di Rai3: un paio di somme, però, in viale Mazzini le consultano.
E non vanno bene. Perché Masterpiece, per contratto, deve tornare in onda a febbraio per le restanti sei puntate. Non solo: in prima serata. La spesa andrà oltre i 350 mila euro a venerdì. L’azienda aveva trattato con generosità culturale gli inserzionisti. Come a dire: vi facciamo lo sconto, un regalo. Per prudenza, Masterpiece era valutato il 6 per cento le domeniche e l’8 per i mitici venerdì. Ora che la media è stabile al 3,6, senza sottostare al vil denaro, in Rai discutono: come ne usciamo da questo massacro di ascolti? Gubitosi vuole difendere il prodotto (e Vianello), ma un pezzo d’azienda, dirigenti ben graduati, cercano dei cavilli per rivedere l’accordo con Lorenzo Mieli. Il programma non era destinato a un grande pubblico: s’era capito con l’eccessivo chiacchiericcio su twitter. C’era l’attesa, mica sviste. Rai3 mandava a ripetizioni promo per rapinare l’attenzione dei telespettatori: “È partito il primo talent letterario al mondo”, e qui s’apprezzava l’originalità. E la domanda si faceva spontanea: perché nessuno ci ha mai pensato?
E ANCORA: “I concorrenti ci mettono la faccia e le proprie storie”, d’altronde non esistono concorrenti che non ci mettono la faccia. “I giudici scandiscono la sfida a suon di verdetti”, i giudici, giudicano. E la miscela sportiva e retorica: “Nuovi scrittori in erba svelano le proprie carte”. E poi stacco sugli sguardi tenebrosi e severi di Giancarlo De Cataldo, Andrea De Carlo e Taiye Selasi. Allungato di minuto in minuto per raccattare ascolto verso mezzanotte oppure ristretto per sfruttare il traino di Che tempo che fa, Masterpiece non ha funzionato. E non ha funzionato l’esperimento televisivo su ragazze e ragazzi, giovani e meno giovani, che devono dimostrare un talento in pochi minuti, ovviamente ricevere insulti per creare l’elemento emozionale, e raccontare una trama mentre vanno in ascensore. Memorabile l’espressione di Antonio Pennacchi che ascolta la povera Raffaella e le caratteristiche di una protagonista “che va a fare la spesa o fa la lavatrice”. E anche la gita turistica ai mercati generali di Torino, sempre domenica scorsa, per sigillare il messaggio “la cultura non è elitaria”, non ha funzionato. Perché al pubblico non è piaciuto. Come non può piacere un libro. Però quelli di Masterpiece credono che se in televisione ci metti un libro, che sia letto o riposto, chi l’ha messo sia degno di applausi. Comunque.