Antonio Castro, Libero 3/1/2014, 3 gennaio 2014
IL LINGOTTO FA I BAGAGLI
Fiat regina della Borsa dopo l’accordo per acquistare il 100% di Chrysler senza bisogbno di aumenti di capitale. Il titolo è partito al galoppo chiudendo con un rialzo del 16,4% a 6,92 euro tra scambi record (6,4% del capitale). Molto bene Exor, cresciuta del 4,4% a 30,2 euro. Secondo molti analisti la corsa potrebbe essere solo all’inizio. Un obiettivo plausibile è posto a otto euro o nelle immediate vicinanze. Ne sono convinti Banca Akros ed Equita, ma anche Banca Ini e Mediobanca. Exane e Fitch invece nutrono meno entusiasmi. Mettono in luce la debolezza finanziaria del nuovo gruppo. In effetti il debito resta molto alto essendo arrivato a venti miliardi. Sull’altro fronte però c’è una disponibilità liquida che, dopo l’acquisizione di Chrysler arriverà a quindici miliardi.
Per chiudere la forbice servirà la fusione e la successiva quotazione del nuovo gruppo a Wall Street. Esattamente come accaduto tra Fiat Industrial e Cnh. L’auto percorrerà la medesima strada dei camion e dei trattori. Verrà costituita una società di diritto olandese. Non solo per sfruttare la legislazione fiscale ma anche la maggiore flessibilità in termini di governance. Ad Amasterdam, infatti, le azioni in mano ai soci storici valgono il doppio. Per la famiglia Agnelli un robusto scudo anti-scalata. La sede sociale sarà Detroit. D’altronde se non ci fosse stata Chrysler negli ultimi quattro anni la Fiat sarebbe crollata. Per come sono andate le cose è stata la casa americana a salvare quella italiana. Non viceversa. Lo spostamento del baricentro giuridico e fiscale susciterà un po’ di strepiti da parte di politici e sindacalisti. Nessuno mai che ricordi una semplice verità: se l’Italia è diventato un Paese poco ospitale per l’industria è colpa dell’eccesso di regole a cominciare da quelle sul fisco. Tanto più che Marchionne sposterà il baricentro in Olanda e negli Stati Uniti. Non certo Paesi poco rispettosi dei diritti dei lavoratori o tolleranti sotto l’aspetto fiscale). Comunque la vera sfida è quella industriale. Marchionne si è dimostrato un finanziere eccellente e un negoziatore degno della migliore diplomazia. Ora deve dimostrare anche di essere un grande fabbricante di auto. Ancora ieri a fronte di un mercato italiano che dopo tre anni ha dato segnali di ripresa c’è un calo del gruppo del Lingotto del 2,62%. È vero che una parte della contrazione è frutto delle nuove strategie di marketing. La Fiat non insegue più i concorrenti sui prezzi e ha smesso di sacrificare i margini agli obblighi del fatturato. Resta il fatto che le vendite languono. L’Italia resta di gran lunga il principale mercato e quindi i successi ottenuti nel resto d’Europa non sono nemmeno lontanamente sufficienti a recuperare le cadute della domanda nazionale. A questo si aggiunge la mancanza di modelli. Il solo investimento importante del recente passato riguarda il marchio Maserati con lo stabilimento di Grugliasco. Nel 2013 gli ordini sono stati trentamila. Un successo notevole rispetto alle settemila immatricolazioni dell’anno precedente. L’obiettivo è di arrivare a 50 mila nel 2015 con il nuovo Suv denominato Levante. Numeri importanti ma non è certo in condizione di strutturare la ripresa industriale.
Le possibilità di recupero sono affidate in gran parte all’Alfa. Ormai le vendite sono ridotte a poche decine di migliaia: la Giulietta, modello di punta del marchio vende in un anno quanto la Golf in un mese. Ancora una volta a dettare il destino saranno gli Stati Uniti.
I dettagli si conosceranno ad aprile con la presentazione del piano industriale. Tuttavia sembra di capire che la resurrezione del vecchio Biscione costerà nove miliardi. Soldi che arriveranno, in gran parte, dai proventi della quotazione del gruppo a Wall Street che potrebbe essere formalizzato entro l’anno. Tanto più che la documentazione è già pronta. Gli esperti di Fiat e di Chrysler ci stanno lavorando da diversi mesi. Si preparavano alla quotazione del gruppo di Detroit richiesto da Veba. Su queste basi non dovrebbe essere molto impegnativo aggiungere gli ultimi dettagli per arrivare rapidamente a Wall Street. Marchionne dovrà presentarsi all’appuntamento con una bella storia da raccontare. L’ultima azienda automobistica a quotarsi a Wall Street è stata Tesla e aveva fatto il pieno di capitale. Al mercato aveva raccontato la storia dell’auto elettrica veloce come una gran turismo. E Marchionne? A bene vedere non ha molto altro da narrare se non il futuro di Alfa Romeo e il destino globale di Jeep. Anche se piccolo come la nuova Jeepster che sarà prodotta a Melfi.